Martedì 8 marzo 2022, in occasione della giornata internazionale della donna, anche a Bolzano c’è stata una manifestazione organizzata dal gruppo locale di Non una di meno Bolzano-Bozen ed a cui hanno partecipato numerose persone, gruppi e associazioni come GEA-casa delle donne e Centaurus Arcigay Alto Adige Südtirol ODV. La manifestazione è stata inoltre seguita da una diretta radiofonica organizzata dal collettivo femminista di Radio Tandem, ascoltabile al seguente link.
Da circa due settimane è scoppiata l’ennesima guerra, questa volta in Europa, vicino a casa nostra. E in una giornata internazionale e internazionalista per antonomasia, non poteva mancare un contributo contro la guerra in Ucraina, contro tutte le guerre. Per ribadire il ruolo storico che le donne hanno sempre avuto nella lotte contro i conflitti armati fra gli Stati, a partire dall’8 marzo 1917 quando per le strade di Pietrogrado (poi Leningrado e oggi San Pietroburgo) le donne della città scesero in piazza contro l’autocrazia zarista e la sua guerra. Una manifestazione che diede la prima spallata all’Impero dei Romanov, poi abbattuto nel corso degli eventi che portarono alla Rivoluzione d’ottobre. Ancora oggi, nel corso dell’invasione dell’Ucraina, le donne sono protagoniste della mobilitazione contro la guerra, venendo arrestate e picchiate dalla polizia di Putin.
Di seguito riportiamo un volantino che è stato distribuito nel corso della giornata sui prati del Talvera e pubblicato sulla pagina Fb di Bolzano antifascista. Un contributo prezioso per rinforzare la giornata dell’8 marzo. Per fare in modo che la giornata della donna torni ad essere una minaccia per un sistema patriarcale che vive di guerre, oppressione e sfruttamento.
Un punto di vista transfemminista sulla guerra
“Tu stai combattendo per conquistare vantaggi che io non ho mai condiviso né mai condividerò: in quanto donna, non ho patria, in quanto donna la mia patria è il mondo intero “ Virginia Woolf 1938
E’ possibile, come femministe, tentare di ribaltare la retorica bellicista a favore di una prospettiva diversa che prenda le distanze dall’impostazione maschiocentrica e patriarcale che da sempre costituisce la narrazione del conflitto fra “patrie”? . La parola “Patria” , “la terra dei padri” ha da sempre evocato una serie di valori nefasti che con la loro ambiguità sono stati efficace carburante per il delirio bellicista che ha caratterizzato il secolo che ci ha preceduto e che purtroppo ancora domina nella concezione mainstream . “Le madri, nella parola patria non ci sono. Non ci possono essere perche’ nell’idea del patriottismo è innestata la convinzione profonda che la donna sia natura e l’uomo cultura, cioè la madre generi perché è il suo destino e l’uomo riconosca la sua generazione per volontà e autorità, riordinando col suo nome il caso biologico di cui la donna è portatrice. E’ in quanto estensione del maschile genitoriale che la patria è divenuta fonte di diritto e di identità .(cit. )
Negli inquietanti avvenimenti che tingono di fosco questo 8 marzo 2022, che ci trasporta da due anni di pandemia ad una guerra nel cuore dell’Europa senza soluzione di continuità, sentiamo il bisogno di provare ad articolare un ‘approccio diverso alle cose, di reagire allo scoramento o peggio alla rassegnazione di fronte a soluzioni che ci vengono presentate come ineluttabili. Sentiamo la necessità di sottrarci a quella dicotomia ( con la Nato o con Putin, nella fattispecie) che da sempre ha caratterizzato il pensiero semplice dell’adesione alla guerra che altro non è se non il tentativo di azzerare qualsiasi complessità del pensiero, di sedare il dubbio, e di rafforzare una fede cieca e monolitica sulle decisioni che per la loro efferatezza necessitano del più ampio consenso.
La guerra rappresenta la massima espressione dei valori patriarcali : dominio, oppressione , conquista. Da sempre la fanno gli uomini ma la pagano anche le donne. Nella sua aberrazione , lo stupro come bottino di guerra , è la rappresentazione plastica dell’idea stessa di dominio che caratterizza la guerra , l’impossessamento di un altro territorio, delle sue risorse, e anche delle donne che vi abitano. La guerra non solo è morte, lacerazione dei corpi e dell’ambiente, ma le sue conseguenze tragiche di miseria e desolazione che si trascinano per molto tempo dopo la sua cessazione creano i presupposti per l’inasprimento delle differenze di classe e di genere, a tutto svantaggio delle donne e delle identità diverse dal sesso dominante attraverso il rafforzamento del costrutto sociale binario.
La Guerra è sempre decisa da chi opprime. E’ emblematica la diversa lettura riservata ora dai media assimilati ai governi atlantisti sulla resistenza ucraina, rispetto al giudizio (e alla condanna) riservata alle resistenze alle invasioni perpetrate da combattenti palestinesi, siriani o irakeni, fino al trattamento, anche carcerario, per coloro che , da europei, si sono uniti alla resistenza curda in Rojava.
Detto questo porsi in maniera critica e rigettare il concetto di Guerra come conflitto fra le nazioni e i loro eserciti, deciso da chi quelle nazioni governa (da non assimilare automaticamente con il popolo di quelle nazioni) prescinde da un generico rifiuto del conflitto quando quest’ultimo è originato da un moto di liberazione dall’oppressione . Ed in questo contesto ricadono le guerre di liberazione o la lotta politica a sistemi autoritari e oppressivi, la lotta di classe , e la stessa lotta femminista, lotte che noi rivendichiamo.
Pertanto ci sentiamo di dichiarare convintamente il nostro No ad un’adesione cieca alla guerra, decisa da chi la guerra non la paga. No alla perpetrazione di un ideologia bellicista che si è dimostrata empiricamente fallimentare, e in maniere tragicamente evidente, nei conflitti degli ultimi decenni cagionati dalla volontà di predominio e spartizione delle due super potenze mondiali.
No alla Guerra che, citando Anna Arendt, non ripristina mai diritti ma ridefinisce il potere. Anche quello patriarcale.