Lo sciopero della fame iniziato ormai due mesi fa da Alfredo Cospito ha permesso di accendere la luce sul generale accanimento repressivo in atto contro il movimento anarchico ma non solo. Nel caso di Cospito – per un’azione dimostrativa che non ha provocato né morti né feriti – si è arrivati ad applicare il regime di tortura istituzionale chiamato 41 bis e ad infliggere condanne che nemmeno gli autori delle stragi di Capaci e via d’Amelio hanno ricevuto. Un disegno repressivo che ha spinto centinaia di avvocati in tutta Italia a rompere il silenzio e firmare un appello per denunciare la torsione autoritaria sempre più evidente nei processi che vedono militanti politici – in particolare anarchici – alla sbarra.
In tale quadro si inserisce il processo contro i compagni e le compagne che manifestarono contro la costruzione del muro antimigranti al Brennero nel maggio 2016. A quasi sette anni dai fatti, nel febbraio 2023 ci sarà la sentenza di appello del filone processuale che vede i compagni imputati per “Devastazione e saccheggio”. La procura di Bolzano – facendo ricorso alle pene folli (dagli 8 ai 15 anni di carcere) che tale reato permette – si è inserita a gamba tesa in questo clima di caccia alle streghe tornando a richiedere centinaia di anni di carcere per una sessantina di manifestanti imputati. In questo processo – fra le altre cose – è a dir poco inquietante l’utilizzo leggero e disinvolto che i procuratori fanno del concorso in reato, che permette loro di richiedere e infliggere pene draconiane attraverso arbitrarie interpretazioni dei fatti. Come hanno scritto gli avvocati nell’appello:
“nella difesa di numerosi anarchici in altrettante vicende penali [si] riscontra la sempre più diffusa e disinvolta sottrazione delle garanzie processuali a questa tipologia di imputati: in primo luogo in tema di valutazione delle prove in ordine alla riconducibilità soggettiva dei fatti contestati; oppure di abbandono del diritto penale del fatto, a vantaggio del diritto penale del tipo d’autore, realizzato attraverso l’esaltazione della pericolosità dell’ideologia a cui il reo appartiene.”
Una vera e propria criminalizzazione del pensiero che porta i Tribunali di Sorveglianza a negare benefici per la semplice espressione di un pensiero oppure per la mancata abiura delle proprie convinzioni politiche. Una situazione che vede gli spazi di libertà e dissenso restringersi sempre più ed a cui è urgente dare una risposta. Le sempre più frequenti inchieste per reati associativi montate contro sindacalisti e diverse realtà di movimento dovrebbe rendere evidente ai più che la questione non riguarda solo gli anarchici, ma riguarda tutti gli sfruttati e chi si organizza contro il capitalismo e le sue guerre, il suo razzismo, il suo sfruttamento.
Ognuno di noi deve dare qualcosa in modo che alcuni di noi non siano costretti a dare tutto.
Una frase che in alcune città capita di leggere sui muri e che sottolinea l’importanza di costruire solidarietà e complicità, per evitare che a pagare il prezzo siano i più generosi, coloro che non hanno atteso l’arrivo delle sognate masse per agire contro il futuro di miseria che ci stanno preparando. Da oltre due anni Massimo Passamani, compagno anarchico conosciuto da moltissime persone, si trova agli arresti domiciliari per un cumulo di condanne definitive e pur di tenerlo confinato fra le mura di casa, la Procura di Trento non esita a fare ricorso ad un uso fantasioso e creativo del diritto avendo disposto nei suoi confronti una misura cautelare per «tentativo di estorsione con finalità di terrorismo». Il motivo? Aver tentato, insieme ad altri compagni e compagne, durante il lockdown della primavera del 2020, di far mandare in onda a Radio80 di Rovereto un comunicato di denuncia sui detenuti che in quel momento venivano torturati e ammazzati nelle carceri (con i 13 morti a Modena e la mattanza di Santa Maria Capua Vetere). Per questo e tanti altri motivi, per martedì 20 dicembre dalle ore 10.30, fuori dal Tribunale di Trento in piazza Venezia, ci sarà una presenza solidale con Massimo e tutti i compagni e le compagne colpiti dalla repressione. Come hanno scritto i compagni promotori dell’iniziativa lottare per la sua libertà significa lottare anche per la nostra. Di seguito il testo che invita tutti e tutte alla partecipazione:
MASSIMO LIBERO SUBITO!
Contro l’abiura e coloro che la pretendono!
La vicenda del nostro amico Massimo Passamani – anarchico roveretano e compagno di tante lotte sociali, in Trentino e altrove – è emblematica dei tempi che viviamo. Agli arresti domiciliari da oltre due anni per un cumulo di sentenze definitive (tra le quali la condanna a un anno di reclusione per un’azione contro il TAV in Valsusa), Massimo sarebbe già libero se non fosse stato colpito da una misura cautelare per «tentativo di estorsione con finalità di terrorismo». Il motivo? Aver tentato, insieme ad altri compagni e compagne, durante il lockdown della primavera del 2020, di far mandare in onda a Radio80 di Rovereto un comunicato di denuncia sui detenuti che in quel momento venivano torturati e ammazzati nelle carceri (con i 13 morti a Modena e la mattanza di Santa Maria Capua Vetere). Oltre a ciò, il tribunale di Trento gli aveva già rifiutato la scarcerazione anticipata per non essersi «ravveduto» ed avere espresso una «spinta anti-Stato» in un suo articolo sull’archiviazione dell’omicidio Tenni (ucciso dai carabinieri ad Ala nel 2021). A ciò si aggiunge che a un altro nostro compagno – Rupert – è stata rigettata una misura alternativa al carcere per «la sua radicata adesione valoriale all’anarchismo» (e con analoghe motivazioni un’altra compagna, Sasha, si trova ai domiciliari con tutte le restrizioni, senza la possibilità di lavorare: non l’hanno messa in carcere solo perché ha figlie). Il messaggio non potrebbe essere più chiaro: o l’abiura, o la galera. Non lo diciamo noi, ma le carte di tribunale. Ora basta. Mentre sindacalisti e occupanti di case vengono arrestati o addirittura condannati per «associazione a delinquere» (come a Piacenza e a Milano); mentre dei nostri compagni – Juan Sorroche, Anna Beniamino, Alfredo Cospito – ricevono pene da ergastolo per azioni che non hanno provocato né morti né feriti; mentre lo stesso Alfredo, in sciopero della fame contro la tortura del carcere speciale e dell’ergastolo ostativo, rischia di morire rinchiuso in 41 bis per «una strage senza strage attribuita senza prove»; mentre l’uso creativo del diritto e i processi in videoconferenza diventano la «nuova normalità»… non prendere atto di questa situazione sarebbe soltanto cieco. Nel frattempo, se per compagni e compagne le misure non finiscono mai, i torturatori in divisa di Santa Maria Capua Vetere non hanno oggi nemmeno una blanda restrizione, mentre gli assassini in divisa di Modena non sono stati neanche indagati. Per chi ha torturato e ucciso, come sempre, nessuna conseguenza; per chi ha denunciato torture e omicidi, gli arresti domiciliari senza fine. Conosciamo bene Massimo. Dalle “fratte” di Mori ai picchetti alla Bartolini di Rovereto, dalle vertenze nei cantieri e nei supermercati fino alla lotta contro la devastazione ad Alta Velocità, in tanti e tante abbiamo avuto modo di apprezzare la sua lucidità, il suo coraggio, la sua generosità. Se questo già basta e avanza per dargli tutta la nostra solidarietà, è innanzitutto per noi che dobbiamo lottare anche per lui. Nell’era delle guerre e delle Emergenze permanenti, del controllo sociale sempre più ossessivo e del capitalismo più onnivoro e assassino, ciò che ci giochiamo è la stessa possibilità di lottare, di pensare ad alta voce, di portare avanti pratiche conflittuali, di coltivare il pensiero critico e le idee di ribellione.
Per questo, in occasione dell’udienza di Riesame che questo 20 dicembre deciderà della libertà di Massimo, chiamiamo alla mobilitazione.
Trento, 20 dicembre, presso il Tribunale di Piazza Venezia
dalle ore 10.30
MANIFESTAZIONE SOLIDALE
per l’immediata scarcerazione del compagno Massimo Passamani;
contro le misure infinite a carico di compagni e compagne e le pretese di abiura;
contro lo Stato di Guerra ed Emergenza permanente;
contro l’immiserimento, il controllo sociale e la repressione che ne ricevono alimento;
contro le condanne da ergastolo per Juan, Anna e Alfredo;
in solidarietà allo sciopero della fame di Alfredo e Anna contro il regime 41 bis e l’ergastolo ostativo.
Amiche e amici, compagni e compagne di Massimo