Nelle ultime settimane in Trentino Alto-Adige è continuata la mobilitazione solidale con il popolo palestinese. Fra Trento e Bolzano ogni settimana manifestazioni, presidi e serate informative si sono moltiplicate.
Dopo un mese e mezzo di bombardamenti israeliani oltre 13 mila sono i morti civili accertati a Gaza, decine di migliaia i feriti e oltre un milione e mezzo i profughi. Cifre provvisorie e destinate ad aumentare.
Un’intensa campagna mediatica dei principali media borghesi internazionali e l’appoggio acritico di tutto l’Occidente sta consentendo all’Esercito israeliano di compiere terrificanti crimini di guerra contro i civili di Gaza, uccidendo inoltre – tutti i giorni – decine di palestinesi nella Cisgiordania occupata.
Nella campagna terroristica portata avanti dall’establishment israeliano risuonano parole d’ordine terrificanti che ricordano gli anni bui del Novecento. Un deputato israeliano è arrivato a proporre il lancio di una bomba atomica su Gaza, il Ministro della Difesa israeliano ha definito i palestinesi “animali” mentre il presidente Herzog ha affermato che a Gaza “non ci sono innocenti” legittimando di conseguenza i bombardamenti indiscriminati che l’aviazione sta compiendo su una delle popolazioni più povere e oppresse del pianeta, colpendo ospedali, campi profughi, ambulanze, civili in fuga.
Nonostante la campagna mediatica mistificatoria che vorrebbe dipingere Israele come vittima e legittimare di conseguenza la pulizia etnica in corso a Gaza, un’immensa mobilitazione solidale sta crescendo in tutto il mondo, da Occidente a Oriente. Anche in Trentino Alto Adige non è passata settimana senza che centinaia di persone siano scese in strada per rompere il silenzio complice di uno dei più efferati crimini di guerra dal 1945 in poi. Ancora troppo poco purtroppo ma certamente un segnale.
Da rilevare ancora una volta come il clima di criminalizzazione delle proteste costruito dalla politica e dai media borghesi trova uno specchio nell’operato della polizia politica che ha ripreso e fotografato in modo ossessivo i partecipanti alle varie manifestazioni.
Il 3 novembre a Trento gli antimilitaristi hanno organizzato un presidio di fronte alla sede della Fondazione Bruno Kessler, titolare di numerose relazioni con atenei e centri di ricerca israeliani.
Il 4 novembre a Bolzano, mentre in piazza Walther le autorità celebravano le forze armate, almeno 200 persone sono scese in strada in piazza Domenicani per denunciare le complicità dello Stato italiano nei massacri in corso, ricordando le collaborazioni militari fra esercito israeliano e italiano, nonché fra università e imprese dei due paesi. Dopo diversi interventi, da piazza Domenicani il corteo ha toccato piazza Erbe, piazza Municipio e si è concluso di piazza del Grano. A dimostrazione del vento repressivo e liberticida che soffia in Europa contro la libertà di pensiero e contro le mobilitazioni favore degli oppressi palestinesi la Questura di Bolzano aveva in un primo momento vietato lo svolgimento del corteo.
L’11 novembre un nuovo corteo è partito da via Museo per attraversare ancora una volta le vie del centro storico. Almeno 300 persone hanno riempito le strade del centro fino alla stazione dei treni per concludersi, dopo piazza municipio, in piazza del Grano.
Il 12 novembre, fuori dalle mura del carcere di Trento, un presidio solidale ha portato solidarietà ai detenuti e in particolare a Nasci, generoso compagno da tanti anni in prima linea nelle lotte a fianco degli sfruttati e che sta scontando una condanna legata alla militanza. La lotta palestinese è molto sentita dai detenuti di Spini.
Domenica 19 novembre una parte della comunità musulmana bolzanina ha lanciato un altro corteo che da ponte Talvera è arrivato di fronte al palazzo della Provincia. Alcune centinaia di persone (molti esponenti della comunità pakistana) hanno espresso la loro solidarietà al popolo di Gaza e della Palestina occupata.
Nel frattempo il 20 novembre gli studenti della facoltà di Sociologia di Trento hanno occupato l’Aula Kessler. Per rompere il silenzio sullo sterminio in corso a Gaza e denunciare le complicità dell’accademia trentina nel sistema di Apartheid israeliano. Al seguente link potete leggere un testo relativo alle collaborazioni fra Università di Trento e Israele, scritto e diffuso da alcuni studenti durante le manifestazioni a Trento.
Di seguito il testo del volantino distribuito durante le manifestazioni solidali con la popolazione palestinese del 4 e 11 novembre:
FERMIAMO IL GENOCIDIO DEL POPOLO PALESTINESE!
DALL’UCRAINA AL MEDIO ORIENTE CONTRO LE GUERRE DEI PADRONI!
Dal 7 ottobre l’aviazione israeliana sta bombardando giorno e notte la Striscia di Gaza, un lembo di terra di appena 360 kmq in cui vivono stipate 2,3 milioni di persone. Almeno 10.000 sono i gazawi morti civili accertati (la maggior parte bambini, minorenni, donne e anziani) e altre decine di migliaia fra feriti e dispersi. Oltre mezzo milione i profughi all’interno di un territorio poverissimo e senza alcuna possibilità di uscita a causa dell’assedio totale imposto da Israele dal 2007. Dall’inizio della carneficina il ministro della Difesa Gallant, dopo aver definito animali i palestinesi, ha imposto l’assedio totale, chiudendo i rifornimenti di acqua, cibo e carburante. La situazione sanitaria è al collasso, le migliaia di tonnellate di bombe che vengono sganciate su un territorio ormai estesamente ridotto in macerie (oltre 1 casa su 2 è distrutta o seriamente danneggiata) non risparmiano ospedali, campi profughi e infrastrutture civili.
All’interno di Israele nel dibattito pubblico ormai si parla apertamente di distruzione totale, punizione collettiva, sterminio, pulizia etnica della Striscia e documenti ufficiali ipotizzano l’espulsione dei palestinesi nel deserto del Sinai egiziano. Ogni forma di violenza usata nei confronti dei palestinesi è sdoganata, giustificata e accettata dalla quasi totalità dei media e dei politici occidentali, che cancellano, censurano e distorcono il passato per giustificare il massacro in corso senza avere disturbi di coscienza. Il terrorismo di Stato messo in atto da Netanyahu evidenzia ancora una volta gli ipocriti doppi e tripli standard adottati dalle democrazie nel condannare o meno stragi e violenze sui civili a seconda di chi sia l’autore. Così, nella neolingua del potere, infamie quali il bombardamento sistematico di chiese, moschee, ospedali, scuole, campi profughi come il taglio di acqua e cibo alla popolazione civile non sono crimini di guerra ma rientrano nel “diritto di Israele all’autodifesa”. Va da sé che per il nostro apparato propagandistico i palestinesi, così come in passato gli iracheni o gli afghani, non hanno alcun diritto a difendersi dall’occupante. Israele dimostra che Apartheid e genocidio sono compatibili con la democrazia.
Mentre a Gaza prosegue la soluzione finale della questione palestinese, nei territori occupati della Cisgiordania dal 7 ottobre i coloni e i soldati hanno assassinato oltre 150 palestinesi e ogni giorno commettono violenze e soprusi di ogni tipo. Migliaia sono i palestinesi arrestati e continui raid dell’Esercito distruggono case e strade. Una strage di bambini e civili senza precedenti si sta consumando in diretta televisiva con la complicità attiva dei principali partiti politici e giornali italiani che ripetono la propaganda richiesta dalla Casa bianca: dall’estrema destra di Fratelli d’Italia e Lega fino al Partito Democratico il sostegno al massacro è trasversale.
La guerra di annientamento condotta da Israele a Gaza e quella che si sta combattendo fra Stati Uniti (NATO) e Russia in Ucraina fanno parte di un generale scontro fra blocchi economici e militari contrapposti. Non a caso la retorica di Biden ha associato Hamas a Putin: la sua richiesta al Congresso di finanziare con altri 100 miliardi di dollari il prosieguo della guerra in Ucraina e il sostegno militare a Israele è legata al fatto che, come ha affermato lo stesso presidente, sono in gioco interessi vitali degli USA. Gli interessi del capitale americano da tempo stanno armando con miliardi di dollari di armi anche l’isola di Taiwan, in una prospettiva di scontro militare con la Cina.
Il clima di guerra in cui viviamo ha prodotto una forte stretta repressiva nei confronti del dissenso. In Francia, Germania e Inghilterra sono state vietate manifestazioni a sostegno della Palestina. A New York centinaia di ebrei americani contrari al massacro sono stati arrestati e anche all’interno di Israele le proteste sono represse. Ogni opinione solidale con i palestinesi viene distorta, calunniata ed emarginata. Ogni timido ragionamento che intenda contestualizzare il conflitto nella sua dimensione storica, ricordando decenni di brutale occupazione militare israeliana e il sistematico furto di terre palestinesi da parte dello Stato occupante, viene attaccato con estrema violenza. Così come accaduto per la guerra in Ucraina nel discorso pubblico il passato viene cancellato e ogni persona che non accetta tale falsificazione della realtà viene accusata di essere sostenitrice del nemico di turno.
Mobilitiamoci, non possiamo stare fermi. La guerra inizia da qui: negli stabilimenti industriali che producono armi e nelle banche che li finanziano, nelle università che collaborano con organismi militari e nei media che disumanizzano i palestinesi, fomentando e legittimando il massacro di civili.
Guerra alla guerra!
Solo una vasta mobilitazione dal basso può imporre la pace.
Fermiamo l’invio di armi all’Ucraina e blocchiamo gli accordi militari ed economici fra Italia e Israele
Il nemico è in casa nostra: si chiama NATO e industria bellica
Antimilitariste e antimilitaristi
Per contatti: santabarbarabz@canaglie.net
(Continua…)