I partigiani fucilati l’8 luglio 1944 a Bolzano. Una storia di Resistenza

Sul muro di un porticato del cimitero di Oltrisarco sono presenti tre lapidi che ricordano tre partigiani veneti fucilati a Bolzano l’8 luglio 1944. Una storia di Resistenza poco conosciuta che è doveroso ricordare. Perchè senza memoria non c’è futuro.

Lapide presente nel cimitero di Oltrisarco a Bolzano

Lapide presente nel cimitero di Oltrisarco a Bolzano

Lapide presente nel cimitero di Oltrisarco a Bolzano

Il diciottenne di Poleo (VI) Luigi Organo Vicchi e il 21enne di Santorso (VI) Luigi Dal Santo Baracca vennero catturati il 20 maggio precedente sull’Altopiano dei Sette Comuni durante il rastrellamento di Porta Manazzo che portò alla morte del partigiano Ferruccio Bergozza Speranza. Leo De Biasi invece fu catturato nel bellunese. Dopo l’arresto furono internati nel carcere di via Dante, a Bolzano. Qui vennero processati dal Tribunale speciale dell’Alpenvorland, che aveva sede a Villa Brigl in via Armando Diaz, e condannati a morte. Va ricordato che dopo l’8 settembre 1943 le province di Bolzano, Trento e Belluno entrarono a far parte della zona d’operazione delle Prealpi, sottoposta alla diretta amministrazione statale tedesca e di fatto sottratta al controllo della Repubblica di Salò.

Documento riportato da Gerald Steinacher nel suo articolo “richiedono il massimo della pena. Il Tribunale speciale per la zona d’operazione delle Prealpi 1943-1945”

Detenuti nel carcere di Bolzano, il sacerdote Don Giuseppe Nicolli riferì che Vicchi morì gridando “Viva l’Italia e viva i Partigiani!”.

Dal libro: “Aspetti e Problemi della Resistenza in Trentino Alto Adige”

Lo storico Gerald Steinacher in un suo articolo ha ricostruito il funzionamento del Tribunale speciale dell’Alpenvorland. Egli riportava come: “Qualora la domanda di grazia, ovvero il procedimento di revisione, veniva respinta, le sentenze di morte del Tribunale speciale venivano eseguite rapidamente con la fucilazione – più raramente con l’impiccagione. Le esecuzioni erano pubbliche a Belluno – meno nel Trentino. Nel territorio della provincia di Bolzano, invece, queste awenivano in luoghi nascosti come per esempio in caserme o cave, senza clamore”.

Si trattava di agire secondo criteri di opportunità politica, infatti:

“Il regime nazista nel Sudtirolo non voleva evidentemente turbare l’immagine di liberazione nazionale con cui si era presentata l’occupazione. Il motivo della diversità nelle forme di esecuzione però potrebbe essere ricercato nella lotta antipartigiana. In territori partigiani come nel Bellunese essa doveva avere un significato di drastico ammonimento. Il regime nazista tenne nascosto per la maggior parte dei casi in provincia di Bolzano non solo le esecuzioni, ma anche le condanne a morte. I casi pubblicati in provincia riguardavano partigiani italiani e casi di omicidio sensazionali. Su queste tematiche e sulla tipologia delle persone interessate la leadership nazista credeva di avere dalla sua parte l’opinione pubblica dei sudtirolesi.”

Prima di affrontare il plotone di esecuzione Luigi Dal Santo scrisse questa lettera alla famiglia:

Cara Mamma e fratelli, Vi faccio il mio ultimo augurio, state sempre allegri e non piangete perché io sono morto contento perché sono in grazia di Dio e per la mia idea. Ciò ancora due ore di vita e mi (…) davanti a tre sacerdoti e già (…) che faccio la comunione e (…) di tutto. Ringrazio di tutto il bene che mi (…) fatto dal mio primo giorno di vita (…) e ora chiedo perdono a tutti se avessi offeso qualcuno. Muoio tranquillo perché tra pochi momenti andrò a vedere Gesù e mio Papà. Mamma non piangere perché io pregherò per te in cielo. Mamma addio. Cara sorella un augurio anche per te, tu spero intercedi per me presso la Madonna, arrivederci a lassù. (…) fratello un ultimo pensiero anche (…) pensa a Mamma e prega per me. Addio in paradiso. Gesù benedica e faccia ritrovare ben preso la pace. Luigi Dal Santo”.

Foto di Luigi Dal Santo, dal profilo Facebook dello storico di Schio Ugo de Grandis

Foto presa dal profilo Facebook dello storico di Schio Ugo de Grandis

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