[IVECO dv] Da Bolzano alla Sardegna, sciopero contro la guerra e chi la arma

Il 20 maggio 2022 i sindacati di base hanno chiamato uno sciopero generale contro la guerra e contro le spese militari.

Come scritto nel comunicato dei SICOBAS una giornata “per far sentire forte e chiara la nostra opposizione radicale, senza se e senza ma, alla guerra come strumento e momento-chiave della ristrutturazione capitalistica, la nostra denuncia del ruolo antioperaio di tutti gli schieramenti attivi nel conflitto (Usa, Ue, governo ucraino e Russia), a partire dalla denuncia e dal contrasto del militarismo di “casa nostra”, e la nostra ferma convizione che solo una mobilitazione straordinaria dei lavoratori e delle masse oppresse potrà fermare la folle corsa verso il baratro di una nuova guerra mondiale”.

La guerra ha bisogno di industrie che producono armamenti, di banche che le finanziano, di centri di ricerca che sviluppino armi sempre più sofisticate e devastanti, di informatici esperti di guerra ibrida, di politici che le provochino e di giornalisti-propagandisti che le giustifichino e fomentino di fronte all’opinione pubblica. La guerra inoltre ha bisogno di poligoni militari, basi e immensi spazi per le esercitazioni belliche che vengono sottratti alla popolazione come accade in Sardegna dove è in corso l’esercitazione “Mare aperto” che di fatto fino al 27 maggio metterà sotto assedio l’isola, da anni oggetto di un processo di occupazione e colonizzazione militare. 

Secondo una certa narrazione militarista sembra che il nuovo anno zero della storia sia il 24 febbraio 2022; ciò che è accaduto prima non può in alcun modo entrare nella narrazione pubblica della guerra in corso in Ucraina pena l’accusa di putinismo o giustificazionismo come scritto nelle calunnie a mezzo stampa di alcuni giornalisti prezzolati del calibro di Riotta, Rampini o Gramellini.

Dall’inizio della guerra in Ucraina viviamo un periodo denso di pericolosi sviluppi che ci aspettano nel prossimo futuro: la corsa al riarmo, la possibile escalation nucleare da più parti annunciata e il rischio di carestia alimentare in numerosi paesi dell’Africa e del Medio Oriente con relativo esodo di masse di uomini e donne. L’emergenza continua diventa stato d’eccezione.

Se da un lato è sicuro che NATO e Putin siano parte dello stesso problema, ovvero il capitalismo e le sue derive imperialiste e nazionaliste, dall’altro non possiamo dimenticare come la guerra non sia un evento che accade all’improvviso, bensì venga preparato scientificamente attraverso precise politiche industriali, militari ed energetiche. Nelle nostre città, nelle nostre strade ci sono fabbriche, banche, uffici che lavorano 24h su 24 per dotare gli Stati dei mezzi militari ed economici funzionali al confronto militare. Il minimo che si possa fare è renderne visibile l’operato denunciandone complicità e  responsabilità.

Nell’apparato militare industriale italiano e internazionale IVECO Defence Vehicles di via Volta a Bolzano, con le sue forniture – fra gli altri – agli eserciti italiano, britannico, americano, tedesco e russo è uno dei tasselli più importanti. Nell’elenco di armi presenti nel terzo decreto per l’invio delle armi in Ucraina da poco pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, con ogni probabilità è compreso l’invio dei veicoli leggeri multirolo Lince, prodotti proprio a Bolzano. 

La guerra infinita degli ultimi decenni (Afghanistan, Iraq, Libia, Siria, Yemen, Mali, Palestina, Kurdistan) operata dagli opposti imperialismi inizia anche da qui. Sta a noi trasformare la solidarietà internazionalista nell’arma più efficace per fermare i progetti imperialisti, di miseria e sfruttamento dei signori della guerra, siano essi statunitensi, turchi, israeliani, europei oppure russi. 

Bolzano. Stabilimento Iveco Defence Vehicles. Sullo sfondo, all’interno della fabbrica si può vedere un blindato Centauro poi esportato a Eserciti attivi in svariati teatri di guerra.

Di seguito riportiamo il comunicato apparso sulla pagina Facebook Bolzano Antifascista che ha accompagnato 

DA BOLZANO ALLA SARDEGNA FERMIAMO LA GUERRA E I SUOI INGRANAGGI

In occasione dello sciopero generale contro la guerra del 20 maggio alcuni compagni sono tornati di fronte allo stabilimento IVECO Defence Vehicles di Bolzano per denunciare i profitti sporchi di sangue dell’industria bellica italiana nel conflitto in corso in Ucraina così come negli altri teatri di guerra in cui sono impegnate le truppe NATO. Per ricordare che la guerra inizia qui, negli stabilimenti industriali che producono mezzi militari, armi, munizioni, bombe. Per ricordare che Putin e la NATO sono due aspetti dello stesso problema.

Siamo a fianco degli antimilitaristi sardi che il 22 maggio a Teulada manifesteranno contro l’occupazione militare della Sardegna dove proprio in questi giorni è in corso l’esercitazione militare della NATO “Mare aperto” cui partecipano oltre 4000 soldati a bordo di 65 fra navi, sottomarini, aerei ed elicotteri. Per alcune settimane l’isola sarà sotto assedio: oltre 17 aree a mare, fra cui spiagge bellissime, saranno vietate alla popolazione. Tali scenari di guerra non sono una novità per l’isola, ridotta a colonia militare dell’Esercito italiano e dalla NATO, dove la presenza dei poligoni militari di Teulada, Quirra-San Lorenzo e Capo Frasca ha portato a una pesante devastazione ambientale.

La guerra è sempre più al centro dell’economia; il Governo Draghi, oltre ad aver aumentato le spese militari da 25 a 38 miliardi di euro annui, ha deciso di usare parte dei fondi del PNRR per costruire a Coltano, in provincia di Pisa, una cittadella militare che coprirà 730mila metri quadri di area protetta all’interno del parco regionale di San Rossore.

L’invasione militare dell’Ucraina da parte della Russia ha innescato una guerra mondiale per procura in cui il territorio ucraino – e il suo popolo – è trasformato in un terreno di scontro fra le principali potenze nucleari. L’escalation militare in cui Stati Uniti ed Unione Europea ci stanno trascinando sta ridefinendo le politiche militari, industriali ed energetiche dei rispettivi governi scatenando una corsa al riarmo e la ricerca di nuove fonti di approvigionamento di materie prime, principalmente in Africa. Ciò comporterà nuove guerre e missioni militari per garantire gli interessi del complesso militare-industriale-energetico occidentale. Se il prezzo principale viene – e verrà – pagato dalle popolazioni mediorientali, africane e dai paesi più poveri, costrette all’esodo dalle politiche predatorie del capitalismo, le conseguenze saranno pesanti anche in Italia ed Europa.

Dopo 20 anni di interventi armati e guerre costruite su spudorate menzogne in Afghanistan, Iraq, Libia e Siria siamo di fronte all’ennesimo disastro provocato dalle principali potenze imperialiste il cui prezzo verrà fatto pagare alla classe lavoratrice e ai settori più poveri delle società dei paesi coinvolti.

Gli ingranaggi che permettono la guerra sono qui. Fermiamoli. Guerra alla guerra.

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