[Repressione] Tribunale di Bolzano: Carcere per chi manifesta

Il Tribunale di Bolzano condanna al carcere chi manifesta

La repressione è il nostro vaccino! Repressione è civiltà!

Gian Maria Volontè in:

Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto

Se tu penserai e giudicherai, da buon borghese, li condannerai a cinquemila anni più le spese

Fabrizio de André “La città vecchia”

Giovedì 4 marzo 2021 nelle aule del Tribunale di Bolzano, sotto la scritta la legge è uguale per tutti ed un grande crocifisso il giudice Ivan Perathoner ha condannato 10 compagni/e ad 1 mese di carcere ciascuno per aver partecipato ad una contestazione contro la Lega. Ad alcuni il signor giudice ha negato la condizionale. Tale sentenza si inserisce in un clima pesantissimo dove magistrati e giudici del Tribunale di Bolzano, su indicazione dell’ufficio politico della Questura cittadina ed altre pressioni, stanno tentando di reprimere le poche voci di dissenso esistenti in una città tanto benestante e borghese quanto spesso cinica e indifferente riguardo alle montanti ingiustizie che sempre più aumentano ed alla propaganda verso i più deboli – economicamente e socialmente – che è diventata da tempo sistema di governo e costruzione del consenso politico, a livello nazionale e interazionale come a livello locale.

Per il presidio nella foto il giudice Perathoner ha inflitto un altro mese di carcere ad ogni partecipante

Alcuni mesi fa sempre Perathoner ha inflitto altri due mesi di carcere a una decina di manifestanti antifascisti che nel dicembre 2018 in via Torino a Bolzano avevano contestato la presenza in città del leader neonazista Roberto Fiore, un personaggio a dir poco torbido in passato implicato nelle peggiori trame che hanno attraversato l’Italia degli anni settanta, venuto in città per la sua propaganda politica.

Il giudice Ivan Perathoner ha condannato 10 compagni/e a 2 mesi di carcere ciascuno per questa manifestazione

Oltre a ciò non c’è volantinaggio, presidio o altro che non sfugga e per i quali una certa parte della Procura è mobilitata, pronta ad aprire fascicoli e procedimenti contro chiunque capiti a tiro ed abbia la malaugurata idea di partecipare ad un presidio di lotta.

Da rilevare inoltre come nella stessa Procura altri novelli Torquemada come il Procuratore generale Giancarlo Bramante (il quale non ha ancora ufficialmente chiarito i suoi rapporti con l’intrallazzatore ex magistrato del CSM Luca Palamara, poi radiato dalla magistratura) coadiuvato dai colleghi Andrea Sacchetti e Igor Secco si inseriscano nello stesso filone repressivo tentando di far condannare a pene esorbitanti e volutamente sproporzionate, i manifestanti che nel maggio 2016 hanno partecipato alla manifestazione contro la costruzione del muro antimigranti al Brennero, avvenuta in un periodo particolarmente pesante in cui la propaganda di odio della Lega e dei neofascisti contro immigrati e profughi aveva raggiunto livelli parossistici (anche se il peggio doveva ancora arrivare, come dimostrato dall’esperienza di Salvini al ministero dell’Interno). Per tale giornata di lotta nel primo filone processuale, in cui una sessantina di compagni/e erano imputati di reati più o meno lievi, le condanne di primo grado sono state tuttavia pesanti (dai 7 ai 12 mesi a testa), considerato che di fatto è stata condannata la semplice presenza a tale manifestazione, sulla base di fotogrammi in cui in alcuni casi per un certo momento c’era chi aveva la sciarpa sul viso per coprirsi dal fumo velenoso dei lacrimogeni.

Nel secondo filone un’altra sessantina di compagni/e sono imputati di vari reati – fra cui devastazione e saccheggio: tipo di reato indefinito che a livello europeo esiste solo in Italia – per i quali l’accusa ha richiesto pene fino a 15 anni di carcere (ridotti di un terzo per via della scelta del rito abbreviato) e per cui la sentenza è prevista a maggio. Va da sé che siamo di fronte ad un processo con evidente obiettivo politico e sarà importante lottare per rompere l’agghiacciante silenzio esistente intorno a tale procedimento di sapore inquisitorio e per impedire che passino tali folli richieste.

Certamente non ci si può aspettare molto di diverso da chi deve per contratto – a maggior ragione in tempi di pandemia – difendere gli attuali rapporti di forza in una società in cui i ricchi diventano semprano più ricchi ed in cui i poveri, oltre ad essere sempre più poveri, vengono sistematicamente privati di ogni strumento di lotta e repressi proprio dalla magistratura in ogni minimo tentativo di riscatto sociale. Tuttavia è importante portare a galla alcuni ragionamenti e riflessioni che possono apparire scontati ma per molti, soprattutto oggi, non lo sono affatto.

La Lega di Matteo Salvini ed uno dei suoi seguaci bolzanini Filippo Maturi è un partito che da anni costruisce consenso sul generale imbarbarimento della società indirizzando la rabbia dei proletari italiani contro altri proletari. Alcuni anni fa il nemico erano i terroni, poi è arrivato il turno degli albanesi, poi la responsabilità è stata scaricata sui profughi delle guerre che gli stessi leghisti hanno voluto e votato. Come non ricordare le campagne infamanti contro i musulmani? Abbiamo buona memoria e ricordiamo ancora come i leghisti regionali protestarono contro la possibile apertura di una moschea in via Macello abbuffandosi di mortadella e prosciutto davanti alle telecamere insieme al fascista Borghezio. Oltre a ciò nel corso degli anni un leit-motiv leghista è stata la costante violenza contro omosessuali e minoranze etniche, la criminalizzazione di ogni sciopero, protesta, occupazione e campagna antirazzista; in generale di ogni movimento sociale dal basso. Come non ricordare inoltre le modalità di raccattare consenso di Maturi attraverso le idiozie pubblicate sui propri profili social? Dalle raccolte firme contro il Wi-Fi libero che causava assembramenti di immigrati alle delazioni che portavano allo sgombero di alcuni senzatetto dalle scuole Pascoli la lista di porcherie è lunga.

Scendere in piazza contro dei ciarlatani (fra cui Kevin Masocco la cui considerazione delle donne è ben dimostrata dal modo in cui parlava di una Dj tanto bella “da stuprare”) che seminano quotidianamente falsità e odio verso i poveri e che nel giorno in cui i compagni sono scesi in piazza contro di loro, chiedevano la castrazione chimica, è il minimo. Ma evidentemente per Perathoner o chi per lui il problema è la procedura, non è importante la sostanza, la cosa non ci meraviglia affatto ça va sans dire. Puoi anche fare la raccolta firme per la segregazione razziale purchè tu rispetti gli accordi con la Questura. Se ti chiami Matteo Salvini o Giorgia Meloni, sei potente ed hai consenso, attraverso i tuoi social puoi esporre al linciaggio pubblico il nemico del giorno (immigrati, oppositori, manifestanti) per anni, e stai pure sereno: nessuno dei zelanti giudici tanto ferrei contro chi si autoorganizza e lotta, da buoni interpreti della teoria del diritto penale del nemico, ti disturberà. Sembra una banalità dirlo ma è proprio vero l’adagio popolare che dice come “la legge si applica per i nemici e si interpreta per gli amici”.

Da alcuni anni a questa parte oltre agli anarchici – tradizionalmente nel mirino delle autorità di ogni epoca e contro cui agiscono spesso in modo preventivo – sindacalisti di base, militanti politici antagonisti come autonomi e NO TAV, ad essere oggetto delle attenzioni di zelanti procuratori ad ogni latitudine sono coloro che si adoperano per aiutare gli immigrati. Da una parte vere e proprie campagne mediatiche pubbliche di inaudita violenza contro i cosiddetti “buonisti” (cioè coloro che non si uniscono alla guerra ai poveri) che aiutano la cosiddetta “invasione”, dall’altro procuratori che imbastiscono inchieste come quelle condotte contro le ONG che salvano uomini, donne e bambini nel Mediterraneo o che, come recentemente accaduto a Trieste, hanno visto la polizia perquisire le abitazioni di Lorena Fornasir e Gian Andrea Franchi, conosciuti per le loro azioni di solidarietà nei confronti dei migranti provenienti dalla rotta balcanica. L’accusa mossa a loro ed all’associazione di cui fanno parte – Linea d’ombra- è di favorire l’immigrazione clandestina.

In generale è evidente come esista una generale volontà politica di intimidire quei pochi compagni combattivi che si organizzano per resistere a condizioni sempre più difficili per proletari di ogni colore e nazione. A maggior ragione nei tempi attuali – e probabilmente a venire – quando gli effetti della pandemia sull’economia verranno scaricati sulla classe lavoratrice e in generale sulle fasce sociali più deboli e con poca forza contrattuale rispetto alle organizzazioni dei padroni ed alla grande borghesia, impegnate a spartirsi i miliardi del Recovery Found, operazione per cui è stato chiamato Draghi al Governo.

La repressione nei confronti dei compagni e delle compagne condannati dal giudice suddetto del Tribunale di Bolzano va inserita in un quadro generale che vede gli spazi di dissenso sempre più stretti, a maggior ragione per chi non accetta e non accetterà le politiche capitaliste con cui viene gestita la pandemia e con cui verrà gestita la pandemia e le sue conseguenze sociali, economiche e politiche. Si annunciano tempi difficili in cui risulterà fondamentale la capacità di costruire solidarietà fra i proletari e in generale fra gli sfruttati, di fronte agli attacchi che arrivano e arriveranno da più parti.

Non lasciamo soli i compagni e le compagne che sono stati condannati da procuratori e giudici del Tribunale di Bolzano.

Contro la repressione costruiamo la solidarietà

Non lasciamo passare queste vergognose intimidatorie operazioni repressive secondo le quali manifestando il proprio dissenso verso chi pratica politiche razziste e di oppressione sia possibile finire in carcere.

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