Sabato 17 giugno nel pomeriggio, sui prati del Talvera di fronte al carcere di Bolzano, un gruppo di solidali ha espresso la propria vicinanza e la propria solidarietà ai detenuti della struttura di via Dante. Interventi al megafono e musica per far ricordare loro che fuori da quelle mura c’è chi non dimentica che una parte di umanità – spesso la più povera e priva di documenti “giusti” – è costretta a passare lunghi periodi della propria vita priva della libertà. Una presenza solidale per spezzare l’isolamento in cui una parte di umanità è costretta a vivere, o meglio, sopravvivere.
I detenuti hanno risposto con calore all’iniziativa, salutando ed esponendo fogli con ringraziamenti. Rompere l’isolamento è possibile. Il carcere non è la soluzione.
Di seguito il testo che accompagnava l’iniziativa:
Non lasciamo soli i detenuti del carcere di Bolzano
Mentre le condizioni nella fatiscente struttura di Via Dante sono sempre più insostenibili, e d’altra parte sappiamo che un nuovo carcere significherebbe solo più isolamento e controllo, la Provincia, su richiesta di Questura e Commissariato del Governo, erige una grottesca recinzione sul prato antistante le mura, che dichiaratamente dovrebbe inserirsi in una «strategia di contrasto all’universo anarchico dopo le prime offensive contro il 41 bis», per ostacolare iniziative solidali con i detenuti.
La lotta dell’anarchico Alfredo Cospito, che ha messo in gioco la propria vita in sei mesi di sciopero della fame, e la mobilitazione che l’ha accompagnata hanno squarciato come mai prima d’ora era accaduto il silenzio sul regime di annientamento del 41 bis e sull’ergastolo ostativo, mentre lo Stato si assumeva la responsabilità di condannare Alfredo a morte.
Lunedì 19 giugno a Torino è prevista l’udienza per la determinazione delle pene per Alfredo e Anna Beniamino – condannati per una strage senza strage attribuita senza prove – dopo che la Corte Costituzionale ha aperto alla possibilità di applicazione di attenuanti che gli eviterebbero l’ergastolo.
Nel frattempo un altro detenuto in 41 bis, Domenico Porcelli, è in sciopero della fame dal 28 febbraio, mentre si apprende che negli scorsi mesi altri due detenuti sono stati lasciati morire in sciopero della fame nel carcere di Augusta. Sono almeno 58 i morti in carcere dall’inizio dell’anno, di cui gran parte suicidi o per cause «da accertare», come Oskar Kozlowski, morto proprio nel carcere di Bolzano lo scorso anno.
Uno Stato in guerra ha bisogno di pace sociale al proprio interno. Il 41 bis e l’ergastolo ostativo sono le punte estreme di un sistema repressivo che si fa ogni giorno più feroce a tutti i livelli, dalle discariche per esclusi come il carcere di Via Dante ai lager per senza documenti ai giri di vite contro chiunque alzi la testa. Lotte coraggiose come le rivolte dei reclusi che negli scorsi mesi hanno portato – di nuovo – alla chiusura del CPR di Torino ci insegnano però che incrinarlo è possibile.