Benko licenzia migliaia di lavoratori in Germania. A Bolzano vuole anche abbattere platani secolari

Nel settembre 2018 veniva annunciato come il gruppo austriaco Signa, uno dei maggiori investitori immobiliari in Europa con un patrimonio di oltre 13 miliardi di dollari, avesse ottenuto l’acquisizione del 50,1% delle operazioni retail del gruppo canadese Hudson’s Bay Co. in territorio europeo, il cui business è legato principalmente alla catena di centri commerciali Galeria Kaufhof.

Karstadt, già controllata da Signa, e Kaufhof, vennero così unite in un colosso commerciale dal valore di circa 5,4 miliardi di dollari.

Oltre a ciò Signa, gruppo guidato da René Benko, prese possesso, con una transazione separata, del 50% delle proprietà immobiliari di Hudson’s Bay in Germania, valutate 3,25 miliardi di euro.

Già allora secondo la Süddeutsche Zeitung l’integrazione delle due catene avrebbe comportato la perdita di 5.000 posti di lavoro (dei 20.000 totali) per Kaufhof, e di molti altri fra le filiali Karstadt.

Dopo nemmeno due anni ecco arrivare l’annunciato piano di ristrutturazione dell’immobiliarista austriaco: 62 delle 172 filiali di Galeria Karstadt Kaufhof saranno chiuse, circa un terzo delle filiali. Oltre 5000 lavoratori rimarranno disoccupati, mentre Benko, che può contare su un patrimonio personale di circa 4,9 miliardi di euro, come al solito sarà abile nel privatizzare i profitti ma nel socializzare le perdite.

Nelle settimane scorse in Germania è stata lanciata una campagna di lotta contro il piano di licenziamenti voluto dalla società Signa e dal suo proprietario, Benko. #nichtaufunseremrücken.

Numerosi presidi e manifestazioni si sono svolte in tutta la Germania, in solidarietà ai lavoratori di Karstadt-Kaufhof, contro le speculazioni di Benko.

A Berlino

A Stoccarda

A Landau

A Bolzano, nel frattempo, proseguono i lavori di “riqualificazione” voluti, ad ogni costo, dalla borghesia cittadina e dai esponenti politici di ogni colore politico che vivono da anni su campagne allarmistiche intorno al parco della Stazione. La stessa società immobiliare Signa, dopo mesi di martellante propaganda “antidegrado” condotta da giornali locali, pagò a sue spese un inserto patinato dal titolo “Rilanciamo Bolzano” da allegare all’Alto Adige in cui veniva illustrato un futuro luminoso del centro storico privo di degrado (leggi: poveri) e senza episodi di piccolo spaccio e microcriminalità.

Ricordiamo inoltre come si arrivò all’approvazione del progetto Waltherpark di Benko: fu necessario di fatto, dopo la prima votazione contraria, sciogliere il consiglio comunale, rivotare e far passare il progetto per un referendum-farsa della durata di 5 giorni. Lo stesso braccio destro di Benko, Heinz Hager, non esitò a denunciare e intimidire chi tentò di fare controinformazione per smascherare le pesanti contraddizioni dei progetti urbanistici della Signa. Anche chi non voleva lasciare il proprio appartamento fu di fatto costretto a farlo, come ricorda la storia di Bruno Lorenzi e Gabriella Cecchelin.

Mentre il centro viene sventrato ed il parco della stazione devastato, la sete di profitto della Signa non si ferma nemmeno di fronte ad alcuni secolari platani, da decenni fonte di gratuito riparo per i passanti, che vuole abbattere per fare posto ad alcuni parcheggi. 

Striscioni e cartelli di protesta affissi lunedì 13 luglio al Parco della Stazione a Bolzano, contro l’abbattimento dei platani e contro il progetto Waltherpark.

In una città in cui gli affitti sono da anni a livelli inaccettabili, in cui per comprare una casa occorre indebitarsi a vita, il progetto Benko ed il processo decisionale che portò alla sua approvazione è la cartina tornasole che dimostra chi sia in realtà a prendere le decisioni e di chi siano gli interessi maggiormente tutelati: immobiliaristi miliardari che non esitano, in caso di necessità, a scaricare sulla collettività i costi delle proprie operazioni commerciali, mirate esclusivamente al profitto personale. Non è certo un caso se Benko, nel periodo del referendum, portò a proprio sostegno, personaggi come Oscar Farinetti, a sua volta accusato da molti lavoratori della catena “Eataly” di creare per loro condizioni inaccettabili.

Dopo le iniziative di controinformazione fatte a suo tempo contro il progetto Benko ed i presidi in piazza contro il tandem Benko-Farinetti, impedire oggi l’abbattimento dei platani è una possibilità per portare solidarietà ai lavoratori licenziati in Germania e per riaffermare ancora una volta come ci siano cose più importanti di profitto e parcheggi: la loro ombra e il loro ossigeno per esempio.

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