Venerdì 24 febbraio in piazza Walther alle ore 18 si è svolta una manifestazione per la pace. Una manifestazione che, sulla falsariga di quella organizzata un anno prima, si è confermata priva di contenuti, incapace di raccogliere la preoccupazione generale e fare un passo avanti rispetto alla gravità del momento che stiamo vivendo. Uno stanco, stanchissimo rituale in cui hanno officiato la “messa” con discorsi sterili il sindaco Renzo Caramaschi ed il presidente Anpi Guido Margheri. Una manifestazione a cui hanno preso parte anche esponenti del Partito Democratico, il principale partito – insieme a Fratelli d’Italia – a sostenere in modo acritico il continuo invio di armi e l’escalation militare bellica – fino alla fine – come ha detto Giorgia Meloni. A loro consigliamo di rivolgersi ad un bravo psichiatra. Una manifestazione che invece di esprimere rabbia e voglia di lottare si è trasformata nel solito palcoscenico per i soliti noti che hanno detto le solite cose, generiche, valide per ogni occasione. Una manifestazione dal copione già scritto, in cui è stato impedito di prendere la parola – con lo sconcerto di chi fra gli altri partecipanti lo ha saputo – a chi portava altri contenuti in merito alla critica alla guerra. Una manifestazione sonnolenta, a cui le fiaccole hanno dato un tono lugubre.
Tuttavia vista la gravità del momento storico che stiamo vivendo e l’importanza di mobilitarsi contro il disastro verso cui la borghesia di tutti i paesi coinvolti ci sta facendo precipitare, alcuni compagni e compagne hanno deciso di partecipare, distribuendo un volantino, nel tentativo di diffondere una critica antimilitarista che sappia andare alla radice della questione.
Perchè la lotta contro la guerra non può essere separata dalla lotto contro il sistema economico che la produce. Ricordiamo che l’industria bellica sta maturando immensi profitti grazie all’ennesimo conflitto provocato dal capitalismo. Di seguito il testo del volantino distribuito in piazza:
GUERRA, SANGUE, CAPITALE
In un passaggio relativo alla guerra russo-giapponese del 1905 il romanziere russo Lev Tolstoj scriveva: «La situazione di quelli che vi partecipavano e quella degli altri che assistevano al suo svolgersi ricordava da un lato, per i primi, i viaggiatori seduti in vagoni che viaggiano sul pendio di un ponte verso un precipizio, dall’altro, gli uomini che stanno come impotenti dinanzi all’imminente catastrofe». L’atteggiamento generale che vediamo oggi non è diverso.
É passato un anno dall´inizio della fase piú cruenta della guerra in Ucraina. Dopo 8 anni di guerra in Donbass, l´invasione delle truppe russe è la tragica conseguenza di una crisi politica iniziata fra il 2010 e 2014 e che – vista l’incapacità di trovare un compromesso politico od economico – ha visto degenerare in conflitto armato la rivalità fra Stati Uniti e Unione Europea da una parte e Russia dall’altra, per il controllo delle immense risorse naturali dell´Ucraina.
Non si tratta di una guerra fra Russia e Ucraina: è una guerra tra la NATO e la Russia sul territorio ucraino. Un conflitto preparato da molti anni, come ha detto il generale polacco Biniek dichiarando che le truppe di Kiev erano armate e istruite dalla Nato almeno dal 2014, dopo il golpe di Euromaidan. Da un anno centinaia di migliaia di giovani proletari russi e ucraini vengono mandati al macello per gli interessi economici delle rispettive oligarchie nazionali. Il conflitto per procura fra Stati Uniti e Russia che si sta svolgendo sulla loro pelle non ha nulla a che vedere con questioni ideali (il patriottismo secondo la propaganda russa o la libertá e la democrazia secondo quella occidentale) bensí con piú semplici e squallidi interessi materiali legati ai profitti economici delle parti in causa.
Da un anno siamo in guerra. Giornalisti, scrittori e intellettuali con l’elmetto in questo periodo si sono impegnati ad avvelenare il dibattito, inquinare i ragionamenti, stilare liste di proscrizione e calunnie contro i pacifisti e gli antimilitaristi, ed a legittimare il partito unico della guerra che – da destra a sinistra – ci sta portando verso un punto di non ritorno. Il circo mediatico in quest’ultimo anno ha cancellato il passato con l’obiettivo di riscrivere il presente, dipingendo l’invasione dell’Ucraina come la decisione improvvisa di un pazzo criminale sanguinario a cui si contrappongono i buoni democratici.
Poche settimane fa il segretario della NATO Stoltenberg ha affermato: «La guerra oggi è in Europa, domani forse in Asia». Una frase che indica nella Cina il prossimo obiettivo delle politiche guerrafondaie americane. Una frase che, unita alla recente provocazione a Taiwan, dimostra come la pace non sia una prospettiva gradita al governo statunitense.
Gli Stati Uniti hanno costruito il proprio potere economico sulla miseria di parti sempre piú ampie del pianeta, depredandone le risorse (Afghanistan, Iraq, Libia, Ucraina sono solo le guerre piú recenti ma si potrebbero citare anche i tentati colpi di stato in Bolivia e Venezuela) e scatenando guerre laddove gli interessi del capitale lo richiedevano. Putin agisce e ragiona nello stesso modo, cercando di difendere la sfera di influenza russa anche con la guerra, come ha fatto in Georgia nel 2008 oppure in Siria. Entrambi sono parte dello stesso problema.
La situazione attuale non sarebbe peró stata possibile senza la collaborazione della corrotta borghesia ucraina e del nazionalismo in affitto di Zelensky che ha la responsabilità di aver messo il territorio ucraino a disposizione dei piani di guerra della NATO. Gli oligarchi ucraini nell´ultimo decennio hanno svenduto a multinazionali dell´agroindustria americane, europee, cinesi e saudite, enormi porzioni della propria superficie coltivabile.
L’Ucraina post-sovietica, con i suoi 32 milioni di ettari arabili di ricco e fertile suolo nero (detto cernozëm), dispone dell’equivalente di un terzo di tutto il terreno agricolo esistente nell’Unione europea. Un bottino su cui il capitale occidentale aveva messo gli occhi da tempo. Inoltre il Donbass é una delle regioni dell´Ucraina piú ricche non solo di carbone, gas e petrolio, oltre che di ferro, manganese, titanio e uranio, ma è anche l’area dove si trovano le maggiori riserve in Europa di metalli e terre rare, che sono alla base dell’industria del futuro, perché utilizzati nell’industria hi-tech e nella cosiddetta green economy.
La guerra in Ucraina, per ciò che è e per il futuro che prepara, è una guerra contro i proletari ucraini, russi e di tutto il mondo. Mentre le industrie del complesso militare industriale (fra cui la bolzanina Iveco Defence Vehicles in affari con Ucraina e Stati Uniti) maturano osceni profitti e le spese militari statali aumentano in modo esponenziale, nei paesi coinvolti dal conflitto il livello di sfruttamento e repressione aumenta, il dissenso viene criminalizzato, annullato o limitato. I costi delle politiche di riarmo invece vengono come al solito scaricati sui lavoratori tagliando la spesa sanitaria, scolastica e sociale.
Finchè non ci sarà un rottura del fronte interno in Russia, Ucraina o nei paesi NATO, la distruzione dell’Ucraina e le sofferenze degli ucraini proseguiranno. Con ciò anche la possibilità di una terza guerra mondiale. Muoviamoci prima che sia troppo tardi. Disertiamo le loro guerre, organizziamoci, smascheriamo la propaganda e gli interessi di chi vuole l’escalation militare. Facciamo controinformazione, scioperiamo, agiamo!
CONTRO LA GUERRA E GLI INTERESSI ECONOMICI CHE LA PERMETTONO!!
NON UN SOLDO, NON UN UOMO PER LE LORO GUERRE!!
GUERRA ALLA GUERRA!!
Antimilitaristi bolzanini