Riprendiamo da Bergteufelbz.noblogs.org il resoconto dell’ultimo corteo solidale con il popolo palestinese che ha attraversato la città di Bolzano sabato scorso. Una manifestazione riuscita che ha unito la critica e la lotta contro le complicità locali nell’industria bellica (vedi IVECO dv e Leonardo con la start up Flying basket attiva in città) alla denuncia del clima repressivo che fin dall’inizio ha caratterizzato la mobilitazione solidale con il popolo palestinese, in città come altrove. Dalla sistematica schedatura di ogni manifestante (foto e riprese video effettuate in modo ossessivo dalla polizia politica) alle denunce, dalle manganellate agli avvisi orali (minacce istituzionali) nei confronti di due compagni, la Questura non ha infatti nascosto l’atteggiamento ostile nei confronti di una mobilitazione che vuole imporre la fine del Genocidio del popolo palestinese. Di fronte all’orrore di cui anche il Governo italiano è complice non è più il tempo della paura. Di fronte al terrorismo di Stato a Gaza, legittimato dalle democrazie occidentali, è tempo di lottare con coraggio. Ci vorrebbero silenti, apatici, impotenti, confusi , persi nel marasma digitale. La lotta sta risvegliando sempre più coscienze.
Trasformare le loro guerre e il loro orrore in 10, 100, 1000 Vietnam a casa loro è il dovere di chiunque ami la libertà e la giustizia. Siamo tutti palestinesi.
Nel pomeriggio di sabato 4 maggio, un corteo di circa 200 persone, chiamato dall’assemblea cittadina in solidarietà con il popolo palestinese, ha attraversato, per l’ennesima volta in questi mesi, le strade di Bolzano. Come nelle altre occasioni, una discreta presenza di giovani e giovanissimi, oltre a diversi palestinesi e membri di altre comunità arabe.
Il passaggio davanti alla Questura è stato un’occasione per sottolineare il ruolo delle forze dell’ordine nell’impedire con ogni mezzo che le manifestazioni in solidarietà con la Palestina assumano forme più incisive della mera testimonianza, il clima repressivo che in uno Stato in guerra non può che appesantirsi – e al quale è necessario reagire – e l’atteggiamento della Questura bolzanina nei confronti delle piazze degli ultimi mesi, con prescrizioni irricevibili, numerose denunce (l’ultima notificata quella per turbamento di funzioni religiose a due compagne e due compagni che la mattina di Natale hanno interrotto la messa in Duomo in solidarietà con Gaza) e in un paio di occasioni l’uso della forza, fino agli avvisi orali a due compagni con esplicita minaccia di richiesta della sorveglianza speciale se non dovessero modificare la propria condotta.
Giunti nei pressi della stazione ferroviaria, la testa del corteo – seguita da buona parte dei partecipanti – si è infilata in un ingresso secondario, raggiungendo la banchina del primo binario, dove per un po’ si sono susseguiti cori e interventi al megafono rivolti ai numerosi viaggiatori assiepati in attesa, mentre la celere, subito entrata in stazione da due lati, rimaneva a distanza. Una sortita simbolica, che tuttavia ha provocato comunque una breve interruzione del traffico ferroviario. Un modo per ricordare a noi stessi e suggerire ad altri che, in tempi di guerra e di partecipazione diretta del proprio Stato a un genocidio, dovrebbe essere quasi un automatismo organizzarsi per intralciare, ciascuno nel proprio territorio, tutte le articolazioni della logistica e dell’economia di guerra – che si moltiplicano, nel momento in cui tutto il sistema produttivo e sociale viene sempre di più orientato verso la preparazione alla guerra. L’esempio che è stato ricordato è il recente accordo fra Rete Ferroviaria Italiana e il colosso degli armamenti Leonardo per adeguare, anche attraverso i sistemi informatici di quest’ultimo, le linee ferroviarie alle esigenze dei trasporti militari. Una volta usciti attraversando l’atrio e ricongiunti con il resto del corteo che nel frattempo aveva tenuto bloccata la rotonda davanti alla stazione, si è ripartiti per le vie del centro.
Un passo minimo ma di buon auspicio, nella speranza che il vento che viene dai campus occupati negli Stati Uniti arrivi presto anche alle nostre latitudini.