Domenica 13 febbraio a Bolzano un pugno di compagni e compagne ha deciso di rilanciare la necessità di affrontare il problema della casa nella città più costosa d’Italia. Manifesti e striscioni sono stati attaccati sui muri e sui ponti della città per denunciare le responsabilità politiche nella situazione che da decenni interessa la città in cui per un numero sempre più alto di persone sta diventando sempre più difficile sopravvivere in un modo dignitoso.
Per due anni la retorica militarista è stata usata per giustificare provvedimenti eccezionali legati allo stato d’emergenza pandemico. Adesso i governi occidentali e la NATO stanno passando dalle parole ai fatti. In Ucraina e in Europa si profila all’orizzonte l’ennesima emergenza in nome della quale ai proletari e alle proletarie verrà richiesto di accettare a testa bassa nuovi provvedimenti eccezionali che li costringeranno a sopportare condizioni di vita sempre più difficili. Così come la pandemia ha aumentato il numero di miliardari – aumentando in modo osceno il patrimonio di quelli già esistenti – la guerra contribuirà ad accrescere il profitto di multinazionali delle armi e industrie come Iveco Defence Vehicles, il cui utile è direttamente proporzionale al sangue versato. Come ha già anticipato il presidente di Confindustria Bonomi il prezzo verrà fatto pagare – in termini di diritti e di salario – dai lavoratori e dalle lavoratrici. Rilanciare la lotta per la casa è necessario per unire la classe lavoratrice oltre ogni differenza di lingua, di nazione e di religione per rimettere al centro della partita la questione sociale e rispedire al mittente i piani di guerra e la propaganda mistificatoria dei padroni e dei media loro asserviti.
Di seguito il testo che ha accompagnato l’iniziativa, pubblicato sulla pagina FB Bolzano Antifascista:
Basta case senza persone. Basta persone senza casa
Bolzano fra sgomberi, caro affitti e speculazione
Nella città più cara d’Italia palazzinari e speculatori influenzano sempre più le politiche urbanistiche determinando l’espulsione di poveri e indesiderabili da alcune zone della città. Una città sempre più ostile dove lungo le rive dei fiumi i senzatetto vengono sgomberati e i loro oggetti gettati, mentre in altre zone come via della Vigna sorgono cancellate di ferro che hanno l’obiettivo di creare zone chiuse privilegiate e impedire le passeggiate in campagna ai non residenti.
In una città che fa di decoro ed esclusione di poveri e marginali la propria bandiera, anche durante la pandemia sono continuati gli sgomberi dei senzatetto: emblematici quelli del 24 dicembre e d’inizio gennaio sotto il ponte da poco intitolato ad Alexander Langer in cui le pattuglie di polizia hanno distrutto gli accampamenti di alcune persone escluse da servizi e assistenza, con il solo risultato di avere spostato il problema.
Le Operazioni di polizia coordinate con SEAB sono spesso seguite da interventi architettonici ostili che prevedono l’installazione di cubi di cemento, grate e feritoie per impedire o rendere difficoltose successive occupazioni. Problema risolto? Si, se l’obiettivo è ripulire la città vetrina per turisti e nascondere sotto il tappeto povertà, precarietà, l’emergenza casa e il continuo peggioramento delle condizioni di vita.
A Bolzano come nel resto dell’Alto Adige per giovani, precari e proletari trovare casa a condizioni economiche sostenibili è un odissea e se non sei einheimisch ed il colore della tua pelle è diverso dal bianco le difficoltà e gli ostacoli aumentano esponenzialmente. A fronte di affitti stellari che bruciano gran parte dello stipendio ed almeno 15.000 appartamenti lasciati vuoti in tutta la provincia, la risposta politica locale si esprime nella costruzione di palazzi e quartieri con prezzi proibitivi in cui famiglie e giovani sono costretti a indebitarsi a vita con gli istituti bancari per pagarsi un appartamento di poche decine di metri quadri. Mentre i grandi costruttori e proprietari immobiliari come Tosolini e Podini continuano a speculare e lucrare su un bene primario come la casa, gli stipendi rimangono fermi e le bollette di gas, energia elettrica ed acqua vedono rincari spaventosi che riducono ulteriormente il potere d’acquisto della classe lavoratrice. E se noi ci sfianchiamo di lavoro indebitandoci per vivere in case sempre più piccole, gli amministratori politici della città, per conto dei grandi gruppi economici e finanziari, continuano a regalare ampi spazi alle grandi holding immobiliari come Signa di Renè Benko che ridefiniscono gli spazi urbani costruendo una città su misura per una minoranza ricca e privilegiata. Basta ricordare il progetto Waltherpark o l’aeroporto di San Giacomo, acquistato da ABD Holding, costituita dalla solita Signa e dai miliardari Gostner e Haselsteiner, che hanno ampliato la pista di atterraggio contro ogni volontà popolare.
È tempo di costruire lotte che sappiano unire la lotta di classe a quella per l’ambiente e contro ogni forma di razzismo. È tempo di ri-mettere in discussione il concetto di proprietà privata e accumulazione in una società che vede alcuni gruppi immobiliari condizionare con le proprie scelte la vita di centinaia di migliaia di persone, anteponendo il profitto a necessità umane basilari. Di fronte all’isolamento e alla solitudine con cui ognuno affronta le difficoltà legate alla sopravvivenza costruiamo la solidarietà e rilanciamo la lotta. Anche in questo mostro d’asfalto è necessario trovare nuove pratiche di riappropriazione di spazi, di autoorganizzazione e autodeterminazione. Perchè non solo la casa, ma anche la città è di chi la abita, non di chi la consuma, la compra e la vende, impoverendo tutti gli altri. Cambiare le cose dipende da noi; rendersi conto della quantità di appartamenti, palazzi e case vuote intorno a noi è un primo passo per agire contro la speculazione sulla casa.