All’alba di sabato 18 dicembre, a pochi chilometri dal passo del Brennero, sono stati investiti e uccisi da un treno Mohamed Basser, di 26 anni, e Mostafà Zahrakame, di 46 anni. Dopo aver varcato a piedi il confine con l’Austria si erano diretti in Italia per ragioni sconosciute ma facilmente intuibili.
Una tragedia legata alla frontiera che si aggiunge ad un elenco purtroppo lungo. Nel novembre 2016 a Borghetto, in Trentino, venne investita da un treno la giovane etiope appena respinta alla frontiera austriaca Rawda Abdu mentre pochi giorni dopo a Bolzano un convoglio ferroviario investì il 17enne eritreo Abeil Temesgen, morto nel tentativo di salire su un treno merci diretto in Germania. Nel dicembre dello stesso anno a Wörgl, in Austria, due migranti saliti su un treno merci vennero trovati morti. Alla stazione ferroviaria di Brennero, nel novembre 2017, un bambino originario della Sierra Leone venne salvato da un sicuro assideramento.
All’interno dell’emergenza mondiale legata alla pandemia le frontiere continuano a mietere vittime e a rappresentare una linea che per molti significa vita o morte. Oltre alle continue stragi nel Mediterraneo, basta ricordare ciò che sta accadendo negli ultimi mesi al confine fra Polonia e Bielorussia, dove migliaia di immigrati provenienti perlopiù dal Medio Oriente, sono tenuti in ostaggio dalle autorità dei due paesi e dalla presenza di ronde di milizie nazionaliste polacche – benedette dai preti – che pattugliano i boschi alla ricerca di stranieri da picchiare e consegnare alla polizia.
É assai paradossale che le indagini relative alla morte dei due migranti marocchini siano state affidate al magistrato Andrea Sacchetti, lo stesso che, per la manifestazione contro la costruzione del muro antimigranti al Brennero del maggio 2016, ha richiesto 330 anni di carcere per 63 compagni e decine di anni di reclusione per altri 63 manifestanti di quella giornata che aveva l’obiettivo di rompere l’indifferenza verso la sorte di milioni di dannati e contro la costruzione di un muro che avrebbe rappresentato un atto di violenza con gravissime conseguenze.
Certamente nessuna aula di tribunale potrà mai avere nulla a che spartire con la sete di giustizia che decine di migliaia di morti sul fondo del Mediterraneo e alle porte della Fortezza Europa richiedono, ma un minimo di decenza sarebbe almeno opportuna.
Mentre alle frontiere si continua a morire, nelle nostre città, nei locali, continuano a permanere frontiere, confini e barriere più infide, sottili e mascherate. Si sa per certo come numerose aggressioni razziste non vengano, per mille motivi, denunciate pubblicamente, ma ciò che è accaduto alla discoteca Exclusiv di Lana merita come minimo un breve promemoria.
Due ragazzi bolzanini di origine etiope sono stati esclusi dall’ingresso nella discoteca Exclusiv di Lana per quello che viene chiamato Racial profiling ovvero una pratica solitamente patrimonio delle forze di polizia che indirizzano le proprie attività di controllo delle persone sulla base di fattori etnici, culturali o razziali. Non è diverso da ciò che accadeva alcuni fa – fra 2015 e 2016 – alla stazione ferroviaria di Bolzano, dove i reparti celere dei Carabinieri bloccavano uomini e donne di pelle scura intenzionati a salire su treni diretti in Germania.
L’esclusione di due ragazzi di pelle nera dalla discoteca Exclusiv può stupire solo degli ingenui. Chi conosce il luogo e chi ha la memoria a breve termine ancora in funzione, ricorderà come nel giugno 2016 la discoteca fu teatro di un aggressione nazista – a cui prese parte anche uno dei buttafuori – contro un altro gruppo di giovani
Ma già nel 2014, in un’intervista pubblicata su Salto.bz, si ricordava come la discoteca fosse un luogo in cui la presenza di personaggi legati agli ambienti neonazisti fosse ampiamente accettata dal proprietario del locale.
Il razzismo, spesso giustificato con esigenze di sicurezza o di “tutela degli interessi italiani”, è da anni sdoganato da molte forze politiche, da Lega a Fratelli d’Italia fino ai diversi gruppuscoli neonazisti e neofascisti, sempre pronte a giustificare e prmuovere comportamenti e provvedimenti legislativi discriminatori come il decreto sicrezza votato da Salvinie movimento 5 stelle nel 2018. Evidentemente i discepoli sono molti e non esitano ad applicare alla lettera le idiozie pubblicate sui canali social dai vari Salvini o Meloni di turno.