A volte, riflettendo a distanza di anni sulle esperienze vissute, ci si accorge meglio del loro valore e della necessità di raccontarle affinché non vadano perdute. Storie che dovrebbero essere narrate dai protagonisti e non lasciate alle righe di cronaca del giornale locale. Storie da ricordare per la generosità di chi ne è stato protagonista, disinteressato ad ogni forma di guadagno: sia in termini di notorietà e presenzialismo sui giornali che di opportunismo politico. Una di queste, sconosciuta pressoché a tutti, eccetto i diretti protagonisti, è quella del Nautilus occupato di via Mendola. Chi legge storcerà il naso: un’ occupazione a Bolzano? Quando mai? In effetti non ha lasciato grandi tracce nella città eppure un tentativo c’è stato e merita di essere ricordato, se non altro perchè avvenuto in una città in cui nulla del genere, dopo l’esperienza dell’ex monopolio nel 1979, era mai accaduto.
Agli inizi degli anni 2000 a Bolzano, nei garage del quartiere Don Bosco, fra sale prove di gruppi punk e salette prese in affitto un gruppo di amici avvicinatosi nel frattempo a correnti di pensiero che spaziavano dall’anarchia al comunismo, iniziò a fantasticare sempre più sulla possibilità di occupare uno spazio in città. Ogni anno alle scuole superiori si facevano lunghe autogestioni in cui le scuole venivano riprese dagli studenti con seminari autogestiti ma anche sane partite a calcio nei corridoi, cineforum, discussioni su politica, droga, ecc. Manifestazioni oceaniche con migliaia di studenti – italiani e tedeschi – attraversavano la città contro la riforma della ministra dell’Istruzione Moratti. Ci furono anche diversi tentativi di occupazione come all’Istituto Tecnico Commerciale “Cesare Battisti” di via Cadorna o in altri licei. Qualcuno di noi era passato per l’esperienza del G8 di Genova e per le varie mobilitazioni del movimento contro la globalizzazione che allora i giornalisti chiamavano “No Global”; ci si trovava ai prati del Talvera e si iniziava ad uscire dalla città per andare a concerti in spazi occupati e/o autogestiti a Bologna. In Sudtirolo non mancavano – in spazi come il Papperlapapp oppure l’isola a Fiè – concerti che coinvolgevano giovani punk provenienti da tutta la provincia tanto che ci si stupiva sempre nel vedere il movimento che c’era nelle valli, a noi cittadini assai poco conosciute. A Bolzano si erano tenute diverse iniziative e fra le altre cose fra il 2003 e 2004 si era fatto un corteo spontaneo per la città che aveva visto partecipare un centinaio di giovani e giovanissimi contro la chiusura del centro giovanile Isola di Fiè, chiuso improvvisamente agli inizi del 2004. Uno spazio importante in cui negli anni erano stati organizzati Punk-HC memorabili e la cui chiusura suscitò la rabbia di tutto il Sudtirolo underground.
Fra il 2002 ed il 2003 gli anarchici di Rovereto avevano fatto inoltre diverse occupazioni negli stabili abbandonati della cittadina. Alcuni da Bolzano erano scesi e lì avevano potuto sentire l’aria di autogestione e di libertà che vi si respirava. Uno spazio in cui finalmente si poteva discutere liberamente ed esprimere la propria rabbia ed il proprio disprezzo verso un sistema costruito su guerre e sfruttamento che proprio in quel periodo fra l’altro iniziava l’ennesima guerra democratica ossia la criminale invasione dell’Iraq, che seguiva quella iniziata due anni prima, in Afghanistan.
Si iniziò così a riflettere sulla possibilità di prendersi uno spazio anche a Bolzano; una città a dir poco ostile in cui sembrava azzardato anche solo pensare di fare una scelta del genere. Eppure l’alchimia si trovò e, incontro dopo incontro, dopo aver valutato diversi posti possibili si arrivò a trovarne uno, in una zona della “Bolzano bene”; un edificio di proprietà del costruttore immobiliare Tosolini, forse l’immobiliarista più grande della Provincia. Per noi, che volevamo denunciare la vergogna della speculazione immobiliare, gli affitti da strozzinaggio, i costi delle case insostenibili era il posto perfetto con il proprietario perfetto. Volevamo costruire uno spazio completamente libero da ogni condizionamento dell’onnipresente potere provinciale e dei suoi assessorati, in cui mettere davvero in discussione la realtà in cui vivevamo, in modo diretto, senza mediazioni.
Circa una 30ina di giovani e giovanissimi compagni, di madrelingua italiana e tedesca, almeno la metà minorenni (i più “vecchi” avevano 20 anni), punk e ribelli di ogni tipo, un pomeriggio del 18 giugno 2004 si diede così appuntamento al parco di via Roen per andare poi verso l’edificio prescelto.
In una città come Bolzano, dove era assente qualsiasi tipo di movimento o collettivo, arrivammo a organizzare l’azione in modo autonomo, tutti eravamo alla prima esperienza di occupazione e l’unico accorgimento che avevamo preso nei giorni precedenti era stato il recupero abusivo, nella discarica della zona industriale, di alcuni materassi su cui avremmo dovuto dormire nelle notti di occupazione. Oltre ai materassi avevamo con noi sacchi a pelo, alcune scope per pulire per terra, uno stereo ma soprattutto diverse casse di birra, l’aspetto a cui avevamo badato con più attenzione.
Dal parco di via Roen il gruppone partì quindi verso via Mendola ed entrò attraverso la porta principale che di fatto era stata trovata aperta. Entrammo nella casa ed a distanza di anni chi scrive ricorda ancora perfettamente l’entusiasmo, la gioia, un lasso di tempo in cui vi era la sensazione che si stesse vivendo in modo pieno, appagante. Chi si mise subito a pulire, chi a barricare la porta principale con materassi e bastoni, chi si aprì la lattina di birra per brindare alla prima occupazione di Bolzano, al Nautilus occupato. Nella gioia del momento lasciammo una piccola porta laterale aperta, senza barricarla, forse con l’idea che la polizia non l’avrebbe vista e che in ogni caso non sarebbe entrata immediatamente.
La prima occupazione, ma forse anche la più breve della storia. Dopo nemmeno un’ora una coppia di poliziotti probabilmente allertati dai vicini, sfondò proprio la porta che avevamo lasciato sguarnita, uno di loro con la pistola spianata. Presi completamente di sorpresa alcuni si lanciarono dalla finestra al piano terra e si dispersero nelle campagne mentre invece circa una ventina rimase bloccata in casa. Arrivarono poi le camionette che portarono gli occupanti nella Questura di via Marconi dove vennero notificate le denunce a 19 compagni/e di cui 13 minorenni.
Non si arrivò nemmeno a mettere fuori lo striscione dal balcone, dove vi era scritto Nautilus occupato con il simbolo delle occupazioni. I volantini preparati per presentare l’occupazione alla città non vennero mai distribuiti e nelle settimane e mesi successivi ci ritrovammo per tentare di riorganizzare l’offensiva ma per vari motivi non fu possibile.
La notizia del tentativo di occupazione apparve sui giornali e nei giorni seguenti sulla casa, i cui ingressi al piano terra nel frattempo erano stati murati per impedire una nuova occupazione, apparvero delle scritte dei nazi/fasci bolzanini con tanto di svastiche e minacce. Ricordiamo che solo pochi mesi prima, nel novembre 2003, un giovane trentino di Pergine, Luca Tomaselli, era morto in seguito ad un brutale pestaggio subito da alcuni naziskin di Bolzano.
L’occupazione del Nautilus fu una scintilla che avrebbe potuto attecchire, forse un sogno interrotto bruscamente che non ha avuto modo di continuare. Un attimo che ha lasciato nel cuore di chi vi ha partecipato – e di chi scrive – la sensazione che solo attraverso la lotta e la creazione di rotture con la normalità quotidiana si possano vivere pienamente, nel presente, gli ideali per cui lottiamo. Rendendoli così vivi e operanti nella realtà, non ridotti a sterili enunciazioni per dotti letterati.
Un messaggio nella bottiglia che aspetta ancora di essere raccolto.