[G8 di Genova] Da Bolzano a Genova. Un ricordo del 21 Luglio 2001

Ripercorrere i mesi precedenti al G8 di Genova e tirare fuori dalla polvere di un cassetto le foto che scattai allora con la mia macchina fotografica usa e getta, significa ricostruire i passi che mi hanno avvicinato agli ideali di libertà, giustizia sociale e uguaglianza.

Nell’estate 2001 erano mesi che aspettavo di andare a Genova alle manifestazioni contro il G8, da un pò di tempo avevo iniziato ad appassionarmi di politica; avevo letto Stato e anarchia di Bakunin, alcuni testi base di Errico Malatesta e Il manifesto del partito comunista di Karl Marx. Che Guevara rappresentava per me più di una maglietta o un marchio spesso ridotto a pubblicità, esso era un esempio da seguire e mi ero divorato tutti i suoi scritti; da Latinoamericana al Diario del Che in Bolivia oppure la biografia che Paco Taibo Ignacio II aveva scritto su di lui Senza perdere la tenerezza. In particolare una sua frase nel tempo ho fatto mia: “Siate sempre capaci di sentire nel più profondo qualsiasi ingiustizia commessa contro chiunque in qualunque parte del mondo. È la qualità più bella di un rivoluzionario”. In una città sterile e arida come Bolzano non esisteva nessuna realtà antagonista o spazio autogestito per cui io come gli altri amici della compagnia ci avvicinammo agli ideali anarchici e/o comunisti da autodidatti, in particolare grazie alla musica, al Punk, che fu fondamentale nel prendere familiarità con temi fondamentali come l’antimilitarismo, l’antirazzismo, l’ambientalismo e la critica del capitalismo. Circa un anno prima di Genova a Parco Europa a Bolzano avevano suonato i 99 Posse le cui canzoni come Rigurgito Antifascista, Curre Curre Guagliò oppure Odio costituivano -insieme a Rage against the Machine, Punkreas o Manu Chao – la colonna sonora di moltissimi giovani e giovanissimi compagni che si erano avvicinati al cosiddetto movimento dei movimenti. Si andava a Bologna ai concerti Punk ed a festival come l’Independence day. Negli istituti superiori cittadini così come nel resto d’Italia si contestava la Riforma Moratti e da tempo si facevano manifestazioni e si tentavano occupazioni; con il nostro gruppetto ci si dava da fare, ovviamente lontani da partiti e da tutto ciò che poteva essere istituzionale, della necessità di mantenere un’autonomia di pensiero e movimento eravamo già sicuri. Alcuni garage di viale Europa erano stati trasformati in luoghi di ritrovo autogestiti in cui iniziavano a formarsi gruppi Punk e Rock. I giorni di Genova gli aspettavamo con una certa ansia, Internet era ancora cosa per pochi e ci si aggiornava leggendo Il Manifesto, il sito di controinformazione Indymedia e se si capitava a Bologna si recuperavano giornaletti e testi di movimento altrimenti irreperibili in Alto Adige. C’era la sensazione che ci fosse un movimento di lotta al capitalismo di un certo spessore e nella mia ingenuità di allora non comprendevo le profonde fratture politiche fra realtà politiche e e militanti fra loro inconciliabili. Ad ogni modo, a maggior ragione dopo la repressione di Praga, Goteborg e infine Napoli, bisognava esserci. Non ricordo in che modo presi contatto con un certo Bachmann, della Cgil di Bolzano, che tempestai di telefonate per settimane per ricordargli che nel suo pullmino saremmo venuti anche noi, tre ragazzini di manco 17 anni.

La sera del 20 luglio assistemmo impietriti ai Tg che riportavano le immagini dell’assassinio di Carlo Giuliani in piazza Alimonda, la cui ovvia conseguenza furono le pressioni famigliari per non farci partire. Ma a tal punto niente poteva fermarci e forse sentivamo ancora più forte l’esigenza di esserci, di non lasciarci intimorire, anche se ciò che stava accadendo era evidentemente più grande di noi. Partimmo di notte, penso intorno alle 4-5, da via Gutenberg ed arrivammo in una Genova blindata, in assetto da guerra. Celerini dappertutto ma noi con il nostro Westfalia passammo lisci senza problemi. Camminammo un pò per le strade di Genova, passammo allo stadio Carlini, stadio in cui stavano le cosiddette Tute bianche, ricordo che cercai di comprare una copia del Manifesto ma non si trovava da nessuna parte poiché era esaurito dappertutto, ricordo la bella sensazione di vedere altre centinaia/migliaia di persone con magliette del Che o il Subcomandante Marcos.

Stadio Carlini. Luogo di riferimento delle cosiddette Tute bianche poi Disobbedienti.

Per chi come me veniva da Bolzano ed era già abituato a sentire addosso gli sguardi – e non solo – minacciosi dei nazi alla vista del Che sulla T-shirt, era davvero una sensazione potente sentirsi una goccia di un mare solidale così grande. Arrivammo al concentramento del corteo internazionale, l’aria era tesissima e il rumore degli elicotteri della polizia ci avrebbe accompagnato per tutta la giornata, scritte sui muri promettevano vendetta per Carlo, ricordo la scritta “Noi con le mani voi con le pistole”.

I Muri di Genova il 21 luglio 2021

Partenza del Corteo. 21 Luglio 2001

Partenza del Corteo. 21 Luglio 2001.

Ricordo espropri di supermercati. Non avevamo nessuna esperienza di cortei del genere per cui ci muovemmo in modo molto istintivo finendo ovviamente nelle parti più calde della manifestazione. Arrivati sul Lungomare iniziarono a piovere lacrimogeni, lanciati anche agli elicotteri, e tentavamo di tamponare il loro effetto con dei limoni che ci eravamo portati da casa e che io spremevo sulla mia Kefiah sperando che filtrasse il velenoso gas tossico CS. Ricordo che nella mia ingenuità chiesi a un compagno con il viso stravolto dai gas come stava andando la lotta “in prima linea” e mi rispose: “Si resiste”. A un certo punto una pioggia di decine di candelotti lacrimogeni rese l’aria del tutto irrespirabile, non si vedeva nulla e la folla in fuga rischiava di schiacciarci.

Polizia dappertutto. In ogni strada laterale. Genova 21 Luglio 2001

Celere sulla cima della collina. Genova 21 luglio 2001

Ci bloccammo al lato della strada, impossibilitati a muoverci e dalla nube bianca sbucarono i celerini che iniziarono a bastonare a sangue tutti coloro che capitavano a tiro: ragazzi, anziani, donne con le mani alzate. Visto l’andazzo che ci avrebbe inevitabilmente raggiunto non so come riuscimmo a saltare oltre una cancellata altissima che stava dietro di noi ed arrivammo sugli scogli dove aspettammo che la situazione si calmasse. Ritornati sul lungomare la situazione appariva allucinante: feriti svenuti in laghi di sangue, poliziotti che grugnivano minacce.

Riuscimmo ad allontanarci e poco dopo nei vicoli di Genova iniziò una caccia all’uomo con le camionette della polizia che rastrellavano i manifestanti nei vicoli. Chi cercava di entrare nei portoni delle case, alcuni aprivano, altri no. Io, che nel frattempo ero rimasto solo, mi nascosi con un altro gruppo di manifestanti in un androne sperando che ci andasse bene. Le camionette arrivarono, noi uscimmo con le mani alzate e al di là di alcune manganellate uscimmo tutto sommato con pochi lividi e cioè indenni rispetto a ciò che avrebbe potuto accaderci. Piano piano, passando per le strade più remote tornammo non so come verso il furgone e durante il viaggio di ritorno sentivamo alla radio le notizie dell’irruzione della polizia alla Diaz. Il viaggio fu contraddistinto da un continuo scambiarsi di opinioni ed esperienze, consapevoli che eravamo usciti da una situazione difficile di cui ancora i risvolti più allucinanti come le torture operate dalla polizia alla caserma di Bolzaneto ci erano ancora sconosciute. I giorni seguenti furono contraddistinti dalla miseria delle polemiche politiche e Carlo Giuliani, in un primo momento rinnegato e calunniato da tutti, Vittorio Agnoletto e Luca Casarini delle tute bianche in primis, al momento opportuno venne recuperato politicamente come martire del movimento. Ricordo in piazza Mazzini un presidio dopo Genova, credo organizzato dall’embrione di un possibile “Bolzano social forum” in cui i partecipanti intervenivano con le proprie valutazioni della giornata. Un partecipante – tornato da Genova – disse che la prossima volta si sarebbe recato alla manifestazione con casco e protezioni: venne sommerso di fischi da alcuni cosiddetti pacifisti che leggevano nella sua volontà di proteggersi dalle manganellate della polizia un intento bellicoso. Marco, amico e compagno con cui ho condiviso tale giornata, insieme al gruppo Punk Dafne, scrisse la canzone 16 anni, dedicata alle giornate di lotta genovesi viste con i suoi occhi di 16enne.

Pochi mesi dopo i fatti del G8 di Genova ci fu l’11 settembre ed il seguente lavaggio del cervello di massa sul terrorismo islamico che portò alla politica della guerra permanente con l’Italia in prima linea; due anni dopo l’invasione dell’Irak, operazione costruita su una propaganda di menzogne spudorate, costituì l’apice delle criminali politiche occidentali in Medio Oriente. Dopo aver bastonato a sangue e intimidito chi lottava contro neoliberismo e capitalismo, con l’emergenza “fondamentalismo islamico” l’odio sociale e le paranoie collettive vennero indirizzate dal potere verso musulmani e in generale, immigrati. Un’operazione di propaganda sanguinosa che ha saputo deviare le tensioni sociali verso una strisciante guerra fra poveri in cui il nemico viene individuato in chi sta peggio e non in chi sfrutta, arricchisce sulla pelle dei poveri.

Molti raccontano come dopo Genova non siano più andati in piazza; per me è stato l’esatto contrario. E’ stata una giornata che ha fatto capire molte cose e ancora oggi non finisce di insegnarne. Possono essere le manganellate o le torture in caserma o nelle carceri così come le inchieste giudiziarie contro operai, sindacalisti o militanti antagonisti, ma non ci si può più stupire che lo Stato mostri il suo volto più feroce di fronte a chi combatte, senza sceneggiate o rappresentazioni teatrali, i responsabili di un sistema che affama, devasta e saccheggia. E’ poco consolatorio dire che avevamo ragione su tutti i fronti se ancora oggi c’è chi – come Vincenzo Vecchi, Luca Finotti e Jimmy Puglisi – paga con la libertà la propria partecipazione a quei giorni di lotta. Genova è stata un punto di svolta anche dal punto di visto repressivo; per la prima volta dopo decenni la magistratura rispolverò il reato di devastazione e saccheggio” che permise all’accusa di infliggere pene spropositate ad alcuni partecipanti al corteo come uelli appena citati, che pagarono per tutti. Da allora tale reato è stato usato dagli agenti della repressione in modo sempre più disinvolto e spregiudicato come nel caso della manifestazione contro le frontiere al Brennero del maggio 2016 in cui, per una manifestazione, i titolari dell’accusa della Procura bolzanina chiesero oltre 340 anni di carcere per 63 compagni/e a fronte di nemmeno 8000 euro di danni.

I giornalisti democratici oppure esponenti della società civile parlano dei giorni di Genova come il “più grave caso di sospensione dei diritti in Europa nel dopoguerra” ma l’operato della polizia e dei Carabinieri alla Diaz e Bolzaneto attinge invece perfettamente ad una cassetta degli attrezzi che – da Piazza Fontana alla Strage di Bologna – le istituzioni italiane hanno usato per reprimere ogni forma di lotta sociale e conflittualità di classe. Ed infatti i responsabili di tali crimini sono stati sistematicamente promossi e hanno fatto carriera giungendo ai vertici delle forze dell’ordine italiane o all’interno di aziende statali come Finmeccanica (vedi il capo della polizia De Gennaro). Gli unici a pagare con lunghe pene detentive per danneggiamenti ca va sans dire sono stati i compagni e le compagne. 

Enzo

Per approfondimenti si consigliano i seguenti siti:

Per sostenere Vincenzo Vecchi ecco il sito a cui fare riferimento

Il sito Indymedia, nuovamente online in occasione dei 20 anni dal G8 di Genova

Il ricordo del G8 di Genova di Luca Finotti, uno dei compagni condannati per le manifestazioni e ancora in carcere a Cremona.

Radio Tandem 20 anni dai fatti di Genova. Ricordi e testimonianze di manifestanti bolzanini presenti a Genova

Radio Onda Rossa Intervista ad Elena Giuliani

Radio Onda Rossa Genova 2001-2021

Genova 2001: un momento in cui non si poteva non esserci (video)

Genova 2001. Spunti per la riflessione

Qualcuno/a in Parlamento, qualcuno/a in galera – Lettera di Marina da Zapruder #54

Supporto legale 

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[TAV-BBT] Chi sarebbero i devastatori e i saccheggiatori?

In una lettera pubblicata sul giornale Alto Adige del 17 giugno 2006 a pagina 8, l’allora amministratore delegato della società BBT-SE affermava come il tunnel ferroviario del Brennero, altresì noto come Eurotunnel/BrennerBasisTunnel, sarebbe stato pronto nel 2016.

Erano anni in cui la lotta contro il Treno ad alta Velocità in Val Susa si stava affermando in modo sempre più deciso ed una generale consapevolezza circa l’inutilità delle cosiddette “grandi opere” andava diffondendosi. Manifestazioni oceaniche sfociarono in dure battaglie con i reparti celere di polizia e Carabinieri ed andarono a costituire le basi “mitologiche” del movimento come la celebre battaglia del Seghino avvenuta il 31 ottobre 2005.

Nello stesso periodo anche in Trentino-Alto Adige iniziò a svilupparsi l’opposizione ad un progetto altrettanto devastante: il Tunnel di Base del Brennero e opere correlate. Il 10 marzo 2007, nonostante il tentativo di criminalizzazione preventiva operato dai mass media locali (rischio infiltrazioni terroristiche, rischio disordini, ecc. ecc.) furono oltre mille i partecipanti alla manifestazione contro il Tunnel di Base del Brennero che partì da Piazza Mazzini per arrivare in centro storico dove nella sala di Rappresentanza del Comune in vicolo Gumer si tenne un’affollatissima assemblea in cui le varie realtà nazionali attive contro nocività, guerre e progetti di devastazione ambientale. Aspetto memorabile della manifestazione fu la partecipazione dei valsusini, la cui solidarietà e calore venne ben rappresentata dall’arrivo di 4 pullman pieni. Ciò che appariva evidente fin da subito fu, oltre l’inutilità del lavoro, che non avrebbe risolto il problema del traffico stradale, l’aspetto di devastazione ambientale e i costi insostenibili da un punto di vista economico.

10 marzo 2007. Foto dal corteo No-tavKein BBT a Bolzano

10 marzo 2007. Foto dal corteo No-tavKein BBT a Bolzano

10 marzo 2007. Foto dal corteo No-tavKein BBT a Bolzano

10 marzo 2007. Foto dal corteo No-tavKein BBT a Bolzano

10 marzo 2007. Foto dal corteo No-tavKein BBT a Bolzano

10 marzo 2007. “Brennero-Valsusa-Vicenza uniti nella lotta” Dopo la manifestazione assemblea cittadina alla sala di rappresentanza del Comune in vicolo Gumer

Da allora di strada ne è stata fatta molta e se in Trentino la lotta contro il Tav-BBT è più viva che mai, in Alto Adige, il dissenso è stato ben presto abilmente aggirato con le solite manovre politiche a base di contributi economici e generosi versamenti.

Ariviamo al 2021, ben 15 anni dopo la lettera dell’amministratore De Carlo, e vediamo non solo che che la sua previsione che vedeva nel 2016 l’inaugurazione del BBT si è rivelata clamorosamente sbagliata; va aggiunto che da poco la società BBT-SE ha da poco annunciato come i lavori non finiranno prima del 2032, cioè 16 anni dopo la data che era stata usata da politica e media per giustificare tale mastodontica opera.

Ciò che era stato ampiamente previsto dal movimento NO-TAV-Kein BBT del Trentino-Alto Adige si è avverato. Oltre all’aumento smisurato dei costi su cui ancora politici e società BBT-SE non si pronunciano (ma ovviamente siamo ben oltre le centinaia di milioni di euro per non dire di più). Nel frattempo le modalità con cui sono stati condotti i lavori hanno assunto contorni inquietanti, come riporta la stessa Società BBT-SE nel suo sito, al momento di annunciare l’abbattimento del diaframma della prima galleria di linea sotto il fiume Isarco:

Lo scavo al di sotto del fiume è stato possibile solo dopo aver congelato il terreno con azoto liquido ed al successivo mantenimento a basse temperature mediante la circolazione della salamoia”.

Nello specifico la modalità i lavoro è stata la seguente:

Partendo da uno dei quattro pozzi realizzati nel cantiere del Sottoattraversamento dell’Isarco sono stati congelati la falda ed il materiale alluvionale al di sotto dell’alveo del fiume. Si è proceduto ad iniettare azoto liquido all’interno di un circuito chiuso, costituito da “tubazioni di congelamento”, sotto il fiume. L’azoto con una temperatura di -196°C scorrendo all’interno di queste tubazioni ha sottratto il calore dal suolo circostante. Di conseguenza, l’acqua all’interno del suolo sotto al fiume si è congelata e la temperatura del suolo è scesa a -35°C. Per mantenere queste temperature del suolo durante lo scavo, all’interno di un circuito di raffreddamento viene fatta circolare della salamoia (refrigerante)”.

Poche settimane dopo, il 10 giugno 2021, sul giornale Corriere dell’Alto Adige a pagina 7, l’attuale ammnistratore delegato di BBT-SE Gilberto Cardiola di fatto conferma come lo scavo sia avvenuto senza una conoscenza completa di ciò che avrebbero trovato: “Vediamo anche che cosa ci riserverà la montagna” dice Cardiola. Nello stesso articolo viene riportato come attualmente i lavori siano giunti a un punto critico, che dovrà superare la faglia di Hochstegen, dove un’enorme falda acquifera preme su alcuni km di roccia definita instabile. In tal punto durante i lavori si è formata una voragine chiamata “Iris” che è stata tappata suon di iniezioni di cemento per permettere il prosieguo dei lavori. Tale rischio, come molti altri, erano ampiamente previsti dai promotori del movimento No Tav del Trentino-Alto Adige a cui il lento procedere dell’Opera sta dando ragione sotto ogni punto di vista.

Si consiglia di scaricare e leggere attentamente il seguente opuscolo, risultato di un lungo lavoro possibile solo grazie ad una preziosa intelligenza collettiva che ha saputo unire studio e azione:

DOSSIER NO TAV a cura del Coordinamento No Tav trentino

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[Lotte operaie] Da Bolzano solidarietà con gli operai Fedex-TNT aggrediti da squadristi padronali

Giovedì 17 giugno a Bolzano, nel tardo pomeriggio, un gruppo di compagni e compagne si è recato di fronte ai cancelli del magazzino della multinazionale americana FEDEX-TNT in zona industriale, per portare la propria solidarietà ai lavoratori del magazzino di Piacenza la cui lotta è recentemente salita alla ribalta dei media nazionali per via dell’aggressione armata che un gruppo di guardie private/bodyguard ha compiuto contro un nutrito gruppo di operai che presidiavano il magazzino di Tavazzano in provincia di Lodi.

Un’aggressione compiuta per conto del padrone della locale filiale, Zampieri, e che segna il superamento di una linea rossa da parte della multinazionale americana. I numerosi video girati dagli operai documentano come l’aggressione sia avvenuta di fronte ai reparti celere di carabinieri e polizia che sono rimasti a guardare mentre delle guardie private bastonavano un presidio di lavoratori. Un fatto certamente non nuovo ma la cui gravità stavolta non ha potuto essere ignorata nemmeno dai media nazionali mainstream. Qui i video dell’aggressione:

Video1 Video2 

Al seguente link è possibile inoltre ascoltare la testimonianza di Aitman, un lavoratore del SICOBAS presente al momento dell’aggressione e testimone diretto dei fatti.

Nel corso del pomeriggio sono stati poi distribuiti volantini e attaccati manifesti anche negli altri magazzini della logistica presenti in zona, come Bartolini e SDA.

Una piccola azione ma importante per alimentare la solidarietà e diffondere nei territori la consapevolezza che soltanto attraverso una reazione compatta sarà possibile respingere al mittente provocazioni e aggressioni rilanciando le lotte ed evitare così il ricatto padronale per cui il Governo Draghi agisce su commissione. Massimo supporto ai lavoratori che venerdì 18 giugno dimostreranno concretamente la propria solidarietà partecipado allo sciopero nazionale della logistica indetto da SICOBAS ma a cui aderiscono anche altre sigle sindacali come USB e ADL Cobas. In una fase storica in cui il Governo Draghi si appresta a varare misure antipopolari come sta accadendo in Grecia, costruire reti di soidarietà fra lavoratori, sfruttati e solidali è fondamentale per reagire e rompere l’isolamento, la solitudine e la paura in cui ci vorrebbero relegare.

Di seguito il testo del volantino distribuito oggi in Zona industriale:

“SOLIDARIETA AGLI OPERAI FEDEX-TNT DI PIACENZA

CONTRO LICENZIAMENTI E SQUADRISMO PADRONALE

Il 10 marzo 2021 un’inchiesta politica della Procura di Piacenza portò all’arresto di Carlo e Arafat, due sindacalisti del SiCobas da anni in prima linea nella lotta per la difesa dei diritti dei lavoratori. Oltre a ciò furono disposte 25 perquisizioni domiciliari e numerose misure cautelari contro gli operai che in particolare avevano partecipato agli scioperi e alle lotte contro la chiusura dell’Hub piacentino di FEDEX-TNT. Un’operazione poliziesca che aveva l’evidente intento di intimidire, spaventare e infine fermare le lotte dei facchini della logistica.

Pochi giorni dopo questa ondata repressiva antioperaia senza precedenti la multinazionale americana FEDEX-TNT annunciò la chiusura del proprio magazzino di Piacenza, lasciando per strada quasi 300 lavoratori e in gravi difficoltà le rispettive famiglie. Appare evidente come fra padroni della multinazionale, Procura e Questura, vi fossero interessi convergenti in un’operazione del genere.

Da tale situazione si è sviluppata nelle ultime settimane una mobilitazione dei lavoratori del magazzino di Piacenza, ma non solo, che ha portato a innumerevoli mobilitazioni e scioperi di solidarietà in tutta Italia. Un movimento che ha saputo colpire i padroni nel punto in cui sono più vulnerabili: il profitto.

Per fermare le lotte operaie, oltre alle botte e alle manganellate dei reparti celere di Carabinieri e Polizia, da diverso tempo i padroni stanno facendo ricorso all’assunzione di guardie private, spesso legate a movimenti neofascisti, che in più occasioni hanno aggredito i lavoratori in sciopero, causando gravi ferite, come accaduto a San Giuliano Milanese il 24 maggio.

L’ultimo gravissimo episodio che ha avuto anche una certa eco a livello nazionale è quello avvenuto pochi giorni fa al magazzino di Tavazzano in provincia di Lodi, alle ore 1 di notte dell’11 giugno, quando il presidio dei lavoratori Fedex di Piacenza è stato aggredito a colpi di bastoni, frammenti di bancali, sassi e bottiglie da una cinquantina di bodyguard assoldati dai padroni. La squadraccia, guidata dai capiclan di Zampieri, il padrone della locale filiale di Fedex, ha attaccato il presidio composto da circa 40 lavoratori del SI Cobas e per circa 10 minuti sono stati lasciati agire indisturbati dalla polizia che era a pochi passi e non ha mosso un dito. In particolare un operaio, Abdelhamid Elazab, è rimasto gravemente ferito, perdendo conoscenza e perciò ricoverato in ospedale.

L’agguato fuori ai Magazzini Zampieri di Lodi richiede una risposta immediata e compatta! Contro la repressione dei lavoratori che lottano e l’imminente massacro sociale previsto dal Governo Draghi organizziamo la solidarietà. A fianco di chi non abbassa la testa di fronte al ricatto della disoccupazione e della povertà, con cui si vorrebbero imporre condizioni sempre peggiori di sfruttamento. Toccano uno toccano tutti!”

L’iniziativa solidale di oggi in zona industriale vuole infine ribadire che ogni azione repressiva per mano di Procure o organi di polizia, così come di mazzieri prezzolati protetti dalla celere, è un’azione contro tutta la classe lavoratrice e ci riguarda tutti per cui sarà fondamentale che ognuno faccia la propria parte per sostenere e rilanciare la lotta. Rompiamo l’indifferenza.  Toccano uno Toccano tutti.

Ricordiamo inoltre l’importantissima manifestazione di sabato 19 giugno che si terrà a Roma. Una manifestazione che inserisce le ultime violenze antioperaie in un contesto generale che vede l’offensiva padronale farsi sempre più feroce.

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[Bolzano] Mobilitazioni per la Resistenza del popolo palestinese. Un breve resoconto

Sabato 15 maggio e giovedì 20 maggio a Bolzano si sono svolte due manifestazioni in solidarietà con il popolo palestinese.

Sebbene chiamata con soli due giorni di anticipo sull’onda di rabbia suscitata dall’ennesimo massacro compiuto dall’Esercito israeliano a Gaza, la manifestazione in piazza Walther ha visto una grande partecipazione. Molti sono stati gli interventi al megafono: in italiano, tedesco, inglese e arabo fra cui va segnalato l’intervento di una donna originaria proprio di Gaza e che vive a Bolzano da molti anni.

                 

Negli ultimi 14 anni, si tratta della terza guerra su larga scala condotta da Israele contro la Striscia di Gaza, che ha costato anche stavolta centinaia di morti civili, fra cui molte donne e bambini. Così come nel gennaio 2009 e nell’estate 2014 anche stavolta a Bolzano centinaia di persone hanno manifestato la propria rabbia verso l’ennesima operazione di terrorismo di Stato condotta da Israele nei confronti dei palestinesi.

Bolzano, piazza Walther 15 maggio 2021. Manifestazione solidale con la Resistenza palestinese

Bolzano, piazza Walther, 15 maggio 2021. Manifestazione solidale con la Resistenza del popolo palestinese

Sebbene in Italia così come in tutto il mondo vi siano state manifestazioni oceaniche in solidarietà alla Resistenza del popolo palestinese, va rilevata l’evidente volontà politica della RAI e dei mezzi televisivi più diffusi di oscurare e mistificare i contenuti di tale imponente mobilitazione imponendo una narrazione pubblica falsa vergognosamente dettata dalla difesa incondizionata delle politiche dello Stato israeliano.

La propaganda militarista e guerrafondaia che da anni è stata fatta propria dal capitale, dai principali media, dalle industrie belliche (ricordiamo gli immensi affari che ruotano intorno agli scambi commerciali militari fra Israele e Italia ed Europa/USA) e dai suoi rappresentanti politici, si è rivelata più efficace delle bombe stesse nel tentativo di soffocare il diritto alla Resistenza del popolo palestinese e nelle ultime settimane abbiamo assistito come mai in passato al completo rovesciamento della realtà. I principali media, così come tutti i principali partiti del Parlamento italiano (vedi foto in cui tutti, dal PD alla Lega, dai 5 stelle a Fratelli d’Italia manifestano la propria solidarietà agli occupanti israeliani), hanno infatti dipinto Israele come vittima dell’aggressione della Resistenza palestinese. Nessuna parola è stata spesa sul fatto che la Palestina è occupata militarmente da oltre 5 decenni e che è in corso un’operazione di pulizia etnica che prevede l’espulsione dei palestinesi da Cisgiordania e Gerusalemme Est. Oltre a ciò le violenze dei coloni contro la popolazione palestinese e la violenza dei soldati contro chi si trovava sulla spianata delle Moschee non è stata mai menzionata se non per brevi tratti.

Il volantino distribuito durante il presidio in piazza Walther iniziava con una citazione del noto scrittore Alessandro Manzoni, tratta dal suo romanzo più famoso ovvero I promessi sposi: “Gli oppressori e i soverchiatori sono responsabili non solo del male che infliggono agli oppressi e ai soverchiati, ma anche dell’odio che infondono nei loro cuori”. Una frase che ci aiuta a comprendere dove vanno individuato le radici della questione e di come non possa essere accettata nessuna equidistanza, che non significherebbe altro che favorire l’oppressore e cioè chi, nel caso palestinese, promuove politiche di pulizia etnica, guerra e apartheid. Come scrive Samed Ismail: “Il problema è l’occupazione. Tutto il resto è fuorviante”.

A proposito della mobilitazione altoatesina i giornali locali nel peggiore dei casi hanno letteralmente ignorato le manifestazioni (Dolomiten e Tageszeitung) mentre in altri hanno tentato di svuotare e sterilizzare i contenuti delle manifestazioni continuando nel loro compito di rappresentare e raccontare una provincia priva di pensiero critico (Alto Adige e Corriere dell’Alto Adige).

Articoletto dell’Alto Adige del 16 maggio 2021. Ecco come l’Alto Adige risolve in poche banali e insignificanti righe una manifestazione densa di contenuti e piena di interventi.

Si conferma ciò che accade sempre nel momento in cui gli oppressi decidono di resistere ad un progetto che prevede il perpetuarsi della loro condizione. Inizia la diffusione di notizie confuse, la storia viene mistificata, le responsabilità dimenticate, ecc. In tutto ciò i media sono appunto più efficaci delle bombe stesse poiché hanno il ruolo di preparare le guerre con assillanti campagne di disumanizzazione del nemico di turno che permette di far accettare con più facilità alla cosiddetta opinione pubblica il massacro di centinaia di persone che hanno la sola colpa di esistere e lottare per vivere in libertà e giustizia.

Se non state attenti, i media vi faranno odiare le persone che vengono oppresse e amare quelle che opprimono”

Malcolm X

Ad ogni modo sono in molti a saper leggere la realtà oltre la propaganda ed il gran numero di giovani presenti in piazza Walther e sui prati del Talvera, molto spesso seconde generazioni di famiglie immigrate da paesi del Nordafrica ma non solo, lo dimostra. E’ confortante vedere che, oltre le banalità e le distorsioni giornalistiche, là fuori un pezzo significativo di società si muove ed esprime la propria rabbia in piazza, lontano dalla miseria virtuale dei social network. La strada da fare per unire le lotte è certamente ancora lunga e difficile, ma da qualche parte bisogna iniziare…

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[Repressione] Condannati a 166 anni di carcere compagni/e per il corteo contro il muro al Brennero

Venerdì 14 maggio presso il Tribunale di Bolzano è stata emessa la sentenza per i fatti relativi alla manifestazione contro le frontiere al Brennero del 7 maggio 2016, in cui si contestava in particolare la volontà, da parte dello Stato austriaco, di costruire un muro che impedisse l’attraversamento del confine da parte dei migranti.

Il Pubblico ministero Andrea Sacchetti aveva richiesto un totale di 338 anni di carcere per 63 compagni/e contestando il reato politico di “Devastazione e saccheggio” (Per un approfondimento sulla natura del reato si consiglia la lettura del seguente articolo). Per alcuni compagni Sacchetti aveva richiesto adirittura 15 anni di carcere, ridotti per via della scelta del rito abbreviato.

Tali richieste esorbitanti, assolutamente sproporzionate, di carattere persecutorio, sono state parzialmente respinte dal Giudice. Se infatti l’accusa più grave, cioè l’articolo 419 del codice penale “Devastazione e saccheggio”, è caduta, derubricata a “danneggiamento aggravato”, le condanne sono state tuttavia pesantissime, in particolare per alcuni. Da sottolineare come il fatto che la condanna più alta (6 anni) sia stata comminata a un compagno che durante il corteo parlava al megafono dimostra come il giudice abbia mantenuto inalterato il copione di PM-Digos-Ros che sostenevano come gli scontri fossero stati pianificati con tanto di “capi”, “sottocapi” e “gregari”.

Va registrato come nel corso dell’udienza Sacchetti si sia rammaricato del fatto che non sia stata ritenuta accettabile l’imputazione di Devastazione e saccheggio poiché ciò che conta, secondo lui e secondo altre sentenze, non sarebbe tanto la materialità del danno arrecato quanto piuttosto l’intenzione, la generica condotta o certe modalità di manifestazione. Se stessimo giocando al parco potremmo definire tale ragionamento come un’acrobazia logica frutto di un visionario ma purtroppo si parla di centinaia di anni di carcere e della vita di decine di persone ed è allucinante come il futuro delle persone sia messo in mano a persone che utilizzano la propria funzione come una clava in piena sintonia con il diritto penale del nemico, senza alcuna logica, con tale leggerezza e in totale assenza di equilibrio. Possibilità che sono conferite dallo stesso articolo 419, ambiguo, indeterminato e soggetto all’arbitrarietà e il caso, che permette di impostare tali assurde accuse, incredibilmente anche in assenza di una certa materialità del fatto.

Un commento a caldo della sentenza di cui si raccomanda l’ascolto è il seguente, trasmesso da Radio Black Out di Torino: Condanne per la manifestazione del Brennero.

Ad ogni modo, al di là degli aspetti più tecnici, legati all’ambito giuridico e di più stretta competenza degli avvocati (anche se è tuttavia importante non trascurare una critica e una certa attenzione anche su questo piano), il totale delle condanne ammonta a 166 anni per 63 compagni/e. La condanne vanno dai 6 anni per un compagno, alcuni sopra i 5 anni, molti sopra i 3 e pochi a meno di un anno di reclusione. Come è avvenuto nel primo troncone del processo, tutti sono stati condannati e, anche se l’imputazione più pesante è caduta, il giudice, per accontentare le richieste dell’accusa, ha calcato la mano su altri reati (soprattutto Resistenza a pubblico ufficiale e danneggiamento) e ricorrendo ad un utilizzo che potremmo definire “creativo” e “fantasioso” del concorso morale.

Per ciò che è successo materialmente in quella giornata di lotta, la sentenza assomiglia più ad un plotone di esecuzione ed è altresì evidente il carattere politico della sentenza. Anni di udienze in un tribunale militarizzato da carabinieri e polizia in assetto antisommossa, in cui per “via precauzionale” ad ogni udienza dei due tronconi del processo contro i manifestanti è stato vietato l’utilizzo del parcheggio sotterraneo e la roboante accusa di “devastazione e saccheggio”, hanno contribuito a creare un clima che non poteva accettare un esito diverso da una pesante condanna per gli imputati, o meglio, per i nemici. E se anche la logica avrebbe previsto un esito drasticamente diverso, tanto peggio per la logica.

Nello stesso pomeriggio di sabato 15 maggio, fra le ore 16 e le 18 circa, c’è stato un presidio solidale sui prati del Talvera cui hanno partecipato, nonostante il solito incredibile spiegamento di forze dell’apparato poliziesco cittadino, numerosi compagni e compagne in cui sono state ribadite le ragioni di quella giornata di lotta, oggi più che mai attuale visto che le stragi in mare ed i muri che dividono i popoli – dalla Palestina al Messico – continuano ad esistere ed a mietere vittime.

14 maggio 2021. Presidio solidale con gli imputati per la manifestazione del Brennero

Bolzano 14 maggio 2021. Presidio solidale con gli imputati per la manifestazione al Brennero.

Durante il presidio è stato letto il seguente contributo di Massimo, un compagno roveretano attualmente agli arresti domiciliari anch’egli imputato e condannato nel processo del Brennero, che riportiamo in parte (si può leggere per intero al seguente link): 

“Mi dispiace non poter essere lì con voi e vi ringrazio per questa iniziativa di solidarietà.

Mentre scrivo queste righe, ignoro l’esito del processo per la manifestazione contro le frontiere del 7 maggio 2016 al Brennero. Nelle tante presentazioni di quel corteo, nelle iniziative successive e nella dichiarazione collettiva che abbiamo fatto in aula  abbiamo spiegato e ribadito abbondantemente il senso e le ragioni di quella manifestazione. Quello che posso aggiungere personalmente è che mi rivendico con orgoglio lo spirito di quella giornata; di più, che sono fiero di aver avuto al fianco tante compagne e tanti compagni che al Brennero sono venuti davvero con il cuore e che si sono battuti con coraggio in un contesto a dir poco difficile. Agire per ciò che si considera giusto e irrinunciabile comporta spesso un prezzo.

Quello che è successo e sta succedendo nel mondo grazie all’Emergenza del Covid-19 non solo conferma la brutale divisione sociale tra inclusi ed esclusi, ma illumina di luce nuova le stesse frontiere della democrazia. L’accusa che ci è stata mossa per la manifestazione del 7 maggio – “devastazione e saccheggio” – ha colpito in seguito le due espressioni di conflitto più intenso contro la gestione statal-capitalista dell’epidemia: le rivolte nelle carceri del marzo 2020 e gli scontri di piazza contro le restrizioni e il coprifuoco dell’autunno scorso. Questa estensione qualitativa e quantitativa di un reato che il legislatore prima liberale e poi fascista riservava alle situazioni di insurrezione, “strage” o “guerra civile” ci dice di per sé in che epoca siamo entrati. Ed è solo la punta di un meccanismo repressivo che nell’ultimo anno ha colpito qualunque pratica abbia disturbato le mosse del quadrante di comando: occupazioni di case, scioperi della logistica, lotte dei portuali contro i traffici di guerra, semplice attività di denuncia delle responsabilità di Confindustria, per arrivare ai siti di controinformazione non allineati con la “narrazione pandemica unica”. Tuttavia concentrarsi soltanto sulla repressione rischia di essere riduttivo e fuorviante. L’accelerazione a passo dell’oca verso un mondo sempre più digitale, medicalizzato e militarizzato sta creando delle inedite frontiere tra il cittadino e il clandestino, tra il normale e il deviante. Una società retta dagli algoritmi dell’intelligenza artificiale, materializzata in città disseminate di sensori; una realtà in cui tra individuo e individuo, tra individuo e mondo ci sia sempre la mediazione di un dispositivo digitale è letteralmente disumana. […] Abbattere le frontiere”, abbiamo urlato quel 7 maggio. La portata e l’urgenza assoluta di quell’urlo oggi mi sono ancora più chiare.”

14 maggio 2021. Processo solidale con gli imputati per la manifestazione al Brennero

Bolzano 14 maggio 2021. Reparto celere dei carabinieri schierato di fronte al carcere di Bolzano.

Nella stessa giornata anche a Bologna: un gruppo di compagne è entrato nella stazione di Bologna raggiungendo il binario da cui partiva il treno Obb diretto a Monaco di Baviera […]dove è stato quindi aperto uno striscione e fatto un intervento, mentre venivano distribuiti dei volantini ai passeggeri del treno, per ricordare loro e a tutti che le frontiere continuano ad uccidere e che chi vi si oppone o cerca di attraversarle è duramente represso.”

Per leggere il volantino distribuito e l’intero resoconto dell’iniziativa solidale ecco il link.

Nei giorni successivi a Pisa alcuni compagni solidali hanno distribuito un altro volantino, che si può leggere qui.

Ma la solidarietà è giunta anche dall’Austria, in particolare da Vienna e Innsbruck dove compagni e compagne si sono mobilitati per dare sostegno agli imputati. 

Mai come oggi occorre fare propria la dichiarazione che alcuni compagni/e imputati/e resero davanti al Tribunale di Bolzano del novembre 2020:

“il senso e lo spirito di quel 7 maggio ce li rivendichiamo a testa alta. Come segno di rabbia contro le mille forme del razzismo di Stato. Come espressione di solidarietà nei confronti di un’umanità braccata. E come gesto di appoggio. Verso i braccianti in lotta nel Sud Italia, verso le donne immigrate che si ribellano alla tratta, verso gli internati in rivolta nei lager della democrazia.”

Dopo la sentenza di primo grado decine di compagni generosi come pochi rischiano di pagare un prezzo alto per non essere rimasti indifferenti al grido strozzato di un’umanità dannata. Compagni che, per riprendere la dichiarazione al Tribunale, amano la libertà di tutte e tutti al punto di giocarsi la propria. Compagni che, di fronte alle infamie e alle ingiustizie di ogni giorno cui troppi sono assuefatti, non si sono scansati. Compagni e compagne da amare, difendere e proteggere a cui far sentire la nostra solidarietà e il nostro affetto rilanciando la lotta e mantenendo vivo lo spirito del 7 maggio al Brennero le cui ragioni sono oggi più valide che mai. 

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[Processo Brennero] Venerdì 14 maggio sentenza e presidio solidale a Bolzano

Ad oltre 5 anni dalla manifestazione contro la costruzione del muro antimigranti al Brennero, venerdì 14 maggio, presso il Tribunale di Bolzano, verrà pronunciata la sentenza relativa al secondo troncone processuale che vede 63 compagni/e imputati di vari reati fra cui il famigerato articolo 419 del codice penale ossia il reato di “Devastazione e saccheggio”. Per approfondimenti riguardo questo reato rimandiamo alla puntuale analisi di Prison Break Project (PBP) pubblicata nell’articolo Devastazione e saccheggio: un reato politico da abolire.

Ricordiamo che un primo filone processuale nello scorso novembre è già arrivato alla sentenza di primo grado ed ha visto condanne molto pesanti contro altri 63 manifestanti, in gran parte dei casi condannati a pene comprese fra 7 e 10 mesi per i reati di radunata sediziosa, interruzione di pubblico servizio e travisamento. Condanne spesso assurde ma non sarà nel presente articolo che si farà il compito che spetta agli avvocati nelle aule del Tribunale.

Tuttavia il filone che richiede la massima attenzione è quello che sta per giungere alla sentenza il prossimo venerdì. I pubblici ministeri rappresentanti dell’accusa hanno richiesto infatti condanne per un totale di oltre 330 anni di carcere. Per alcuni imputati le richieste di condanna arrivano a 15 anni di carcere, ridotti per via della scelta del rito abbreviato.

Solo chi è in malafede può pensare che il processo in atto non abbia connotazioni politiche di cui i magistrati dell’accusa si sono fatti carico di rappresentare. Al di là dei farfugliamenti mediatici che hanno avuto – e hanno – l’evidente obiettivo di mistificare lo spirito di quella giornata che i compagni hanno apertamente rivendicato, i magistrati inquisitori bolzanini si sono posti l’obiettivo di far pagare il prezzo più alto possibile a chi non è rimasto al caldo mentre le politiche governative determinavano la morte di migliaia di dannati in fuga da guerre e miseria. Alcune decine di compagni rischiano condanne di carattere persecutorio per avere espresso il proprio dissenso contro la costruzione di un muro che avrebbe reso la frontiera ancora più un fattore mortale.

Riprendiamo un testo scritto in solidarietà ai compagni sotto processo apparso sulla pagina Facebook di Bolzano antifascista:

Venerdì 14 maggio presso il Tribunale di Bolzano verrà pronunciata la sentenza per i fatti relativi alla manifestazione contro le frontiere del 7 maggio 2016 al Brennero. Per 63 compagni/e imputati/e l’accusa ha richiesto oltre 330 anni di carcere complessivi. Molti di loro sono imputati dell’articolo 419 del codice penale ossia Devastazione e saccheggio, un reato indefinito e dai contorni ambigui, utilizzato sempre più spesso nei processi politici – legati a manifestazioni o rivolte nelle carceri – poiché si presta a paradossali ed acrobatiche interpretazioni che possono trasformare un semplice danneggiamento in un’azione che può incredibilmente portare a condanne fino a 15 anni di carcere. Tutto ciò sulla base della discrezionalità del giudice.

A 5 anni da quella giornata di lotta le ragioni che animarono centinaia di compagni e compagne a scendere in strada al Brennero non sono venute meno, anzi. Il razzismo strutturale ed il neocolonialismo dei paesi occidentali continua a provocare la morte e la sofferenza di migliaia di uomini e donne, nei lager in Libia, sul fondo del Mediterraneo, supportando regimi dittatoriali complici, vendendo armi o sganciando bombe dove il profitto di imprese e multinazionali lo richiede. In Italia invece da un lato mani padronali sparano ai braccianti schiavizzati nei campi agricoli, come successo da poco in Puglia, mentre dall’altro si attivano le Procure per intimidire i lavoratori che scioperano ricattando chi è di origine straniera, come successo a Piacenza dove un’inchiesta contro il locale movimento operaio ha portato, fra le altre cose, all’avvio di alcune procedure di revoca del permesso di soggiorno per chi ha scioperato. All’interno di tale terrificante situazione il decreto sicurezza voluto da Salvini e dal movimento 5 stelle ma accettato di buon grado da tutte le principali forze politiche criminalizza con anni di carcere ogni forma di lotta politica e sociale estendendo a tutta la popolazione la condizione che prima era riservata agli stranieri, con o senza documenti. Oltre a ciò, in particolare durante lo stato d’emergenza, numerose sono state in tutta Italia le operazioni repressive orchestrate contro compagni solidali con i detenuti o contro attivisti solidali con gli immigrati, venendo per ciò accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. In poche parole si conferma il principio per cui – nelle intenzioni del potere – la repressione e l’intimidazione della minoranza ha la funzione di allineare la maggioranza.

Nel 2016 il Governo austriaco – dopo aver militarizzato la frontiera del Brennero – intendeva costruire una barriera per impedire agli immigrati di raggiungere il Nord Europa. Sempre più muri e barriere (Palestina-Israele, Messico-Usa, Siria-Turchia, Ungheria-Serbia) sorgono in tutto il mondo per difendere i privilegi di pochi dalla miseria dei più e chi scese in piazza al Brennero quel giorno non aveva intenzione di girarsi dall’altra parte o fare finta di nulla mentre, a pochi passi da casa nostra venivano attuati dispositivi che avrebbero avuto l’unico risultato di aumentare il numero di morti fra i dannati costretti a estenuanti fughe e pericolosi viaggi per cercare una situazione dignitosa in cui vivere. L’ennesimo provvedimento di una lunga guerra ai poveri che nello stesso periodo vedeva giornalieri controlli al viso nella stazione dei treni di Bolzano da parte dei carabinieri antisommossa, in cui chi aveva la pelle di un colore diverso dal bianco veniva sistematicamente fermato e controllato.

Ogni lotta per affermare un principio di giustizia e libertà ha storicamente comportato un prezzo, spesso pesante per chi non è rimasto indifferente alle sofferenze dei più deboli ed al grido soffocato di chi non ha voce per farsi sentire. Abbiamo visto come i procuratori bolzanini siano determinati a farlo pagare.

É fondamentale che venga compreso come questo processo non riguardi solo i singoli imputati bensì tutti e tutte, poiché se passano tali folli teoremi accusatori il prossimo ad essere accusato potrebbe essere, nei prossimi tempi che si annunciano a dir poco difficili, chiunque lotti attivamente contro un sistema economico capitalistico che devasta e saccheggia – questo sì – ambiente e risorse naturali, scavando abissi sempre più profondi fra una piccola minoranza di miliardari e borghesi privilegiati ed un’enorme massa di proletari, sempre più sfruttati e privati dei residui diritti faticosamente strappati con le lotte del passato, e alla mercè dei provvedimenti emergenziali di turno.”

Ricordiamo inoltre come nel tardo pomeriggio, alle ore 18 sui prati del Talvera, vi sarà un presidio solidale con gli imputati a cui invitiamo tutti e tutte a partecipare per non fare passare sotto silenzio questa operazione repressiva che ha l’obiettivo di intimidire e impedire – anche in funzione futura – ogni forma di lotta e mobilitazione proletaria.

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[Bolzano] A fianco di MC. Il 29 aprile torniamo in piazza Tribunale

Giovedì 29 aprile 2021 dalle ore 14.45 in piazza Tribunale a Bolzano l’associazione GEA per la solidarietà femminile chiama tutte e tutti a manifestare la propria solidarietà a MC, la donna che il 1° marzo 2019 venne accoltellata dal marito per strada a Bolzano, di fronte alla figlia. Una vile aggressione omicida da cui ella riuscì però a salvarsi.

Da allora però per lei la vita non è più la stessa e nonostante abbia trovato il coraggio e la forza di denunciare il percorso per avere giustizia è ancora lungo e non immune da ulteriori forme di violenza (vittimizzazione secondaria) di cui i processi per questo tipo di reato sono pregni. Basta ricordare le vergognose recenti affermazioni pubbliche di Beppe Grillo riguardo alla denuncia per stupro ricevuta dal proprio figlio, in cui colpevolizza la vittima.

Grazie alla mobilitazione solidale lanciata e promossa da GEA negli ultimi mesi e raccolta da centinaia di solidali, MC ha scoperto però di non essere sola. Ha scoperto che in questa città – nonostante la diffusa apatia – c’è un cuore che batte e che non è indifferente alla sua sofferenza e alla grave ingiustizia da lui subita. Non solo, ci sono centinaia di persone – donne e uomini – che hanno fatto propria la sua battaglia, decidendo di sostenerla e supportarla, con la propria presenza fisica prima, durante e dopo le udienze del processo, e con ogni altro mezzo utile.

Le notizie di ogni giorno, riportano continuamente storie di donne oppresse dai propri mariti, fidanzati o padri. Storie con contorni spesso aberranti che svelano come la cosiddetta famiglia sia in realtà per molte donne una gabbia carica di oppressione e violenza da cui non è semplice liberarsi, in particolare se non sono indipendenti economicamente, poco istruite o con poca padronanza della lingua italiana.

Storie di oppressione che è possibile spezzare soltanto costruendo solidarietà, spazi di incontro e discussione ma soprattutto lottando e prendendo posizione combattendo in ogni modo il retaggio patriarcale diretto responsabile dell’oppressione di troppe donne in tutto il mondo, anche a Bolzano.

Riportiamo il comunicato dell’associazione GEA:

Giovedì 29 aprile alle ore 15.00 riprende il processo contro l’uomo che, due anni dopo essere stato arrestato in flagrante per questo tentato omicidio, vive libero, senza nessun obbligo di dimora, firma, senza nessun controllo elettronico, senza una valutazione del rischio per M.C. che invece è ancora costretta a vivere nascosta. Questa purtroppo è la realtà per moltissime donne che hanno il coraggio di rompere il silenzio, scappare, cercare aiuto e denunciare. Con la loro presenza in piazza le cittadine e i cittadini esprimono solidarietà non solo a M.C. ma anche a tutte le donne in situazione di violenza che chiedono semplicemente giustizia,”

La presenza fisica dei solidali fuori dal Tribunale è fondamentale poiché:

Un sostegno così visibile e così forte è di enorme conforto per M.C. e continua a darle la forza per andare avanti. È un segnale importantissimo per tutte le donne che subiscono violenza.”

Il 29 aprile essere in piazza per manifestare solidarietà a MC è un modo per estenderla a tutte le donne che come lei si trovano ad affrontare situazioni analoghe.

Per ricordare che la violenza subita da lei riguarda tutte e tutti.

Verranno letti alcuni testi dedicati a M.C., invitiamo chiunque voglia esprimersi a portare una lettera o un testo di solidarietà da condividere durante la manifestazione.

Siamo il grido altissimo e feroce di tutte quelle donne che più non hanno voce

“Ogni donna è una rivolta” Donne polacche a una manifestazione a Varsavia contro la legge antiabortista recentemente promossa dal governo reazionario di estrema destra polacco.

Di seguito riportiamo il testo di chiamata della manifestazione in tedesco:

SOLIDARITÄT MIT FRAUEN IN GEWALTSITUATION: mit deiner Stimme, deiner Anwesnheit, deinem Beitrag.

Der Verein GEA gegen Gewalt an Frauen lädt noch einmal alle dazu ein für M.C. die Stimme zu erheben. M.C. ist jene Frau welche am 1. März 2019 auf offenere Straße, vor den Augen ihrer Tochter, von ihrem Ehemann erstochen wurde.

Donnerstag den 29. April um 15 Uhr wird der Prozess an jenem Mann wieder aufgenommen, welcher vor zwei Jahren auf frischer Tat ertappt wurde und heute in Freiheit lebt. Ohne Aufenthalts- oder Unterschriftspflicht, ohne elektronischer Kontrolle, ohne jeglicher Risikoeinschätzung für die Frau M.C. welche weiterhin ihre Wohnadresse geheim halten muss.

Dies ist leider die bittere Realität für viele Frauen die den Mut aufbringen das Schweigen zu brechen, sich vom Peiniger abwenden und nach Hilfe suchen.

Mit ihrer Anwesenheit, drücken die Bürger und Bürgerinnen ihre Solidarität für M.C. und auch für alle Frauen welche Opfer von Gewalt sind und Gerechtigkeit fordern, aus“ sagt Christine Clignon, Präsidentin des Vereines GEA. „Ein so deutlicher Ausdruck von Solidarität stärkt M.C. ungemein und gibt ihr die Kraft diesen schwierigen Weg weiterzugehen. Es ist ein wichtiges Zeichen für alle Frauen welche Gewalt erfahren.“

Wir laden somit alle ein, am Donnerstag den 29.04.2021 um 14.45 Uhr am Gerichtsplatz in Bozen mit uns gemeinsam in einer unparteiischen Demonstration für die Gerechtigkeit und Solidarität teilzunehmen.

Bei dieser Gelegenheit werden einige Texte welche für M.C. verfasst wurden, vorgelesen. Wir begrüßen es, wenn weitere Personen ein Gedicht oder einen Brief der Solidarität für M.C. vortragen möchten.

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[Bolzano] “Resistenza è tutti i giorni”. Manifestazione 24 aprile al Talvera

Sabato 24 aprile sui prati del Talvera (lato Theiner) è stata organizzata un’importante manifestazione che rappresenta una preziosa occasione di confronto e discussione pubblica su ciò che abbiamo vissuto nell’ultimo anno, le pesanti limitazioni alla libertà e le pericolose derive a cui lo stato d’emergenza – che diventa regola – può portare.

Dopo oltre un anno di distanziamento, isolamento e incontri virtuali, un momento in cui parlare liberamente, discutere e riprendere i fili di un discorso che è urgente riprendere con forza per imparare ad affrontare collettivamente una situazione in cui ci vorrebbero come singoli individui isolati l’uno dall’altro.

Una giornata per ridare valore, slancio e forza al 25 aprile, alla festa della liberazione dal nazifascismo, di cui ricorre quest’anno il 76° anniversario. Una giornata per sfuggire alla pericolosa deriva celebrativa a cui tali giornate possono portare, se non rinvigorite da contenuti, critica, passione e voglia di continuare a ribellarsi ad uno stato di cose sempre più inaccettabile, che vede i ricchi sempre più ricchi ed i poveri in condizioni sempre peggiori. 

Dalla pagina Bolzano antifascista:

Mai come quest’anno abbiamo bisogno di riprenderci il concetto di resistenza; viviamo in città occupate militarmente da forze di polizia, blindate da regolamenti e coprifuoco dove in nome dell’emergenza siamo costrette e costretti in casa, “liberx” solo di lavorare, consumare e crepare.

Mai come in questi anni abbiamo bisogno di resistere.

Resistere contro il controllo delle nostre vite, contro il razzismo di stato, contro la devastazione dei territori, contro lo sfruttamento e condizioni lavorative sempre più disumane.

Mai come in questi anni abbiamo bisogno di resistere e combattere contro uno Stato che attraverso la violenza e la repressione della polizia, perseguita, punisce e incarcera chi ogni giorno resiste, lotta e si oppone a un sistema sempre più opprimente.”

In questo ultimo anno, a fianco dei continui appelli alla responsabilità rilanciati da media e politici di tutti i tipi, la repressione ha continuato la propria nefasta opera colpendo compagni e compagne, lavoratori, sindacalisti, ambientalisti, NO TAV, immigrati senza documenti, attivisti solidali con i migranti (vedi gli arresti a Trieste con cui si criminalizza la solidarietà). Numerosi – da nord a sud – sono stati gli spazi sociali sgomberati e le case da cui proletari sono stati sfrattati. Viene ricordato inoltre come nella stessa città di Bolzano è in corso un processo in cui il folle e pericoloso teorema accusatorio della Procura locale richiede oltre 330 anni di carcere per alcune decine di manifestanti che nel maggio 2016 protestarono contro la costruzione del muro antimigranti che lo Stato austriaco voleva costruire al passo del Brennero. Sempre a Bolzano, due diverse sentenze del giudice Perathoner hanno condannato diversi compagni e compagne ad alcuni mesi di carcere per il semplice fatto di aver manifestato.

Siamo solidali e al fianco di chi in nome della libertà di tutte e tutti rischia 330 anni di galera per aver partecipato alla manifestazione del Brennero contro la chiusura dei confini. Siamo solidali con chi difende il proprio territorio e la natura dalla devastazione ambientale delle grandi opere, a fianco del movimento NO TAV al quale la polizia ha dichiarato guerra sparando lacrimogeni ad altezza uomo. Siamo al fianco di tutte le operaie e gli operai denunciati, picchiati e licenziati per aver lottato contro condizioni di lavoro che a seguito della pandemia peggiorano costantemente.”

L’appello chiude ricordando la necessità di costruire la solidarietà laddove ci vorrebbero soli, impauriti ed isolati. L’unico modo per cambiare le cose è incontrarsi, parlare e riprenderci le nostre vite.

Con lo stesso desiderio di cambiamento, con la stessa rabbia dei nostri nonni e le nostre nonne che lottarono contro il regime fascista, riprendiamoci il nostro tempo e i nostri spazi di libertà ed autogestione, prendendoci cura dell’altro e dell’altra alle nostre condizioni.

Episodi che avvengono anche a Bolzano come le retate al talvera e allo Skatepark, gli sgomberi delle persone senza fissa dimora, le multe e i controlli “a viso” della polizia richiedono un’opposizione decisa. Non ci rimane che costruire alternative a colpi di azione diretta e solidarietà.”

Perchè come diceva Bertolt Brecht:

Quando l’ingiustizia diventa legge, la resistenza diventa dovere.”

Invitiamo tutte e tutti a partecipare a questa importante manifestazione. Adesso la parola la prendiamo noi.

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[Bolzano] Resoconto manifestazione studentesca sui prati del Talvera del 16/4

Venerdì 16 aprile, sui prati del Talvera a Bolzano, nei pressi del bar Theiner, si è svolta una manifestazione organizzata da un gruppo di studentx iscritti ad alcune scuole superiori della città, decisx a rompere l’apatia, l’indifferenza e la rassegnazione con cui una grande parte degli studenti, ma non solo, sta vivendo lo stato di emergenza attuale. 

Dalle ore 16 circa circa una cinquantina di persone hanno partecipato all’importante iniziativa, mentre moltissimi sono stati coloro che si sono fermati per fare due chiacchere, per prendere un volantino, discutere e confrontarsi: ciò che non è stato di fatto possibile per migliaia di studenti di tutta la Provincia che nell’ultimo anno si sono trovati a fare i conti con le difficoltà ed i pesanti limiti che la Didattica a distanza (DAD) comporta. Vedersi negli occhi, discutere all’aria aperta, intervenire al megafono, ha rappresentato infatti un modo per riprendere in mano le proprie vite.

Lo stato di continua emergenza in cui tutti siamo immersi da oltre un anno porta il rischio di far accettare in modo passivo e acritico ogni tipo di provvedimento, trasformando l’eccezione in regola. 

Un rischio che hanno evidenziato gli studenti e le studentesse in diversi interessanti interventi effettuati nel pomeriggio, dove hanno ricordato come la scuola sia soprattutto fatta di rapporti, sguardi, intese, complicità con i propri amicx e compagnx di classe. Un luogo in cui i rapporti umani diretti non potranno mai essere sostituiti da asettici dispositivi informatici e che dovrebbe essere fondamentale per la costruzione della capacità di pensiero critico e non uno spazio di indottrinamento in cui assumere nozioni per trasformare gli studenti in automi passivi del domani. 

Nel volantino che pubblicizzava la manifestazione veniva inoltre ricordato come la crisi pandemica in corso e la relativa DAD è soltanto l’ultimo passo negativo fatto dalla scuola negli ultimi anni, flagellata da riforme che hanno avuto il costante obiettivo di trasformare la scuola in funzione del mercato del lavoro. Una giornata importante perchè finalmente, dopo mesi in cui hanno parlato politici e uomini di potere, finalmente hanno preso la parola i diretti interessati: studentx delle superiori e universitari, professori e solidali consapevoli che la giornata di oggi deve interessare tutti e non solo chi è al momento coinvolto, a vario titolo, nella scuola. 

Il volantino distribuito durante la manifestazione

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[Bolzano] Carabinieri con cani antidroga allo Skatepark

Nel pomeriggio di venerdì 16 aprile, sui prati del Talvera di Bolzano è stata messa in scena dall’Arma dei carabinieri un’operazione antidroga con l’impiego delle unità cinofile. Militi con cani antidroga al seguito sono arrivati in forze allo skatepark, particolarmente affollato da ragazzi e ragazze che si stavano godendo la giornata di sole, effettuando perquisizioni a ragazzini spesso minorenni, in cerca di qualche grammo di fumo.

Alcuni skater hanno raccontato come sia già accaduto che carabinieri con cani antidroga arrivassero allo skatepark, ripetendo le stesse grottesche scene.

Ecco i risultati del delirio securitario: decine di carabinieri che – in un’operazione spot – interrompono partite di calcio e il divertimento di alcuni skater per trovare un paio di grammi di fumo con cui giustificare il successo della “brillante” operazione. 

Immagini che si commentano da sole

Cani antidroga all’opera nello skatepark di Bolzano

 

 

 

 

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