Ciao Maurizio, carpintero sin fronteras

L’11 ottobre scorso a Città del Messico è morto improvvisamente Maurizio Raab, un compagno internazionalista nato a Trento e che in seguito all’insurrezione zapatista del 1994 si trasferì nel Chiapas, in Messico, contribuendo con le sue abilità artigiane e la sua intelligenza allo sviluppo del processo rivoluzionario zapatista. Trascorse molti anni nelle comunità zapatiste condividendo con gli abitanti le proprie abilità nell’arte della falegnameria, ma anche le difficoltà della vita nella Selva, fra repressione dei militari e difficili condizioni materiali.

La morte di Maurizio ha colpito il cuore di tutti coloro che hanno avuto la fortuna di conoscerlo, chi in modo più profondo, chi attraverso incontri fugaci. Per me ricordarlo significa ritornare a quasi 20 anni fa, il periodo in cui ebbi la fortuna di conoscerlo durante una serata al Cayman village di Rovereto in cui Maurizio raccontava la sua esperienza in Chiapas, gli esperimenti di autogestione delle comunità zapatiste, le difficoltà, le contraddizioni che inevitabilmente un progetto di tale portata aveva con sé. Ricordo l’incanto con cui lo ascoltai e l’ammirazione che provavo nei suoi confronti, per un uomo che aveva avuto il coraggio e la forza di attraversare l’Oceano atlantico per sostenere un progetto rivoluzionario capace di emancipare gli indigeni della regione più povera del Messico. Una lotta che aveva saputo colpire l’immaginario di milioni di giovani in tutto il mondo, in particolare a cavallo del periodo in cui stava crescendo il movimento internazionale contro la globalizzazione, fra la fine degli ’90 e l’inizio dei 2000. Al G8 di Genova così come nelle altre oceaniche manifestazioni che avevano caratterizzato quel periodo, la figura del Subcomandante Marcos, portavoce dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN), appariva su manifesti, striscioni, magliette. E per me, ancora giovanissimo militante, sapere che Maurizio aveva costruito la casa del Subcomandante Marcos in un angolo della foresta del Chiapas provocò una reazione incredula: ma chi era Marcos? Quale era la sua storia? Un fiume di domande e di racconti attraversò quella lontana serata roveretana, che ancora oggi ricordo con grande emozione. Maurizio era un compagno nel senso più bello della parola: umile, generoso, disinteressato, lontano da ribalte mediatiche che altri personaggi in cerca di pubblicità personale al suo posto avrebbero certamente sfruttato. Maurizio ha lasciato in tutte le persone che ha incontrato impressioni ed emozioni che nelle ultime settimane sono state pubblicate nei vari social network. Questo ha facilitato la mia volontà di ricordarlo nel migliore dei modi, mettendo insieme come una specie di puzzle i vari pensieri a lui dedicati. Anche se sono passati tanti anni dal mio ultimo incontro con lui e nel frattempo tante cose sono accadute, non dimenticherò mai Maurizio, il suo sorriso, la sua generosità, la sua storia. Eri una persona che avrei voluto tanto reincontrare in un mio prossimo viaggio che da anni mi ero ripromesso di fare. 

Buon viaggio Maurizio, amante della montagna, falegname, internazionalista, zapatista, anarchico. Carpintero sin fronteras. È stata una fortuna conoscerti e condividere con te chiacchere, birre e sigarette.

Pubblico di seguito una prima parziale raccolta di pensieri a lui dedicati da amici e amiche, compagni e compagne che lo hanno conosciuto e che hanno condiviso con lui passioni, esperienze, lavoro, lotte. Parole bellissime che restituiscono lo spessore di Maurizio e la fortuna di chi ha avuto l’occasione di incontrarlo. Insieme alla pubblicazione dei seguenti ricordi l’invito che faccio a chi lo ha conosciuto è di raccoglierne altri – potete inviarmeli per email a oltreilponte@inventati.org – per tenerne vivo il ricordo e per fare in modo che il suo contributo alla lotta rimanga vivo e continui ad essere di ispirazione per chi continua a camminare e lottare su questo malandato pianeta. Perchè camminiamo sulle spalle di chi ci ha preceduto e senza memoria non si va da nessuna parte. Un brindisi a Maurizio, compagno, fratello, amico.

Enzo

Ricordo di Marco, 31/10/2022, Rovereto.

Te ne sei andato di schianto come certi tronchi nel folto della foresta. Sai che sono li, anche se non li vedi, poi all’improvviso precipitano al suolo e pur contornati da mille altri, tu percepisci solo il vuoto dolente.

Mi è capitato spesso di pensare a te e al momento in cui ci saremmo reincontrati, ma quel momento non è arrivato mai. Pensare non basta, bisogna saper vincere le remore e muovere i passi verso chi ci sta a cuore. Altrimenti poi la strada finisce.

Quando uno muore spesso indulgiamo nella retorica e nel sentimentalismo, però io credo che più che altro ci si spalanchi in faccia una verità spaventosa, qualcosa di ignoto è li ad aspettare pure noi. Non so se ci si possa arrivare veramente preparati a quel momento, forse la morte di un amico è una tappa di avvicinamento, come il superamento di una forcella di montagna che implica fatica, ma allo stesso tempo ci alleggerisce l’anima. Siamo un po’ più soli e quindi un po’ meno attrezzati ad affrontare quel misterioso rituale quotidiano dello stare al mondo. E’ come se ogni perdita ci permettesse in fondo di rinegoziare con la forza di gravità.

Tempo fa abbiamo trascorso un paio di anni insieme. Senza quasi parlare mi hai insegnato un mestiere, quello che ancora oggi mi appassiona e mi dà da vivere. L’hai fatto con tanti altri perché non ti tiravi indietro e accoglievi tutti.

Parlavi poco e bevevi come un minatore, non era facile stare al tuo fianco. Ma avevi il cuore nelle mani, mani che sapevano muoversi abili sulle tavole di legno e che dovevi essere rapido ad osservare per carpirne i segreti. Mani che non volevano saperne di prendersi cura di sé, ma che si offrivano senza remore quando qualcuno aveva bisogno. Si forse qui sto cedendo alla retorica ma era difficile non volerti bene nonostante la tua ruvidità.

E allora diciamo che a lavorare con te si faceva la fame, che eri pedissequo e maniacale che bisognava attardarsi fino a sera per perfezionare ogni dettaglio. I montaggi in cantiere non finivano mai, ma In compenso il tariffario era aggiornato al primo dopoguerra. E guai a spendere un soldo in più per l’attrezzatura, degna da cordigliera delle Ande. L’esperienza survivalista di lavorare sempre sotto la soglia del bisogno, sempre a debito di viti, sempre ad ingegnarsi a risolvere problemi con mezzi di fortuna. Più che a costruire mobili con te si imparava ad affrontare le intemperie.

Abbiamo vissuto in un regime di socialismo primordiale in cui tutto era condiviso, e più che altro la penuria, in cui tutti ricevevano la stessa paga al di là delle fregnacce sul merito. E tu a quanto ammontasse questa quota non te lo potevi immaginare mai, perché se iniziavi un lavoro in due, ti trovavi poi ad ultimarlo in dieci, perché nel frattempo Maurizio aveva arruolato una flotta di bisognosi.

Non dicevi mai di no a nessuno, anche se questo aveva la competenza artigianale di una nutria.

Eri fragile, ma con la forza di un cinghiale, eri semplicemente inadatto a questa vita in batteria

Quando le popolazioni zapatiste sono insorte tu non c’hai pensato due volte. Hai stimbrato l’ultimo cartellino e hai attraversato l’Oceano per vivere accanto a loro, ed insegnare loro la sapienza delle tue mani. Il tuo posto è lì, nel cuore di quelle foreste, dove ogni tanto si schianta al suolo un albero e lascia il dolore di uno spazio vuoto.

Domani in Messico è un giorno speciale, è el Dia de Los Muertos, e io voglio pensare a te per mantenerti vivo, voglio ricordarti mentre sorridi e pensi a quel mondo nuovo che inseguivi e chissà poi se l’hai trovato.

Buon viaggio Mastro, ciao Maurizio, carpintero sin fronteras.

La statunitense Sylvia Romo, il 22 ottobre, dal suo profilo Facebook, ha dedicato a Maurizio le seguenti parole:

Mio caro amico, il mondo è un posto minore senza di te. L’unico e unico Carpintero sin Fronteras (Falegname Senza Frontiere). Abile artigiano, impegnato rivoluzionario, gentile, amico premuroso, nato in Italia ma adottato dal Messico. Mi mancherai sempre.

Ho scoperto del passaggio improvviso di Maurizio su Facebook circa una settimana fa. Un posto davvero imperfetto per sentire queste notizie. E un posto ancora più imperfetto per esprimere il tuo dolore per una persona che hai amato. Ma siccome non conosco nessuno che lo conoscesse nel raggio di 2000 miglia da qui, questo è quello che mi è rimasto.

Ho incontrato Maurizio alla fine del 1999 a La Realidad, Chiapas, Messico – la “sede” del movimento zapatista. Viveva lì già da qualche tempo, nonostante la pesante militarizzazione e le difficili condizioni di vita. Era una delle migliaia di persone in tutto il mondo ispirate dal movimento che si è affollato in Chiapas in quel periodo. “Los desplazados de la esperanza” ci chiamava una volta – gli sfollati non dalla guerra o dalla tragedia, ma dalla speranza che un mondo migliore possa iniziare in territorio zapatista. A La Realidad, Maurizio è stato un comitato informale di accoglienza per le centinaia, forse migliaia di attivisti internazionali che hanno visitato Realidad per prestare sostegno. Immagino che a volte possa essere stato noioso, ma non per Mauri. Ci ha subito abbracciato, ha condiviso le sue doti di cucina, le sue storie e anche la sua nutella e olio d’oliva – preziosi lussi nella Selva Lacandona. Quando me ne sono andato, abbiamo giurato di rimanere in contatto e per fortuna l’abbiamo fatto.

Qualche anno dopo, mi sono trasferito in Chiapas e Maurizio e ho fatto un punto per collegarmi a San Cristobal ogni volta che le nostre strade si incrociavano lì. Mi mancano i pasti e il vino che abbiamo condiviso, le conversazioni al Cafè Museo Cafè. Posso ancora immaginarlo al Caffè, chinato in avanti sul tavolo, la sua guancia poggiata nella mano destra mentre ci raggiungevamo e scambiavamo “chisme” zapatista – io dall’altopiano, lui dalle pianure della giungla. Il suo chisme è sempre stato meglio del mio. Ricordo una storia in particolare su come riuscì a raccogliere ingredienti a La Realidad per fare a Sup Marcos una torta di compleanno al cioccolato…

Il tempo di Maurizio in Chiapas era roba da libri di storia. Lui, come nessun altro che ho incontrato, era pienamente impegnato, pienamente guidato dall’amore e dalla solidarietà. Era rinfrescantemente assente di ego in un luogo dove molti attivisti erano motivati più dal farsi un nome che dal vero altruismo o dalla solidarietà. Da falegname altamente qualificato, ha contribuito immensamente a costruire l’autonomia zapatista. Ha letteralmente aiutato a costruirlo con le sue stesse mani. E ha trasmesso ai giovani zapatisti la sua conoscenza e passione per quella che chiamava “el arte de trabajar la madera” affinché potessero usarla per costruire le loro comunità e trasmetterle agli altri. La sua eredità in territorio zapatista continuerà, non ho dubbi.

Nel 2002 ho avuto l’onore di visitare Maurizio quando viveva in un’altra comunità giungla zapatista chiamata Guadalupe Tepeyac. Queste foto sono di quella visita.

La comunità era stata conquistata dai militari, ma erano tornati da poco dopo molti anni di sfollamento. Maurizio ha ricevuto una casa ricoperta di murales nel cuore del paese e ha allestito un laboratorio di falegnameria per costruire mobili per le famiglie, creare oggetti da vendere per sostenerli e insegnare alla prossima generazione di carpinteros ribelli.

Quando c’ero io, ha fatto amorevolmente ogni bambino della comunità giocattoli di legno dipinti a mano. Mi ha detto che si è ispirato da qualcosa che ha letto una volta: “la vera pace è quando i bambini possono essere bambini. ” Non riesco a esprimere a parole come fosse andare in giro per il paese mentre Maurizio tirava fuori i giocattoli da una borsa come un Babbo Natale reale – ma molto molto meglio. Vedere questi bambini, nati in una zona di guerra, ricevere i loro stessi giocattoli. Forse il loro primo e unico giocattolo. Prima di partire, Maurizio mi ha regalato anche un giocattolo (vedi foto del camion). Lo apprezzerò sempre.

Grazie per aver letto questo lungo post. Aiuta la profonda tristezza condividere questa parte della storia di Mauri. Non è incluso nei tanti libri sul movimento zapatista, ma è stato importante ed è stato amato da molti di loro e da molti di noi – probabilmente molte centinaia di persone sparse nel mondo – che hanno avuto il privilegio di conoscerlo. Ciao Mauri. Ciao querido Mauri. Hasta siempre, compañero.

Paolo Fornaciari invece dedica a Maurizio questi pensieri, pubblicati su Facebook il 14 ottobre 2022.

Ciao Mauri.

Ho conosciuto Maurizio nel Maggio del 2000 mentre salivamo su un furgone semi clandestino che ci avrebbe portato dopo una notte di viaggio e posti di blocco dell’esercito messicano nel buio della Selva Lacandona ad una comunità zapatista.

Lui viveva in quei luoghi già da anni, da poco dopo che l’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale era insorto, il primo Gennaio 1994. Viveva nella Selva, ogni tanto tornava in città e ogni tantissimo ripassava dall’Italia, a Trento, dove era nato.

Mi ha insegnato mille cose in quelle settimane passate tra bimbi, soldati, insurgentes, comandanti e Sub Comandanti, animali, pulci, scorpioni e tigrillos (uditi ma mai visti). Nella Selva faceva il falegname. Lui era il Carpintero Sin Fronteras. Era una delle persone più dolci, disponibili e gentili che abbia mai conosciuto. Le centinaia di attivisti passati per La Realidad lo possono confermare.

Costruiva piccoli oggetti di uso quotidiano che i poveri indios del posto gli ripagavano con inviti a cena o con qualche pollo spennacchiato e anoressico.

Nella sua falegnameria nella Selva teneva appesa alla parete una cartina delle Dolomiti di Trento che qualcuno gli aveva regalato. Lavorava molto di più che un turnista in fabbrica: alla falegnameria, alla pulizia delle latrine, in cucina, alla microturbina idroelettrica che si stava cercando di installare per portare la corrente in quella zona dimenticata da Dio ma non dai soldati, al controllo dei veicoli militari che due volte al giorno transitavano in mezzo al villaggio per tenere sotto pressione gli abitanti, al gioco con i bimbi…

Quando ritornai nella Selva nel Dicembre dello stesso anno lo aiutai a costruire un letto per il Subcomandante Marcos. Non ricordo il nome del legno usato, ma ricordo quanto fosse duro, durissimo da tagliare a mano; la pochissima corrente prodotta da un generatore a gasolio doveva essere centellinata dal momento che il benzinaio più vicino era a non meno di 8 ore di fuoristrada, con i posti di blocco militari che costituivano sempre un’incognita.

Quando nel 2001 venne a sapere che ero stato vittima della repressione a Genova trovò il modo di farmi recapitare una lettera manoscritta (che arrivò due mesi dopo) in cui mi ha fatto sentire tutto il suo dolore.

Maurizio era un puro.

Dopo tanti anni nella Selva mi raccontò di aver espresso critiche nei confronti della Comandancia militare.

Una cosa che poteva avere lo stesso significato di una critica a Che Guevara. Non la presero bene.

Dopo qualche anno andai al suo matrimonio “messicano” a Trento. Tornai a trovarlo da quelle parti un paio di volte quando appunto ritornava in Italia e una volta che ero di passaggio da Città del Messico mi ospitò a casa sua. Aveva abbandonato la Selva, con grande dispiacere.

Da tanto tempo non ci abbracciavamo più data la distanza. Ogni tanto dialogavamo su Facebook o sempre lì vedevo le sue creazioni di Carpintero Sin Fronteras o i suoi richiami politici.

Mauri ci ha fatto una brutta sorpresa lasciandoci, davvero brutta.

Sei stato importante per tantissime persone compañero.

Non ti dimenticheremo.

Gianni Battisti di Trento invece scrive di lui il 15 ottobre 2022, sempre sui social network.

Ho conosciuto Maurizio negli anni settanta, tanti anni fa, noi giovani ragazzini, finita la scuola eravamo ai primi approcci col lavoro, lui falegname alla ditta Kettmeier di Trento ed io idraulico; pochi soldi in tasca tanti sogni, tante idee. A quei tempi aveva un soprannome, che non rifiutava affatto, Patton, si proprio il generale, cose da ragazzini! Passavamo le ore libere al paesello di Vela ad ascoltare Guccini, settimane chiusi nella camera di Maurizio e raccontarci le prime cose che imparavamo! Tra locomotiva ed arrabbiata passavamo delle bellissime serate, le sapevamo a memoria tutte allora, giravamo con l’ eskimo, il primo Grundig per duplicare audiocassette l’abbiamo comperato metà per ciascuno, stessa cosa il cavetto che per noi era un capitale!

I primi motorini e le gite programmate per risparmiare miscela! Col passare dei tempi è arrivata l’impresa di partire assieme per il mare, un mese o quasi, viste le finanze era davvero un’impresa, ferie e permessi, a Rimini in una mia vecchia canadese a mangiare scatolette ed uova arrostite perché di più non sapevamo fare e perché soldi non ce n’erano. Poi la passione per la montagna col passare degli anni, meravigliose gite in Brenta fino alla memorabile settimana da rifugio a rifugio con Virgilio suo collega ed Assunta. Poi è arrivata l’arrampicata, il corso roccia fatto assieme, la prima corda d’arrampicata comperata ancora al 50%…me lo vedo ancora sulle varie pareti che ricordo come fosse ieri, le battute, gli scherzi e le interminabili discussioni a fine giornata. Anni favolosi, il Sella, conoscevamo il Brenta come casa nostra, le torri del Vajolet; poi io mi sono sposato con Elsa, ragazza che girava con noi ed un po’ alla volta le strade si sono divise, ci siamo visti e sentiti poco per tanti anni per riallacciare grazie a Facebook pochi anni fa. L’avevo invitato ma l’ho fatto troppo tardi.

No, troppi ricordi belli per non mordersi le labbra che non ci sia più!

Ciao Patton!

Per chiudere questo primo articolo (spero altri ne seguiranno grazie a nuovi contributi) in ricordo di Maurizio riporto il manifesto che pubblicizza la serata con cui gli amici e le amiche, i compagni e le compagne di Città del Messico lo hanno ricordato nei giorni scorsi in una serata pubblica presso la biblioteca sociale Reconstruir.

Continua….

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