[Bolzano] A Castel Mareccio si prepara la guerra di domani. Contestato convegno del complesso militare-industriale-energetico sull’Artico

Lunedì 3 ottobre a Bolzano nel primo pomeriggio, un gruppo di antimilitariste e antimilitaristi ha contestato il convegno Artico: il nuovo “grande gioco” mondiale, organizzato dall’Esercito Italiano, dall’Istituto per gli studi di politica internazionale e dall’Istituto affari internazionali nell’ambito del 150° anniversario dellla fondazione del Corpo degli Alpini. Sono stati distribuiti alcune centinaia di volantini ed esposto uno striscione che riportava la scritta Oggi a Castel Mareccio si prepara la guerra di domani.

L’obiettivo era rendere visibile alla città cosa stesse accadendo dietro alle mura del Castello. Sebbene il giornale locale Alto Adige abbia dedicato all’appuntamento solo un piccolo trafiletto, assai notevole invece l’importanza delle cariche ricoperte dai relatori nei vari ambiti propedeutici alla guerra. Nel convegno si sono infatti dati appuntamento importanti esponenti del complesso militare – industriale – energetico italiano, istituti di ricerca, professori universitari, giornalisti e politici; i suoi contenuti rappresentano una tendenza delle politiche predatorie che il grande capitale sta preparando per i prossimi anni, a maggior ragione in seguito alla guerra in Ucraina e alla relativa esplosione dei costi dell’energia.

Il volantino distribuito durante l’iniziativa

L’oggetto dei relatori è l’Artico o meglio, le risorse energetiche e naturali che si “libererebbero” in seguito al cambiamento climatico ed al relativo scioglimento dei ghiacci. Basta fare una veloce ricerca in rete e salta subito all’occhio come da tempo il Grande capitale stia – attraverso giornate di studi e ricerche – studiando e lavorando intorno alla prospettiva di sfruttare le risorse presenti nel mare Artico. Lo stesso ministero degli Esteri italiano, sul suo sito segnala come tale regione stia diventando sempre più epicentro di tensoni geopolitiche ed appetiti economici.

Insomma tutto avviene alla luce del sole, non occorre inventare complotti per conoscere le logiche distruttive e criminali del capitalismo. Come è scritto in un documento allegato alla presentazione del convengno, secondo i relatori lo scioglimento dei ghiacci e la prevedibile devastazione che ne seguirà, non registrerà solo aspetti negativi, ma offrirà anche opportunità, intorno alle quali bisognerà farsi trovare preparati. Per capire le modalità con cui farsi trovare pronti sono stati chiamati a discutere rappresentanti di aziende leader dell’industria militare come IVECO Defence Vehicles e Fincantieri, dell’industria energetica come ENI, giornalisti ed alti rappresentanti dell’Esercito italiano. Tutti uniti in vista di una futura unità di azione con l’obiettivo di vincere quello che viene chiamato il “gioco mondiale” intorno all’Artico, in cui la posta in gioco per il capitale è altissima. Come sempre gli interessi per la popolazione del pianeta vanno in direzione opposta, dato che pagherà un prezzo impossibile da quantificare in denaro per i disastri che verranno provocati dallo scioglimento della calotta polare, evidentemente data ormai per acquisita dalla classe dominante. Con buona pace dei movimenti ambientalisti come Fridays for Future, spesso cooptati dal potere nelle loro kermesse a base di Green washing. Ma vediamo con le parole dei relatori (contenute in un documento che illustra i concetti alla base delle varie relazioni, leggibile a questo link) gli scenari si apriranno con il cambiamento climatico e la fine dei ghiacci eterni:

Ma gli effetti dello scioglimento del ghiaccio vanno ben oltre la dimensione prettamente ambientale. In ambito commerciale assumono crescente importanza nuove rotte di transito per i trasporti marittimi quali il Passaggio a nord-ovest (NWP) – che potrebbe rimanere aperto per un periodo dell’anno più esteso – e la rotta del Mare del Nord (NSR). Inoltre, lo scioglimento dei ghiacci sta accelerando una “corsa” per il controllo delle risorse naturali tra le principali potenze globali il cui territorio si affaccia sulla regione, ma anche tra quelle – come la Cina – che mostrano crescente attenzione all’Artico.”

Mentre il capitale da un lato offre la carota delle energie rinnovabili a movimenti ambientalisti e partiti ecologisti, dall’altro continua ad usare il bastone per trasformare la distruzione degli equilibri naturali del pianeta in un affare economico di enormi proporzioni per multinazionali dell’energia ed industria bellica.

Dopo l’apertura fatta dal Generale Pietro Serino, Capo di Stato maggiore dell’Esercito italiano, gli interventi introduttivi sono stati fatti da Marzio Mian e dal generale Claudio Graziano. Il primo è un giornalista che da anni segue con attenzione ciò che accade nell’Artico al punto di avere fondato The Arctic times Project, un gruppo di giornalisti che intende “far luce sui profondi cambiamenti economici, geopolitici e culturali in atto nella regione artica a causa dei cambiamenti climatici”, come riportato sul sito Internet del progetto.

Il secondo, già presidente del Comitato militare dell’Unione Europea e attualmente presidente di Fincantieri, è stato messo sotto inchiesta per il disastro ambientale commesso dall’Esercito in Sardegna, nel poligono militare di Capo Teulada.

La prima sessione del convegno1 ha sostanzialmente presentato la necessità di porre attenzione alla regione Artica – centrale per gli appetiti del sistema militare-industriale-energetico – aprendo ai successivi relatori lo spazio di discussione. Il documento che accompagna il convegno scrive infatti come “per il 2050, si ritiene che la regione al di sopra del circolo polare possa essere completamente priva di ghiacci, considerando il ritmo con cui la calotta si va riducendo e l’effetto moltiplicatore del riscaldamento dei mari e delle temperature di superficie. Dunque, le dinamiche in atto nella regione polare raggiungono tutte le latitudini ed accelerano le conseguenze del cambiamento climatico a livello mondiale, rappresentando così una sfida globale.”

Nella seconda sessione intitolata Economia ed energia: tra (tanti) rischi ed opportunità i relatori2 hanno discusso dell’enorme importanza economica della regione artica, soprattutto in prospettiva futura. Infatti “secondo l’US Geological Survey l’Artico possiede nel proprio sottosuolo il 40% delle riserve mondiali di petrolio e gas, per un valore stimato attorno a 20 trilioni di dollari (l’equivalente del Pil annuale degli Stati Uniti). Oltre l’80% di queste risorse si troverebbe nelle acque off-shore dell’Oceano Artico. Inoltre, la regione conterrebbe il 30% di tutte le risorse naturali globali.”

In tal senso “la Groenlandia gioca un ruolo chiave, dato che nella parte meridionale dell’isola si potrebbero trovare alcuni tra i più grandi giacimenti al mondo di uranio e terre rare, sempre più ambite per le svariate applicazioni in settori industriali ad alto contenuto tecnologico cruciali per le transizioni digitale ed ecologica, dalla realizzazione di semiconduttori alle batterie per auto elettriche. I costi di sfruttamento delle risorse artiche sono ad oggi elevati, ma il progressivo scioglimento dei ghiacci potrebbe ridurre i costi di trivellazione rendendo le operazioni più competitive e dunque più attrattive in termini di investimenti, considerando allo stesso tempo il costo ambientale in termini di sostenibilità.”

Nella presentazione del convegno, fra le cosiddette opportunità che lo scioglimento dei ghiacci offrirebbe ai trasporti marittimi si sottolinea come “la navigabilità dell’Artico potrebbe aumentare al punto da rendere la rotta percorribile per tutto l’anno, aprendo così nuove prospettive per i trasporti marittimi internazionali: le rotte artiche sono infatti dal 30% al 50% più corte delle rotte del canale di Suez e del canale di Panama per i traffici Est-Ovest, con tempi di transito ridotti di circa 14-20 giorni.”

Nelle righe successive lo stesso documento conferma come il capitalismo e la logica distruttiva che ne è alla base sia un sistema economico criminale che ci sta portando alla definitiva autodistruzione:

L’effetto causato dalla riduzione dei tempi di percorrenza potrebbe avere dunque conseguenze quasi paradossali: se da un lato l’apertura di queste rotte può considerarsi l’esito di un disastro ambientale, dall’altro può rappresentare un’opportunità per efficientare il sistema dei trasporti navali e, in questo modo, renderlo più sostenibile anche sul piano ambientale. Infatti, se le acque artiche internazionali si scaldassero abbastanza da rendere efficaci le relative rotte, le compagnie di navigazione potrebbero ridurre le loro emissioni di gas a effetto serra di circa il 24%.”

Nella terza e ultima sessione del convegno intitolata Sicurezza: verso un’escalation?3 i relatori si sono concentrati sulla rinnovata rilevanza strategica che l’Artico avrà sul piano militare, in particolare dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e gli interessi che anche la Cina manifesta verso la Regione.

Accantonata definitivamente ogni prospettiva di pace, l’obiettivo è preparare le forze armate a possibili nuovi conflitti e confronti militari; va da sé la necessità di continuare sulla progressiva corsa al riarmo riguardo a cui la futura presidentessa del Consiglio Giorgia Meloni ha già ampiamente dimostrato di essere una referente ideale per la difesa del sistema di interessi alla base della guerra, in continuità con il Governo Draghi. Gli obiettivi del convegno e dei suoi partecipanti sono perfettamente riassunti nelle righe finali del documento di accompagnamento:

Anche per l’Italia, che è osservatore del Consiglio Artico dal 2013, si pone la necessità di affrontare le conseguenze di un Artico sempre più accessibile e strategicamente rilevante, dove altri Stati potrebbero portare avanti rivendicazioni e tentativi di assumere il controllo dei fulcri economici e commerciali. In questo contesto la preparazione delle Forze Armate in artico è di fondamentale rilievo, così come la modernizzazione di tutti gli equipaggiamenti utilizzabili in un ambiente così specifico, a partire da quelli terrestri.”.

Per concludere diventa ora più che mai necessario rilanciare le lotte contro la guerra ed il sistema militare-industriale che prolifera su guerre e distruzione. I loro piani di devastazione e saccheggio delle risorse naturali vengono elaborati alla luce del sole. Sta a noi riconoscerli ed impedire che lavorino in pace.

1 La prima essione è stata presieduta da Gerardo Pelosi, collaboratore del giornale di Confindustria Sole 24 Ore che negli anni ha ricoperto numerosi incarichi in diversi ministeri, fra cui la partecipazione a missioni dei Ministeri della Difesa e degli Esteri in Iraq, Afghanistan, Libano, Kosovo, prendendo inoltre parte alla missione 2012 Enea CNR alla base Zucchelli in Antartide. Hanno quindi parlato Vito Vitale, dirigente di ricerca dell’Istituto di Scienze Polari, e Carmine Robustelli, inviato speciale per l’Artico del Ministero degli Affari Esteri.

2 In questa sessione hanno preso parola Angela Stefania Bergantino, professoressa di Economia all’Università di Bari e componente del Consiglio direttivo della Società italiana di Economia dei Trasporti e della Logistica, Marco Piredda, responsabili affari internazionali dell’ENI e Luca Sisto, direttore generale Confitarma, legata a Confindustria, che riunisce imprese di navigazione e gruppi armatoriali italiani che operano in tutti i settori del trasporto merci e passeggeri, nelle crociere e nei servizi ausiliari dei traffici.

3 ha visto gli interventi dell’ammiraglio Gianfranco Annunziata, capo del 3° Reparto di Stato maggiore della Difesa e del generale Enrico Barduani, capo dell’ufficio politica militare del Ministero della Difesa. Nella stessa sessione hanno preso parola anche due manager attivi nell’industria bellica come l’ingegnere Claudio Catalano, amministratore delegato di IVECO Defence Vehicles, azienda legata alla Holding della famiglia Agnelli e al giornale Repubblica che ha relazioni economiche con i ministeri della Difesa di gran parte dei paesi NATO. Oltre a lui ha parlato l’ingegnere Massimo Debenedetti, vice presidente della divisione ricerca e innovazione della divisione navi militari di Fincantieri, sostenitore inoltre dell’utilizzo del nucleare in ambito militare: “Sul lungo termine, crediamo che il nucleare possa giocare un ruolo specialmente nel settore navale militare. Il nucleare è una delle tecnologie che stiamo monitorando.”

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