[Afghanistan] Le loro guerre, i nostri morti. Un testo distribuito a Bolzano

Riportiamo di seguito un testo distribuito a Bolzano per tentare di smontare la retorica dell’occupante buono che negli ultimi giorni sta venendo costruita sui principali media. La precipitosa fuga dei soldati occidentali da Kabul chiude – almeno provvisoriamente – un capitolo della guerra infinita iniziata dopo l’11 settembre che ha portato al radicale impoverimento ed alla destabilizzazione di un’intera area geografica e politica e ad una marea montante di islamofobia nel mondo occidentale cavalcata in particolare da partiti razzisti e fascistoidi come Lega e Fratelli d’Italia per fomentare paura e costruire consenso agitando lo spettro del musulmano cattivo terrorista (ricordiamo che negli anni in Italia le uniche stragi o tentate stragi di matrice politica sono di stampo fascista e razzista vedi il militante di CasaPound Gianluca Casseri a Firenze nel 2011 ed il fascioleghista Luca Traini a Macerata). Guerra in cui lo Stato italiano e il suo esercito – apprendisti stregoni sulla pelle dei proletari afghani – sono stati partecipi fin dall’inizio e delle cui nefaste conseguenze devono assumersi la responsabilità morale.

Per un approfondimento consigliamo la lettura del seguente articolo:

Afghanistan: Una disfatta storica per gli Stati Uniti e l’Italia. E ora?

Le montagne afghane si rivelano ancora una volta la tomba dell’Impero

LE LORO GUERRE, I NOSTRI MORTI

Un contributo al dibattito

“Ora avviene che quando un colonizzato sente un discorso sulla cultura occidentale, tira fuori la roncola o per lo meno si accerta che gli è a portata di mano. La violenza con la quale si è affermata la supremazia dei valori bianchi, l’aggressività che ha impregnato il vittorioso confronto di quei valori coi modi di vivere o di pensare dei colonizzati fan sì che, per un giusto capovolgimento, il colonizzato sogghigna quando si evocano davanti a lui quei valori. Nel contesto coloniale, il colono non si ferma nel suo lavoro di stroncamento del colonizzato se non quando quest’ultimo ha riconosciuto a voce alta e chiara la supremazia dei valori bianchi. Nel periodo di decolonizzazione, la massa colonizzata se ne infischia di quegli stessi valori, li insulta, li vomita a gola spiegata”

Frantz Fanon, I dannati della Terra

Nelle ultime settimane, in seguito alla disfatta politica e militare della coalizione occidentale in Afghanistan, all’aeroporto di Kabul è in corso una caotica ritirata in cui gli Stati Uniti in particolare stanno cercando di rimpatriare i propri soldati, i collaborazionisti afghani compromessi con l’occupazione occidentale nonché le migliaia di contractors statunitensi, ossia mercenari privati pagati per compiere operazioni militari segrete per conto degli eserciti occupanti. Nessuno creda che le operazioni di fuga siano dettate da un pur minimo slancio umanitario: chi si imbarca è selezionato in una cerchia determinata di persone, si tratta di salvare il poco che rimane della propria faccia, almeno di fronte alle migliaia di afghani che, per denaro, ingenuità o costrizione, in questi anni si sono compromessi con gli occupanti e le sue istituzioni costruite sulla sabbia, crollate infatti con un soffio di vento.

Un caos determinato dagli invasori ma intorno a cui negli ultimi giorni i principali media nazionali stanno costruendo una stucchevole narrazione mistificatoria (Il marine che aiuta i bambini, il console che salva i bambini, ecc.) che ha l’obiettivo di nascondere e far dimenticare la bruciante sconfitta subita ad opera dei talebani, barbari che non hanno saputo cogliere la lezione di civiltà democratica dispensata a suon di bombardamenti con jet e droni, massacri di civili e torture inflitte a volte per gioco, come emerso nel caso dei soldati australiani, responsabili di sadiche azioni contro inermi civili afghani. Una narrazione tossica funzionale alla giustificazione di un fallimento durato 20 anni in cui i lavoratori italiani ma non solo, mentre veniva tagliata la sanità e la scuola, hanno dovuto mantenere con oltre 8 miliardi di euro una struttura militare parassitaria che si è resa corresponsabile della costruzione di uno Stato fantoccio corrotto ad ogni livello e percepito come tale da gran parte della società afghana.

Venti anni di occupazione di uno dei paesi più poveri al mondo che ha prodotto 240.000 civili uccisi fra civili (grande maggioranza) e guerriglieri, almeno un milione di persone che vivranno il resto della vita con disabilità permanente oltre a 5,5 milioni di sfollati interni e profughi in Pakistan, Iran e decine di altri paesi (una minima parte in Occidente). Inoltre, al di là della propaganda mediatica, la condizione delle donne non è affatto migliorata, anzi le piccole (e ristrette a piccole cerchie privilegiate della società afghana) concessioni degli occupanti verranno con ogni probabilità fatte pagare a chi rimane dai nuovi padroni del Paese. E così, come in un sadico gioco dell’oca organizzato dalle potenze occidentali, la lotta per l’emancipazione delle donne e degli uomini afghani – che avverrà solo per opera loro e con la solidarietà internazionalista dal basso, non certo attraverso i bombardamenti della NATO – torna indietro, rendendo il loro percorso futuro più arduo e difficile.

L’invasione e l’occupazione dell’Afghanistan, avvenuta nell’ottobre 2001 rappresentò l’iniziò della cosiddetta guerra al terrorismo iniziata dopo l’attacco alle torri gemelle di New York. Come ricordò lo stesso Gino Strada – fra i pochi, pochissimi, che negli anni ha mantenuto un’integrità antimilitarista denunciando spesso nel silenzio la tragedia della guerra afghana – mentre destra e sinistra in Parlamento riferivano le menzogne su cui giustificare il continuo finanziamento della guerra permanente, chi allora scendeva in piazza contro un’annunciata criminale operazione militare veniva accusato di essere filotalebano. Lo stesso schema propagandistico mediatico venne utilizzato da politica e media ufficiali per giustificare due anni più tardi, l’invasione dell’Iraq costruita su spudorate falsità che portò alla distruzione di un paese ricco di risorse ed alla generale destabilizzazione di un’area – il Medio Oriente – tutt’oggi in uno stato di guerra permanente. Nel 2011 le attenzioni occidentali, e la sete di profitto delle multinazionali petrolifere, si rivolsero alla vicina Libia che, sotto l’egida delle nazioni unite, venne bombardata dall’aviazione occidentale con la complicità italiana e trasformata in un lager a cielo aperto, governato da milizie che negli anni hanno trovato nei lager per immigrati un business di grande profitto. La Siria da oltre 10 anni è oggetto di una guerra mondiale per procura in cui decine di Stati sono intervenuti finanziando milizie oppure bombardando per fini di consenso interno. Lo Yemen è un paese devastato dalle bombe prodotte in occidente (fra cui la RWM in Sardegna) e sganciate dall’Arabia Saudita, alleato dell’Occidente e in cui evidentemente alla destra razzista e alla sinistra guerrafondaia – Renzi in testa – la condizione della donna non suscita grande sdegno.

La retorica della guerra al terrorismo – sviluppatasi in particolare dopo l’11 settembre – ha costituito l’ipocrita sovrastruttura ideologica dietro a cui Stati, Comandi militari e multinazionali occidentali hanno nascosto la propria politica predatoria che in 20 anni ha prodotto un radicale impoverimento della popolazione dei paesi coinvolti oltre che un terreno fertile per la rapida diffusione del fondamentalismo islamico, il singhiozzo di una creatura oppressa, a cui migliaia di giovani – in mancanza di valide alternative – si sono aggrappati per tentare di resistere a delle aggressioni militari di stampo neocoloniale.

La cosiddetta guerra al terrorismo in 20 anni ha prodotto centinaia di migliaia di morti nei paesi coinvolti, in gran parte civili, decine di milioni di profughi intorno a cui la destra neofascista e xenofoba ha costruito il proprio consenso anche se, come abbiamo visto con Minniti ministro dell’Interno, la sinistra istituzionale del PD non è stata molto diversa nel momento in cui non si è fatta alcun problema nello stringere accordi con milizie di tagliagole libici e aguzzini gestori di lager in cui si praticavano sistematicamente torture e stupri.

Non accettiamo una retorica ufficiale che oggi cerca di coprire le gravissime responsabilità delle democrazie occidentali e dei comandi militari strumentalizzando a proprio uso e consumo la condizione delle donne afghane, di cui a Bush come a tutti i presidenti via via succedutesi in Occidente non importa nulla se non come argomenti per la propria propaganda bellica.

Nemici del capitalismo e delle sue guerre

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