Nei giorni precedenti alla pubblicazione di queste righe sui principali giornali mainstream italiani si sono letti articoli che, in seguito all’appello lanciato da manager del settore informatico riportavano titoli apocalittici: Intelligenza artificiale come pandemia e guerra nucleare. Gli stessi ricercatori che hanno permesso lo sviluppo dell’Intelligenza artificiale (IA), fra cui l’amministratore di OpenAI Sam Altman, hanno firmato una lettera aperta in cui si afferma che l’IA «Pone una minaccia esistenziale all’umanità e dovrebbe essere considerata un rischio sociale come le pandemie e le guerre nucleari». Nella stessa lettera i firmatari si rivolgono a chi detiene il potere politico per esortarlo a mettere fra le proprie priorità la necessità di «mitigare il rischio di estinzione posto dall’intelligenza artificiale».
Una lettera del genere – nella sua follia – è indicativa dei tempi in cui viviamo e ricorda ciò che scriveva Karl Marx a proposito della borghesia, paragonata ad un apprendista stregone incapace di domare le potenze oscure da lui stesso evocate.
Dopo due anni di pandemia – con annessa criminalizzazione del dissenso e gestione emergenziale – e relativa comunicazione bellica siamo passati, dal 24 febbraio 2022, alla guerra vera e propria, combattuta per ora sulla pelle della popolazione ucraina e dei soldati ucraini e russi, costretti a combattere e morire per gli interessi delle rispettive oligarchie. Una guerra di cui non si vede fine e che l’apparato propagandistico legato alla NATO intende portare avanti “fino all’ultimo ucraino”.
Non serviva certo arrivare ai rischi connessi allo sviluppo dell’IA; la corsa verso il disastro prodotta dalla sete di profitto del grande capitale è già ampiamente avviata dallo sfruttamento intensivo della natura, dal moltiplicarsi di guerre che – dall’Ucraina al Sudan, dalla Siria alla Palestina – incendiano il mondo, dalla criminalizzazione del dissenso sempre meno tollerato da media e detentori del potere politico.
Una corsa che continua, anno dopo anno e che, in particolare nelle ricorrenze ufficiali come 4 novembre e 2 giugno, ne celebra la continuazione. Anche quest’anno la Festa della Repubblica, a Bolzano come nel resto d’Italia, è stata segnata dalla solita presenza in piazza delle forze armate e dalla retorica delle autorità, impregnate di sterili frasi preconfezionate il cui compito è salvaguardare gli interessi di chi ci sta portando verso un conflitto armato di proporzioni sempre più ampie, imponendo ai proletari condizioni di vita sempre peggiori, con continui tagli a sanità, Welfare e istruzione.
Soltanto il giorno dopo, dalle pagine dei giornali, è emerso come uno studente 16enne di un liceo cittadino si sia rifiutato di leggere il proprio discorso, pesantemente censurato e stravolto dalla Ripartizione pedagogica della Provincia. Un chiaro esempio di pedagogia istituzionale.
Nonostante l’impressionante campagna militarista e propagandistica messa in atto da Governo e media mainstream nell’ultimo anno e mezzo, la maggioranza della popolazione resta contraria all’invio di armi così come alle politiche che nella realtà stanno alimentando un conflitto in cui, al netto della propaganda, l’unico dato reale è la devastazione di un Paese e la morte di decine di migliaia di uomini, donne e bambini.
Nonostante le costanti calunnie, censure e false informazioni alimentate dalla propaganda militarista e guerrafondaia contro pacifisti e antimilitaristi la mobilitazione contro la guerra continua, a Bolzano così come in centinaia di altre città.
Dalle ore 10 in piazza Domenicani, un centinaio di persone hanno partecipato alla manifestazione organizzata dall’Assemblea antimilitarista bolzanina.
Dopo una buona mezzora di interventi al megafono (il cui eco giungeva anche nella piazza in cui si svolgevano le celebrazioni istituzionali) ascoltati con interesse dai passanti è partito un corteo che ha attraversato le vie del centro storico. Lo striscione che ha aperto il corteo riportava la stessa scritta presente su quello che alcuni antimilitaristi avevano provato a srotolare in piazza Walther durante le cerimonie militari del 4 novembre scorso e perciò denunciati per vilipendio della Repubblica e delle Forze armate. Una frase semplice che riassume un concetto altrettanto semplice: La pace non si fa con gli Eserciti.
Dopo una sosta in piazza Erbe la manifestazione è proseguita verso piazza del Grano (a pochi passi dalla piazza delle celebrazioni) dove il corteo si è concluso e in cui sono ripresi interventi e slogan contro la guerra e tutto ciò che la permette.
Una bella giornata di lotta, che ha saputo riempire di contenuti una celebrazione altrimenti ridotta a sfilata delle forze armate ed esaltazione del militarismo. In un momento storico in cui la guerra fa parte della nostra realtà non si può lasciare lavorare in pace chi ci lucra sopra e chi, su giornali e televisioni, la giustifica. Di seguito il testo del volantino distribuito in centinaia di copie durante la manifestazione, che riassume una parte dei contenuti espressi e condivisi dall’Assemblea.
2 Giugno: Una Repubblica fondata sulla guerra?
Il 2 giugno lo Stato italiano celebra la Festa della Repubblica con parate, esposizioni di armi e altri strumenti di guerra. Ogni anno anche a Bolzano in piazza Walther le varie forze armate nei loro stand offrono ad adulti e bambini la possibilità di salire su veicoli militari e familiarizzare con le armi.
Una celebrazione dell’apparato militare-industriale e dell’Esercito italiano, da 30 anni impegnato in decine di missioni militari all’estero, ovunque gli interessi del capitale lo richiedano. Almeno 1500 soldati italiani si trovano oggi al confine con l’Ucraina, pronti a intervenire contro la Russia.
È passato oltre un anno dall’inizio della fase più cruenta della guerra in Ucraina. Non si tratta di una guerra fra Russia e Ucraina: è una guerra tra la NATO e la Russia sul territorio ucraino. Un conflitto preparato da molti anni: le truppe di Kiev erano armate e istruite dalla Nato almeno dal 2014, dopo il golpe di Euromaidan. Dopo 8 anni di guerra in Donbass, l’invasione russa è la tragica conseguenza di una crisi iniziata prima del 2014 e che ha visto degenerare in conflitto armato la rivalità fra blocco occidentale e Russia per il controllo delle immense risorse naturali dell’Ucraina (nel Donbass si trovano fra l’altro le maggiori riserve europee di metalli rari, che sono alla base dell’industria hi-tech e della cosiddetta green economy).
La guerra in Ucraina, per ciò che è e per il futuro che prepara, è una guerra contro i proletari ucraini, russi e di tutto il mondo. Mentre le industrie del complesso militare-industriale (fra cui la bolzanina Iveco) maturano osceni profitti e le spese militari aumentano in modo esponenziale, i folli costi delle politiche guerrafondaie di riarmo vengono come al solito scaricati sui lavoratori tagliando laspesa sanitaria, scolastica e sociale e intensificando lo sfruttamento, mentre lo stato di emergenza spinge a militarizzare la società, inasprendo la repressione e restringendo gli spazi di dissenso, sempre più criminalizzato e marginalizzato.
Giornalisti e intellettuali con l’elmetto sono arruolati a tempo pieno – ora anche nel Comitato per la cultura della Difesa istituito dal ministro Crosetto – con l’incarico di diffondere false informazioni, avvelenare il dibattito, inquinare i ragionamenti, stilare liste di proscrizione e calunnie contro i pacifisti e gli antimilitaristi, e legittimare il partito unico della guerra che – da Fratelli d’Italia al Partito Democratico – ci sta portando verso un punto di non ritorno.
La guerra inizia qui. Mentre il governo Meloni, in perfetta continuità con quello Draghi, obbedisce ai diktat degli USA inviando navi militari al largo della Cina – principale obiettivo delle politiche guerrafondaie americane – sul fronte interno il territorio italiano, come quello di altri paesi europei, è diventato di fatto una retrovia del fronte ucraino. In Italia vengono addestrati soldati ucraini, dalla base NATO di Sigonella in Sicilia partono droni di supporto ad azioni militari in Ucraina, la Sardegna con i suoi poligoni e le sue basi – italiane e USA – è trasformata in un’area di esercitazioni belliche, così come le montagne del Sudtirolo, dove lo scorso marzo si è svolta un’esercitazione cui hanno partecipato, oltre ad alpini e aeronautica, soldati francesi e statunitensi.
Solo una vasta mobilitazione dal basso può imporre la pace, a partire dallo stop all’invio di armi sempre più micidiali. Finché non ci sarà una rottura del fronte interno in Russia, Ucraina o nei paesi Nato, la guerra continuerà. Con ciò anche la possibilità di un terzo conflitto mondiale, verso cui ci stanno trascinando. Muoviamoci prima che sia troppo tardi. Smascheriamo la propaganda e gli sporchi interessi di chi vuole che la guerra continui.
Solidarietà ai disertori di entrambi i fronti!
Il nemico è alle spalle, in casa nostra!
Organizziamoci contro le guerre degli stati e dei padroni!
Disertiamo la loro guerra!
Assemblea antimilitarista bolzanina
Per contatti: bzantimilitarista@inventati.org