Rilanciamo l’invito a partecipare a questa iniziativa organizzata dall’assemblea pubblica per la Palestina che da quasi due anni sta organizzando senza sosta la mobilitazione contro lo sterminio pianificato del popolo palestinese. Un’orrore reso possibile dal supporto politico, economico e militare delle nazioni occidentali, fra cui il Governo di Giorgia Meloni. Un’orrore reso possibile dalla disinformazione dei principali apparati di propaganda, abili nel rovesciare le responsabilità e nel mistificare la realtà. Subdoli nella strisciante disumanizzazione del popolo palestinese e del suo diritto a resistere contro un progetto genocida, di pulizia etnica e Apartheid. Di seguito il testo del volantino che verrà distribuito:

CONTRO LA SCORTA MEDIATICA DEL GENOCIDIO E L’ECONOMIA DI GUERRA
“Molti di noi amano chiedersi: “Cosa farei se fossi vivo durante la schiavitù? O il Jim Crow del Sud? O l’apartheid? Cosa farei se il mio paese stesse commettendo un genocidio? La risposta è: lo stai facendo. Proprio adesso”
Aaron Bushnell, soldato statunitense immolandosi di fronte all’ambasciata israeliana il 25 febbraio 2024
Il genocidio del popolo palestinese non sarebbe possibile senza l’appoggio politico, militare ed economico delle nazioni occidentali – e non solo – che continuano a fare affari con Israele. Si tratta di una vera e propria economia del genocidio: non solo bombe e proiettili che uccidono e lacerano la carne di civili innocenti indiscriminatamente, uomini, donne, bambini, anziani… ma anche progetti di ricerca e sviluppo di nuove tecnologie di sorveglianza, con la messa a punto di mezzi di morte da offrire poi, già “testati sul campo” per altri conflitti. La violenza totale scatenata dall’Esercito di occupazione sionista contro la popolazione di Gaza dovrebbe fare gridare vendetta ogni essere umano. Come è possibile rimanere indifferenti di fronte a decine di migliaia di bambini sterminati con le bombe o attraverso la fame? Come è possibile assistere passivamente al martirio della popolazione palestinese di Gaza, affamata e da 21 mesi sottoposta a incessanti bombardamenti e violenze di ogni tipo? Come è possibile che di fronte al primo genocidio automatizzato e in diretta televisiva della storia continui in maniera indecente la criminalizzazione del movimento di solidarietà per la Palestina? Succede anche a Bolzano, con denunce, schedature, avvisi orali e fogli di via per chi non ce la fa più a sopportare l’indifferenza. Il contributo più importante al mantenimento di questo orrore è dato dalla scorta mediatica che lo accompagna, cioè quell’insieme di giornalisti, opinionisti, influencer e lobbisti che cercano di negare, nascondere, distorcere, annacquare e mistificare la realtà, rovesciando le responsabilità e trasformando le vittime in carnefici. Non è solo colpa della direzione o del management: ciascuno potrebbe rifiutarsi di partecipare a questo supporto mediatico, i giornalisti della BBC stanno iniziando a farlo ora, dopo quasi due anni di massacro testimoniato in diretta. E in Italia? La scorta mediatica al genocidio italiana, e quella europea in generale, racconta lo sterminio in corso in Palestina come una risposta, solo adesso per alcuni esagerata, all’operazione militare diluvio di Al-Aqsa del 7 ottobre 2023. Una narrazione in cui la punizione collettiva è stata giustificata e il passato cancellato o distorto: decenni di occupazione militare, colonialismo di insediamento e oppressione con decine di migliaia di morti, arresti e uso sistematico della tortura, cancellati dal racconto. La popolazione palestinese è disumanizzata e ogni organizzazione della loro Resistenza viene così delegittimata e descritta come terrorista, ripetendo in maniera acritica la propaganda israeliana e le sue falsità (“Non ci sono innocenti a Gaza”, ha dichiarato il presidente Herzog il 12 ottobre 2023 in conferenza stampa). I principali giornali italiani riprendono la propaganda dell’Esercito israeliano di occupazione e del Governo Netanyahu omettendo di raccontare quelle notizie che demolirebbero istantaneamente le menzogne della Hasbarà, il sistema a tutto tondo di propaganda sionista che ruota intorno a questo orrore. Le manifestazioni solidali con il popolo palestinese sono state spesso travisate, in ogni caso minimizzate, talvolta infangate e criminalizzate, in molti casi con il ricorso strumentale ad accuse totalmente insensate di antisemitismo, come accade in particolare negli Stati Uniti o in Germania. I più forti alleati dei sionisti sono i movimenti di estrema destra, da sempre identitari, cioè nazionalisti, razzisti e violenti. Fra le conseguenze della disumanizzazione palestinese è da evidenziare che i giornalisti italiani non hanno fatto nulla di significativo a proposito dello sterminio mirato e sistematico di oltre 230 colleghi a Gaza e in Cisgiordania. Difficile capire se tale indifferenza sia motivata dalla paura di perdere il posto di lavoro, da una totale spoliticizzazione personale oppure da un consapevole adesione alle logiche di guerra e genocidio che il proprio ruolo spesso richiede. Ad ogni modo restituisce in maniera esemplare il deserto morale e culturale in cui camminano i “professionisti dell’informazione” di questo paese. La relatrice delle Nazioni Unite Francesca Albanese nel suo rapporto Dall’economia dell’occupazione all’economia del genocidio ha denunciato aziende e corporazioni che stanno traendo profitto dallo sterminio del popolo palestinese, fra cui il colosso delle armi Leonardo, detentore del 10% della Start-up sudtirolese Flying Basket e possibile acquirente della fabbrica di mezzi militari Iveco DV di Bolzano. A causa di questo rapporto, in cui semplicemente ha avuto il coraggio di portare alla luce lo stato delle cose, ha ricevuto minacce in stile mafioso da Stati Uniti e Israele, senza raccogliere alcuna solidarietà dalle principali istituzioni italiane o dalle grandi firme dei giornali mainstream. In tempi in cui la menzogna è il metodo di Governo, dire la verità è sempre più pericoloso. Anche qui il ruolo delle principali agenzie di informazione è chiaro: non è davvero informare, è influenzare la coscienza collettiva per gli interessi economici di pochi, a danno dell’umanità di ciascuno. In questi tempi di guerra il ruolo dell’apparato informativo è decisivo per far digerire alla popolazione la corsa al riarmo e la conversione di interi settori industriali all’economia di guerra: come tutti i membri della NATO anche il Governo Meloni ha approvato l’impegno a destinare il 5% del PIL alla spesa bellica entro il 2035. Dopo anni in cui le élite hanno chiesto sacrifici (ovviamente solo ai proletari), improvvisamente il Governo trova risorse infinite per la guerra, facendo pagare il prezzo alla parte più povera della società. Per l’Italia saranno 400 miliardi in più di oggi nell’arco di 10 anni, 40 miliardi in più ogni anno. Fondi tolti alla scuola, ai contributi per la casa, a sanità, ambiente e servizi sociali. Buoni pasto, ticket ribassati, programmi per il benessere sociale verranno tagliati per dare soldi all’industria bellica. Anche in questo caso i grandi mezzi di informazione giocano un ruolo decisivo nel “creare un clima di guerra” e quindi giustificare tale spesa attraverso voci autorevoli che alimentano un clima di paranoia, costruendo nemici immaginari. Il decreto sicurezza approvato dal Governo Meloni si delinea come uno strumento di repressione preventiva del dissenso, contro ogni possibile protesta nei confronti di queste politiche guerrafondaie. Il silenzio è complicità! Fermiamoli! Non lasciamo in pace chi vive di guerra!
Assemblea solidale con il popolo palestinese – Bolzano
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