[Carovita in Alto Adige] Voglio andare a casa, la casa non c’è. Una riflessione.

Voglio andare a casa, la casa non c’è. E se c’è, costa troppo.

Abitare in una delle città più care d’Italia non è cosa per tuttx. Come non a tuttx è riservata quella condizione di benessere e l’alta qualità di vita diventata quasi il brand commerciale della regione. Questo lo sappiamo da un pò, ma le prospettive tutt’altro che rosee date da un presente al limite della distopia, ci prospettano un futuro dove difficilmente #andràtuttobene. E dove, probabilmente la forbice fra chi può e chi non può continuerà ad ampliarsi.

In un tempo quindi dove “stare a casa” è diventato un imperativo categorico, diventa doveroso soffermarsi e ragionare sull’abitare, sulle condizioni di un mercato immobiliare che in Alto Adige vale oro per chi specula sugli affitti e che pesa invece come un macigno sulle tasche di proletari e proletarie, di sfruttati e sfruttate. La casa costa troppo e in molti casi consuma anche metà del reddito. Le poche briciole guadagnate vanno via così, fra affitti esorbitanti e caro spesa. In una delle regioni più ricche d’italia la ricerca di una casa diventa per tantx una tragica epopea, e mentre più di 15.000 appartamenti restano vuoti, le città continuano ad ingrandirsi al ritmo di riqualificazioni e speculazioni edilizie. Se però ai nostri occhi è evidente la cacciata del povero dal centro città come nel caso del progetto Benko, meno evidenti sono le storie di chi si barcamena nella ricerca di una casa fra caparre esorbitanti, credenziali irraggiungibili e padroni arroganti e pretenziosi. Nel frattempo, gli stipendi non si alzano, il precariato diventa normalità ma gli affitti salgono e proliferano i grandi proprietari come i nostrani Tosolini e Podini che letteralmente continuano ad avere le mani sulla città. Certo potremo continuare a pensare che a “salvarci” ci sarà sempre il sistema di welfare e l’edilizia sociale. Ma che ruolo hanno i sussidi, le somme a fondo perduto se non quello di prestare il fianco agli interessi dei proprietari e dei costruttori? Che ruolo ha il guinzaglio dell’assistenzialismo se non quello di addomesticarci facendoci accettare lo strozzinaggio degli affittuari? Emblematica la notizia di pochi giorni fà: una donna disoccupata che nel meranese rischia di finire per strada insieme alla sua famiglia. Lavoratrice del settore gastronomico, altra punta di diamante della regione, che dopo aver perso il lavoro durante l’ultima fra le tante ormai sistematiche crisi, perderà anche la casa a causa del mancato rinnovo del contratto di locazione. Uno sfratto imminente, nessun contratto di lavoro, poche prospettive, tranne una: il dormitorio. Di dormitori, strutture per senza tetto e soluzioni tampone ne abbiamo sentito parlare molto. Centinaia di senza casa, alcuni lavoratori, troppo poco “bianchi” per meritare una casa in un sistema tossico dove il baluardo dell’integrazione e della meritocrazia rivela giorno dopo giorno violenze e discriminazioni. Come ogni inverno, l’emergenza dei senza tetto ha colto nuovamente di sorpresa politici, società civile e “cristiani caritatevoli”, in prima linea a tappare i buchi di un sistema che crea e poi espelle da se stesso gli ultimi degli ultimi, cacciati progressivamente dal tessuto urbano a suon di sgomberi e retate. Una guerra urbana al povero dove continua a venire inscenata la tiritera dell’assistenza, della raccolta di beni e oggetti che immancabilmente e periodicamente poi vengono sottratti e gettati durante gli sgomberi di polizia con la complicità della Seab. 100 coperte però non fanno per forza una casa. Dormitori e strutture non sono una casa, ma luoghi che infantilizzano, imprigionano e sviliscono. Con sguardo nostalgico leggiamo di vecchie pratiche di lotta, di sospensione degli affitti, di occupazioni collettive e di resistenza urbana solidale e attiva e autogestita. E’ però in in questa città di ricchi che ci opprime e ci deruba che dobbiamo e abbisogniamo di alternative. E’ in questo mostro d’asfalto che dobbiamo trovare nuove pratiche di riappropriazione di spazi, di autorganizzazione e di autodeterminazione. Perchè non solo la casa, ma anche la città è di chi la abita non di chi la consuma, la compra e la vende impoverendo tuttx gli altri.

Messaggi contro la speculazione immobiliare lasciati sul cantiere Benko in centro storico a Bolzano

“Benko devasta e saccheggia la tua città” Proteste a Bolzano contro la costruzione del Kaufhaus di Benko, progetto favorito e appoggiato da tutte le principali forze politiche e legittimato da un referendum farsesco.

A proposito di Benko, avevamo scritto anche al seguente link.

Altri messaggi lasciati sul cantiere Benko a Bolzano, emblema della privatizzazione dei centri storici e della trasformazione delle città in spazi-vetrina per ricchi

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