[Bolzano] Manifesti antiabortisti a Bolzano. Di quale vita parlano?

Per le strade di Bolzano, in vista della 44a “Giornata nazionale della vita” promossa dalla Conferenza Episcopale Italiana (CEI), sono tornati ad apparire i manifesti del Movimento per la vita – Bewegung fuer das Leben, un’organizzazione presente capillarmente in tutto il mondo. Essa ha l’obiettivo di contrastare la legislazione emanata dopo lunghe e dure lotte delle femministe, che negli anni Settanta ha portato alla promulgazione della legge 194 ovvero la norma che ha reso possibile l’interruzione volontaria della gravidanza in strutture ospedaliere pubbliche, con tutte le garanzie del caso.

Manifesti antiabortisti alle fermate del bus di Bolzano. Foto presa da Salto.bz

La pagina del movimento “per la vita” sudtirolese

Se proviamo a guardare brevemente il sito oppure il giornale trimestrale edito dalla sezione sudtirolese del movimento si rimane colpiti da come la parola Vita ricorra in modo continuo, ossessivo: una cultura della vita, il prezzo della vita, il giorno della vita. Il giornale come poteva chiamarsi? Lebe, naturalmente.

I crociati della lotta contro l’aborto, i diritti delle persone LGBT, i difensori della famiglia tradizionale, ecc. grazie anche ai generosi finanziamenti della ripartizione 24 Famiglia e politiche sociali della Provincia di Bolzano, si sono autoproclamati difensori della vita.

Di quale vita?

Uno dei mantra ripetuti da questo movimento – legato a doppio filo con i settori più reazionari della Chiesa ed all’estrema destra internazionale – è la volontà di combattere la cosiddetta “cultura della morte”. Cosa sarebbe essa per tali bigotti? Parliamo forse delle continue guerre scatenate dal capitalismo in tutto il mondo? Parliamo dei campi di concentramento in Libia? Le stragi nel Mediterraneo e le morti alle nostre frontiere? Le stragi e le torture nelle carceri? Il commercio di armi ed il profitto di aziende come IVECO o Finmeccanica che guadagnano una percentuale sul sangue versato?

No. Il movimento “per la vita” associa il diritto all’aborto oppure la legge sull’eutanasia assistita ad una “cultura della morte” promossa da mobilitazioni sociali che secondo loro si batterebbero per il “diritto di morire”. Ma basta sfogliare la rivista Lebe per ritrovare, al di là delle immagini celestiali di famiglie felici e bambini sorridenti, citazioni e articoli melliflui, retorici, arroganti e privi di ogni sostanza, che hanno l’unico obiettivo di distruggere le conquiste dei movimenti sociali e politici che negli anni Settanta hanno tentato di mettere in discussione la struttura patriarcale della società in cui viviamo e il suo portato storico, senza riuscirci a fondo fra l’altro. E’ sempre utile ricordare come, sebbene sia legale, in Alto Adige l’aborto sia reso particolarmente difficile viste le percentuali record di obiettori di coscienza fra il personale sanitario, la più alta a livello nazionale

Per immaginare il mondo che i cosiddetti pro-life vorrebbero imporci non serve particolare fantasia, basta un po’ di memoria storica o meglio, prendersi la briga di sfogliare i giornali di alcuni decenni fa, quando le rubriche giornalistiche legate alla cronaca giudiziaria riportavano spesso di processi in cui le donne alla sbarra erano le mammane (spesso le levatrici del paese o medici più comprensivi) oppure le donne che avevano richiesto loro di interrompere una gravidanza indesiderata. Un’operazione delicata e pericolosa che avveniva nella completa clandestinità; non era affatto infrequente leggere di donne decedute per dissanguamento. Rileggere alcuni articoli di queste donne delinquenti è utile, per rinfrescare la memoria, per ricordare che nessuna conquista sociale e politica è definitiva e quelli del Bewegung für das Leben lo hanno capito da tempo. Sovvenzionati da imprenditori e istituzioni pubbliche, a Bolzano, in Italia come nel resto d’Europa e del mondo si diffonde la creazione di cimiteri per feti, di fronte agli ospedali vengono fatte veglie e preghiere per i “bambini mai nati”. Un’attività continua che in molti paesi inizia a produrre effetti reali: negli Stati Uniti come in Polonia infatti il diritto all’aborto è messo seriamente in discussione e in molti luoghi completamente compromesso. In Italia i loro referenti politici principali sono Fratelli d’Italia o la Lega di Salvini che utilizzano il tema della famiglia come una clava contro le minoranze sessuali. Durante il Governo gialloverde, la presenza del ministro per la famiglia Lorenzo Fontana è stato l’emblema della commistione fra movimenti pro-life, neofascisti, leghismo e cattolicesimo reazionario, e del peso che tale ributtante miscela ha nella destra di oggi. 

Tiroler Volksblatt 1914 Due donne condannate per “induzione” all’aborto.

Bozner Zeitung 1916. A Bolzano, su richiesta della pretura di Caldaro, ha arrestato due donne per aver violato la legge sull’aborto

Cronache ordinarie durante il fascismo in Sudtirolo, come nel resto del mondo

La Provincia di Bolzano, 27 aprile 1937

La provincia di Bolzano. Settembre 1938

La Provincia di Bolzano, 10 novembre 1938

Un articolo di un giornale austriaco pubblicato in epoca nazista

Pena di morte per aborto

Tiroler Volksblatt, gennaio 1944

 

Anche negli anni del secondo dopoguerra nelle cronache giudiziarie è possibile leggere la lista degli imputati dei processi e ancora negli anni 50 sul Dolomiten si potevano leggere i nomi di alcune donne e a fianco il loro capo di imputazione: Abtreibung. Un passato sempre più vicino.

Sono solo alcuni articoli per ricordare – e fare ricordare – alcune banalità di base che evidentemente occorre continuamente ripetere. 

Rinfrescare la memoria, trasformarla in un’arma per riprendere l’offensiva nelle lotte. La violenza contro le donne continua ad essere una tragica realtà ed essa avviene su più livelli; l’attacco alla libertà delle donne di scegliere se interrompere o meno una gravidanza che puo essere per mille motivi indesiderata, è uno di questi. 

 

 

 

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