[Bolzano] 4 Novembre: cronaca di una giornata antimilitarista

Dopo oltre otto mesi di guerra in Ucraina e propaganda militarista sparata a reti unificate su tutti i principali mezzi di comunicazione, la giornata del 4 Novembre e la relativa retorica di unità nazionale non poteva passare inosservata.
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[Bolzano] 4 Novembre: niente da festeggiare. Presidio contro la guerra

Di seguito la chiamata uscita dall’assemblea pubblica antimilitarista di domenica per un momento di contestazione alle celebrazioni del 4 novembre in Piazza Walther.

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[Bolzano] 30.10 Assemblea pubblica antimilitarista, verso il 4 novembre

Dopo il corteo di sabato 22 ottobre, che ha visto oltre 500 persone scendere in piazza contro la guerra e gli interessi economici del grande capitale che ne sono alla base, continua in città il percorso antimilitarista. Prossima tappa l’assemblea pubblica lanciata per domenica 30 ottobre alle ore 15 presso l’anfiteatro arcobaleno nella zona ex orso Pippo a Parco Petrarca.

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[Bolzano] Oltre 500 persone al corteo contro la guerra di sabato 22 ottobre

Sabato 22 ottobre la manifestazione contro la guerra ha attraversato la città di Bolzano. Il corteo, partito alle 15.45 circa da piazza Matteotti, è arrivato intorno alle ore 18 in piazza Magnago, dopo aver percorso alcune fra le vie centrali della città: via Roma, Corso Italia, Piazza Mazzini, Corso Libertà, ponte Talvera, via Museo e piazza Municipio. Numerosi gli interventi delle varie anime che hanno composto il corteo, diverse centinaia di volantini distribuiti e per un pomeriggio interrotta la normalità e l’indifferenza delle principali arterie del traffico cittadino.

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[Bolzano] Manifestazione contro la guerra sabato 22 ottobre

Sono passati circa 8 mesi dal 24 febbraio scorso, giorno in cui le truppe russe hanno varcato la frontiera e iniziato la guerra contro l’Ucraina. Lunghi mesi in cui milioni di ucraini sono stati costretti a lasciare le proprie case mentre altre migliaia sono stati uccisi.
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[Bolzano] Striscioni solidali con Vincenzo Vecchi. Nè estradizione nè prigione.

Il prossimo 11 ottobre, alle ore 10, la Corte di Cassazione francese a Parigi deciderà se concedere o meno l’estradizione di Vincenzo Vecchi, compagno milanese condannato a circa 12 anni di carcere per fatti legati alle giornate del G8 di Genova 2001.

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[Bolzano] A Castel Mareccio si prepara la guerra di domani. Contestato convegno del complesso militare-industriale-energetico sull’Artico

Lunedì 3 ottobre a Bolzano nel primo pomeriggio, un gruppo di antimilitariste e antimilitaristi ha contestato il convegno Artico: il nuovo “grande gioco” mondiale, organizzato dall’Esercito Italiano, dall’Istituto per gli studi di politica internazionale e dall’Istituto affari internazionali nell’ambito del 150° anniversario dellla fondazione del Corpo degli Alpini. Sono stati distribuiti alcune centinaia di volantini ed esposto uno striscione che riportava la scritta Oggi a Castel Mareccio si prepara la guerra di domani.

L’obiettivo era rendere visibile alla città cosa stesse accadendo dietro alle mura del Castello. Sebbene il giornale locale Alto Adige abbia dedicato all’appuntamento solo un piccolo trafiletto, assai notevole invece l’importanza delle cariche ricoperte dai relatori nei vari ambiti propedeutici alla guerra. Nel convegno si sono infatti dati appuntamento importanti esponenti del complesso militare – industriale – energetico italiano, istituti di ricerca, professori universitari, giornalisti e politici; i suoi contenuti rappresentano una tendenza delle politiche predatorie che il grande capitale sta preparando per i prossimi anni, a maggior ragione in seguito alla guerra in Ucraina e alla relativa esplosione dei costi dell’energia.

Il volantino distribuito durante l’iniziativa

L’oggetto dei relatori è l’Artico o meglio, le risorse energetiche e naturali che si “libererebbero” in seguito al cambiamento climatico ed al relativo scioglimento dei ghiacci. Basta fare una veloce ricerca in rete e salta subito all’occhio come da tempo il Grande capitale stia – attraverso giornate di studi e ricerche – studiando e lavorando intorno alla prospettiva di sfruttare le risorse presenti nel mare Artico. Lo stesso ministero degli Esteri italiano, sul suo sito segnala come tale regione stia diventando sempre più epicentro di tensoni geopolitiche ed appetiti economici.

Insomma tutto avviene alla luce del sole, non occorre inventare complotti per conoscere le logiche distruttive e criminali del capitalismo. Come è scritto in un documento allegato alla presentazione del convengno, secondo i relatori lo scioglimento dei ghiacci e la prevedibile devastazione che ne seguirà, non registrerà solo aspetti negativi, ma offrirà anche opportunità, intorno alle quali bisognerà farsi trovare preparati. Per capire le modalità con cui farsi trovare pronti sono stati chiamati a discutere rappresentanti di aziende leader dell’industria militare come IVECO Defence Vehicles e Fincantieri, dell’industria energetica come ENI, giornalisti ed alti rappresentanti dell’Esercito italiano. Tutti uniti in vista di una futura unità di azione con l’obiettivo di vincere quello che viene chiamato il “gioco mondiale” intorno all’Artico, in cui la posta in gioco per il capitale è altissima. Come sempre gli interessi per la popolazione del pianeta vanno in direzione opposta, dato che pagherà un prezzo impossibile da quantificare in denaro per i disastri che verranno provocati dallo scioglimento della calotta polare, evidentemente data ormai per acquisita dalla classe dominante. Con buona pace dei movimenti ambientalisti come Fridays for Future, spesso cooptati dal potere nelle loro kermesse a base di Green washing. Ma vediamo con le parole dei relatori (contenute in un documento che illustra i concetti alla base delle varie relazioni, leggibile a questo link) gli scenari si apriranno con il cambiamento climatico e la fine dei ghiacci eterni:

Ma gli effetti dello scioglimento del ghiaccio vanno ben oltre la dimensione prettamente ambientale. In ambito commerciale assumono crescente importanza nuove rotte di transito per i trasporti marittimi quali il Passaggio a nord-ovest (NWP) – che potrebbe rimanere aperto per un periodo dell’anno più esteso – e la rotta del Mare del Nord (NSR). Inoltre, lo scioglimento dei ghiacci sta accelerando una “corsa” per il controllo delle risorse naturali tra le principali potenze globali il cui territorio si affaccia sulla regione, ma anche tra quelle – come la Cina – che mostrano crescente attenzione all’Artico.”

Mentre il capitale da un lato offre la carota delle energie rinnovabili a movimenti ambientalisti e partiti ecologisti, dall’altro continua ad usare il bastone per trasformare la distruzione degli equilibri naturali del pianeta in un affare economico di enormi proporzioni per multinazionali dell’energia ed industria bellica.

Dopo l’apertura fatta dal Generale Pietro Serino, Capo di Stato maggiore dell’Esercito italiano, gli interventi introduttivi sono stati fatti da Marzio Mian e dal generale Claudio Graziano. Il primo è un giornalista che da anni segue con attenzione ciò che accade nell’Artico al punto di avere fondato The Arctic times Project, un gruppo di giornalisti che intende “far luce sui profondi cambiamenti economici, geopolitici e culturali in atto nella regione artica a causa dei cambiamenti climatici”, come riportato sul sito Internet del progetto.

Il secondo, già presidente del Comitato militare dell’Unione Europea e attualmente presidente di Fincantieri, è stato messo sotto inchiesta per il disastro ambientale commesso dall’Esercito in Sardegna, nel poligono militare di Capo Teulada.

La prima sessione del convegno1 ha sostanzialmente presentato la necessità di porre attenzione alla regione Artica – centrale per gli appetiti del sistema militare-industriale-energetico – aprendo ai successivi relatori lo spazio di discussione. Il documento che accompagna il convegno scrive infatti come “per il 2050, si ritiene che la regione al di sopra del circolo polare possa essere completamente priva di ghiacci, considerando il ritmo con cui la calotta si va riducendo e l’effetto moltiplicatore del riscaldamento dei mari e delle temperature di superficie. Dunque, le dinamiche in atto nella regione polare raggiungono tutte le latitudini ed accelerano le conseguenze del cambiamento climatico a livello mondiale, rappresentando così una sfida globale.”

Nella seconda sessione intitolata Economia ed energia: tra (tanti) rischi ed opportunità i relatori2 hanno discusso dell’enorme importanza economica della regione artica, soprattutto in prospettiva futura. Infatti “secondo l’US Geological Survey l’Artico possiede nel proprio sottosuolo il 40% delle riserve mondiali di petrolio e gas, per un valore stimato attorno a 20 trilioni di dollari (l’equivalente del Pil annuale degli Stati Uniti). Oltre l’80% di queste risorse si troverebbe nelle acque off-shore dell’Oceano Artico. Inoltre, la regione conterrebbe il 30% di tutte le risorse naturali globali.”

In tal senso “la Groenlandia gioca un ruolo chiave, dato che nella parte meridionale dell’isola si potrebbero trovare alcuni tra i più grandi giacimenti al mondo di uranio e terre rare, sempre più ambite per le svariate applicazioni in settori industriali ad alto contenuto tecnologico cruciali per le transizioni digitale ed ecologica, dalla realizzazione di semiconduttori alle batterie per auto elettriche. I costi di sfruttamento delle risorse artiche sono ad oggi elevati, ma il progressivo scioglimento dei ghiacci potrebbe ridurre i costi di trivellazione rendendo le operazioni più competitive e dunque più attrattive in termini di investimenti, considerando allo stesso tempo il costo ambientale in termini di sostenibilità.”

Nella presentazione del convegno, fra le cosiddette opportunità che lo scioglimento dei ghiacci offrirebbe ai trasporti marittimi si sottolinea come “la navigabilità dell’Artico potrebbe aumentare al punto da rendere la rotta percorribile per tutto l’anno, aprendo così nuove prospettive per i trasporti marittimi internazionali: le rotte artiche sono infatti dal 30% al 50% più corte delle rotte del canale di Suez e del canale di Panama per i traffici Est-Ovest, con tempi di transito ridotti di circa 14-20 giorni.”

Nelle righe successive lo stesso documento conferma come il capitalismo e la logica distruttiva che ne è alla base sia un sistema economico criminale che ci sta portando alla definitiva autodistruzione:

L’effetto causato dalla riduzione dei tempi di percorrenza potrebbe avere dunque conseguenze quasi paradossali: se da un lato l’apertura di queste rotte può considerarsi l’esito di un disastro ambientale, dall’altro può rappresentare un’opportunità per efficientare il sistema dei trasporti navali e, in questo modo, renderlo più sostenibile anche sul piano ambientale. Infatti, se le acque artiche internazionali si scaldassero abbastanza da rendere efficaci le relative rotte, le compagnie di navigazione potrebbero ridurre le loro emissioni di gas a effetto serra di circa il 24%.”

Nella terza e ultima sessione del convegno intitolata Sicurezza: verso un’escalation?3 i relatori si sono concentrati sulla rinnovata rilevanza strategica che l’Artico avrà sul piano militare, in particolare dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e gli interessi che anche la Cina manifesta verso la Regione.

Accantonata definitivamente ogni prospettiva di pace, l’obiettivo è preparare le forze armate a possibili nuovi conflitti e confronti militari; va da sé la necessità di continuare sulla progressiva corsa al riarmo riguardo a cui la futura presidentessa del Consiglio Giorgia Meloni ha già ampiamente dimostrato di essere una referente ideale per la difesa del sistema di interessi alla base della guerra, in continuità con il Governo Draghi. Gli obiettivi del convegno e dei suoi partecipanti sono perfettamente riassunti nelle righe finali del documento di accompagnamento:

Anche per l’Italia, che è osservatore del Consiglio Artico dal 2013, si pone la necessità di affrontare le conseguenze di un Artico sempre più accessibile e strategicamente rilevante, dove altri Stati potrebbero portare avanti rivendicazioni e tentativi di assumere il controllo dei fulcri economici e commerciali. In questo contesto la preparazione delle Forze Armate in artico è di fondamentale rilievo, così come la modernizzazione di tutti gli equipaggiamenti utilizzabili in un ambiente così specifico, a partire da quelli terrestri.”.

Per concludere diventa ora più che mai necessario rilanciare le lotte contro la guerra ed il sistema militare-industriale che prolifera su guerre e distruzione. I loro piani di devastazione e saccheggio delle risorse naturali vengono elaborati alla luce del sole. Sta a noi riconoscerli ed impedire che lavorino in pace.

1 La prima essione è stata presieduta da Gerardo Pelosi, collaboratore del giornale di Confindustria Sole 24 Ore che negli anni ha ricoperto numerosi incarichi in diversi ministeri, fra cui la partecipazione a missioni dei Ministeri della Difesa e degli Esteri in Iraq, Afghanistan, Libano, Kosovo, prendendo inoltre parte alla missione 2012 Enea CNR alla base Zucchelli in Antartide. Hanno quindi parlato Vito Vitale, dirigente di ricerca dell’Istituto di Scienze Polari, e Carmine Robustelli, inviato speciale per l’Artico del Ministero degli Affari Esteri.

2 In questa sessione hanno preso parola Angela Stefania Bergantino, professoressa di Economia all’Università di Bari e componente del Consiglio direttivo della Società italiana di Economia dei Trasporti e della Logistica, Marco Piredda, responsabili affari internazionali dell’ENI e Luca Sisto, direttore generale Confitarma, legata a Confindustria, che riunisce imprese di navigazione e gruppi armatoriali italiani che operano in tutti i settori del trasporto merci e passeggeri, nelle crociere e nei servizi ausiliari dei traffici.

3 ha visto gli interventi dell’ammiraglio Gianfranco Annunziata, capo del 3° Reparto di Stato maggiore della Difesa e del generale Enrico Barduani, capo dell’ufficio politica militare del Ministero della Difesa. Nella stessa sessione hanno preso parola anche due manager attivi nell’industria bellica come l’ingegnere Claudio Catalano, amministratore delegato di IVECO Defence Vehicles, azienda legata alla Holding della famiglia Agnelli e al giornale Repubblica che ha relazioni economiche con i ministeri della Difesa di gran parte dei paesi NATO. Oltre a lui ha parlato l’ingegnere Massimo Debenedetti, vice presidente della divisione ricerca e innovazione della divisione navi militari di Fincantieri, sostenitore inoltre dell’utilizzo del nucleare in ambito militare: “Sul lungo termine, crediamo che il nucleare possa giocare un ruolo specialmente nel settore navale militare. Il nucleare è una delle tecnologie che stiamo monitorando.”

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[Bolzano] Waltherpark? Un buco nell’acqua! Contestato il party di Signa nel cantiere di Benko

Sabato 16 settembre un gruppetto di compagni e compagne ha cercato di rovinare la festa organizzata dalla società Signa Holding all’interno del cantiere del Waltherpark a Bolzano. Una scena piuttosto surreale appariva agli occhi di chi passava nei paraggi: mentre sotto decine di operai lavoravano nel cantiere, poco sopra la borghesia bolzanina e numerose persone attratte dall’offerta di birra e cibo gozzovigliavano per la gioia del plenipotenziario di Benko a Bolzano, Heinz Peter Hager.

Più volte in passato su Oltre il Ponte come nelle strade e nelle piazze cittadine è stato espresso il dissenso di molti abitanti della città nei confronti di un progetto speculativo che rientra in un generale progetto della Signa, ovvero costruire e acquisire immobili nei centri storici delle città o in ogni caso in zone privilegiate dei centri cittadini. Affari e operazioni immobiliari che si estendono in molte parti d’Europa: Germania e Austria soprattutto ma anche Svizzera, Italia, Lussemburgo. Una società che gestisce un patrimonio immobiliare del valore complessivo di oltre 15 miliardi di euro e che a Bolzano ha dimostrato di avere il potere di influenzare in modo plateale le istituzioni politiche, piegandole agli interessi di una ristretta èlite di milionari privilegiati ovvero gli unici che si potranno permettere di comprare appartamenti e case di lusso interne al Waltherpark. La vicenda legata all’approvazione del progetto ha dimostrato come per ogni affarista sia importante – anzi fondamentale – la capacità di influenzare e determinare le priorità nella cronaca locale. In tal senso si comprende bene il significato dell’acquisto nel 2018  del 49% del gruppo mediatico tedesco Funke sui quotidiani austriaci “Kronen Zeitung” e “Kurier” da parte di Signa Holding. 

Riportiamo cosa è stato scritto sulla pagina Facebook di Bolzano antifascista:

“Ieri pomeriggio un piccolo gruppo di compagnə ha provato a rovinare la festa di “inaugurazione” che si svolgeva nel mezzo del cantiere del progetto Waltherpark del miliardario Renè Benko entrando di soppiatto all’evento blindato e lanciando migliaia di coriandoli contenenti slogan contro la città dei ricchi e il futuro che ci stanno preparando.

Allontanatə dalla sicurezza privata e dalla polizia la protesta è continuata poi fuori dai cancelli del cantiere in cui sono stati distribuiti centinaia di volantini controinformativi.”

I coriandoli lanciati al party dentro al cantiere del Waltherpark e per le strade della città. Messaggi che aspettano di essere raccolti

Contemporaneamente al party organizzato dai dipendenti del miliardario austriaco, in piazza Magnago, di fronte al palazzo delle Provincia si è svolta una protesta organizzata dallo Spazio autogestito 77 di Bolzano e dall’associazione Ambiente e Salute in cui si sono susseguiti interventi al microfono contro un progetto devastante sia dal punto di vista ambientale che sociale, che racchiude in sè un modello di città che ci stanno preparando per il futuro, disegnata per il consumo e per incontri in spazi alienanti dove ovviamente non c’è spazio per chi non dispone di denaro a sufficienza. Una città per privilegiati che costruisce automi degni interpreti del mantra produci-consuma-crepa. Una parte di città per è contraria e non si è bevuta la propaganda di Signa e dei suoi tirapiedi, presenti in ogni ambito della vita cittadina.

Di seguito il volantino distribuito durante il presidio e la contestazione di fronte al party pro-Waltherpark:

Waltherpark? Un buco nell’acqua! Quando la riqualificazione è solo un danno

Nonostante i ritardi e gli aumenti del costo del progetto (coperti in parte anche da soldi pubblici) il mostro di cemento è in costruzione: cantieri, buchi e allagamenti. 

In nome del decoro e della pulizia abbiamo perso un pezzo di città e un parco pubblico ricevendo in cambio il terzo centro commerciale della città. Cosa succederà ora?

Nuovi posti di lavoro? Si ma quali?

Nel pieno della crisi dove facciamo fatica a pagare le bollette e i rincari ci mettono alle strette, la ripartenza economica di Bolzano è stata affidata ad uno speculatore edilizio, Renè Benko, proprietario di numerosi centri commerciali che hanno già fallito e dove sono stati licenziati migliaia di lavoratori e lavoratrici. I 22.000 metri quadrati di negozi del Waltherpark ospiteranno catene di multinazionali che oltre a disintegrare il piccolo commercio, creeranno posti di lavoro mal pagati e precari.

Nuove case? Si ma per chi?

Mentre gli affitti si alzano e sempre più persone faticano a trovare e pagare una casa, il Waltherpark ospiterà 5 villette con appartamenti di lusso. Uno schiaffo in faccia per chi vive il problema abitativo che si vedrà costruire alloggi per ricchi mentre i palazzi che ospitavano famiglie e persone a basso reddito sono stati abbattuti durante i lavori di costruzione del progetto.

Uno spazio nuovo dove incontrarsi? Si, ma in che modo?

Una colata di cemento ospiterà locali, ristoranti e negozi che diventeranno “un nuovo luogo d’ incontro per la città”. Un’altro spazio privato dove spendere soldi che non abbiamo, dove comprare merce scadente che non ci serve e dove sentirci protetti da telecamere che allontaneranno tutti e tutte quelli che non corrispondono al piano di pulizia della città. Insomma non proprio un luogo per tutti.

Un progetto sostenibile dal punto di vista ambientale? Certamente no!

Mentre viviamo una crisi climatica senza precedenti, oltre ad averci fatto perdere prati ed alberi, il Waltherpark ha come ampiamente predetto, intaccato una delle falde acquifere della città. La fonte idrica da cui attinge l’acquedotto cittadino rischia così di portare gravi conseguenze sulla qualità dell’acqua che beviamo.

Forse abbiamo fatto troppo poco per impedire che una parte della città fosse svenduta e messa nelle mani di investitori privati. Il cantiere è avviato e il progetto sarà terminato nel 2024 portando gravi danni alla viabilità e all’ambiente.

Il Waltherpark non è un progetto per la città, è una cattedrale di consumo che ci prepara ad un futuro fatto di cemento e controllo, dove i poveri lavoreranno a condizioni sempre peggiori, dove i proletari saranno trattati solo come consumatori e dove i ricchi guarderanno questo orrido spettacolo dall’alto dei loro attici che nessuno di noi potrà mai permettersi.

Riprendiamoci la nostra città, disertiamo il Waltherpark.

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Waltherpark? Ein Schlag ins Wasser! Von Requalifizierung zu Dequalifizierung

Trotz Verzögerungen und Kostensteigerungen, die zum Teil durch öffentliche Gelder gedeckt werden ist das Betonmonster im Bau: Baustellen, Löcher und Überschwemmungen.

Im Namen des Anstands und der Sauberkeit haben wir ein Stück Stadt und einen öffentlichen Park verloren und im Gegenzug das dritte Einkaufszentrum der Stadt erhalten. Was wird jetzt geschehen?

Neue Arbeitsplätze? Ja, aber welche?

Mitten in der Krise, in der wir unsere Rechnungen nicht mehr bezahlen können und die Preissteigerungen uns in die Enge treiben, wurde die wirtschaftliche Wiederbelebung Bozens einem Bauspekulanten anvertraut, Renè Benko, Eigentümer zahlreicher Einkaufszentren, die bereits in Konkurs gegangen sind und in denen Tausende von Arbeitnehmern entlassen wurden. Die 22.000 Quadratmeter Ladenfläche im Waltherpark werden multinationale Ketten beherbergen, die nicht nur das Kleingewerbe zerstören, sondern auch schlecht bezahlte und prekäre Arbeitsplätze schaffen werden.

Neue Häuser? Ja, aber für wen?

Da die Mieten steigen und immer mehr Menschen Schwierigkeiten haben, eine Wohnung zu finden und zu bezahlen, werden im Waltherpark fünf luxuriöse Wohnblöcke entstehen. Das ist ein Schlag ins Gesicht derjenigen, die mit dem Wohnungsproblem konfrontiert sind und die mit ansehen müssen, wie Wohnungen für Reiche gebaut werden, während die Gebäude, in denen Familien und einkommensschwache Menschen untergebracht waren, während des Baus des Projekts abgerissen werden.

Ein neuer Ort der Begegnung? Ja, aber auf welche Weise?

In einem Betonbau sollen Clubs, Restaurants und Geschäfte untergebracht werden, die zu einem “neuen Treffpunkt für die Stadt” werden sollen. Ein weiterer privater Raum, in dem wir Geld ausgeben können, das wir nicht haben, in dem wir billige Waren kaufen können, die wir nicht brauchen, und in dem wir uns durch Kameras geschützt fühlen können, die jeden und jede abweisen, die nicht in den Sauberkeitsplan der Stadt passen. Kurzum, nicht gerade ein Ort für jedermann.

Ein ökologisch nachhaltiges Projekt? Sicherlich nicht!

Während wir eine noch nie dagewesene Klimakrise erleben, die nicht nur zum Verlust von Rasenflächen und Bäumen führt, hat der Waltherpark, wie allgemein vorhergesagt, einen der Grundwasserleiter der Stadt ausgehöhlt. Die Wasserquelle, aus der das städtische Aquädukt gespeist wird, birgt somit die Gefahr, dass die Qualität des Wassers, das wir trinken, ernsthaft beeinträchtigt wird.

Vielleicht haben wir zu wenig getan, um zu verhindern, dass ein Teil der Stadt verkauft und in die Hände privater Investoren gelegt wird. Die Baustelle ist in vollem Gange, und das Projekt wird 2024 abgeschlossen sein, was zu schweren Schäden am Straßennetz und an der Umwelt führt.

Der Waltherpark ist kein Projekt für die Stadt, sondern eine Kathedrale des Konsums, die uns auf eine Zukunft aus Beton und Kontrolle vorbereitet, in der die Armen unter immer schlechteren Bedingungen arbeiten werden, in der die Proletarier nur noch als Konsumenten behandelt werden und in der die Reichen dieses schreckliche Schauspiel von den Höhen ihrer Penthäuser aus beobachten können, die sich niemand von uns je wird leisten können.

Lasst uns unsere Stadt zurückerobern, lasst uns den Waltherpark verlassen.

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[Bolzano] Contestata la preghiera antiabortista di fronte all´ospedale

Sabato 20 agosto intorno alle ore 14, un gruppo di compagne e compagni ha contestato ancora una volta la provocatoria presenza di fronte all´ospedale di Bolzano di un gruppo di appartenenti alla sezione sudtirolese del Bewegung für das Leben, lí recatisi per le proprie preghiere antiabortiste. Mentre le cronache di tutti i giorni raccontano di donne picchiate, ammazzate, violentate o seviziate dai propri fidanzati o mariti, su altri fronti organizzazioni reazionarie di matrice ultracattolica operano presso ospedali, scuole e istituzioni per limitare ulteriormente le possibilitá di scelta delle donne, contribuendo cosí ad erodere diritti civili conquistati dopo dure lotte.

Foto presa dalla pagina FB Bolzano Antifascista

Di seguito il testo del volantino distribuito dai compagni nel corso della contestazione:

La legge 194 non ci basta più!

Per un aborto libero e sicuro. Ma per davvero!

(A seguire un testo distribuito da alcunə compagnə durante l’ennesima contestazione fuori dall’ ospedale dell’associazione antiabortista Bewegung für das Leben. )

Nel 2022 la Corte Suprema degli Stati Uniti ha cancellato il diritto costituzionale all’aborto determinando la sorte di milioni di donne. Soprattutto di quelle meno privilegiate.

Ma mentre guardiamo con orrore al processo di criminalizzazione messo in atto nei confronti di chi pratica l’interruzione di gravidanza in alcuni stati degli Usa, possiamo davvero essere sicure che in Italia l’aborto sia un diritto?

Possiamo affermare di essere libere e sicure di praticare l’ IVG in un paese dove ben 31 strutture della sanità pubblica hanno il 100% di medici obiettori di coscienza? Possiamo ritenerci “al sicuro” in una città dove davanti all’ospedale è concesso ad un gruppo di ultra cattolici di pregare contro le donne che praticano l’interruzione di gravidanza? Possiamo ritenerci tutelate in una regione che concede all’associazione pro-life Bewegung fur das Leben circa 110 mila euro l’anno? Possiamo davvero pensare che sia possibile abortire in modo sicuro e libero in una provincia dove l’84% dei/delle ginecologhe esercita l’obiezione di coscienza?

A più di 40 anni dalla promulgazione della legge 194 ancora molte donne sono costrette a praticare l’aborto lontano dal proprio luogo di residenza per la mancanza di strutture e in troppe subiscono ancora violenze psicologiche da parte del personale ospedaliero.

Possiamo ancora credere che una legge che permette a medici e professionisti di esercitare la propria morale sui nostri corpi sia sufficiente a tutelare la nostra libertà e la nostra autodeterminazione?

Negli Stati Uniti i movimenti femministi hanno colpito e protestato in modo deciso contro associazioni antiabortiste subendo una forte repressione nel tentativo di difendere l’autodeterminazione sulla propria vita e sul proprio corpo.

Anche qui oggi difendiamo con il nostro amore e con la nostra rabbia i diritti conquistati con le lotte.

Ma è arrivato il momento di desiderare di più per noi e per le nostre sorelle.

Fuori gli obiettori di coscienza dagli ospedali!

Cacciamo Bewegung für das Leben fuori dalle nostre città.

Sempre complici e solidali con chi CON O SENZA DOLORE continua a decidere SUL PROPRIO CORPO, SULLA PROPRIA VITA

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[Bolzano] Volantinaggio solidale con sindacalisti arrestati a Piacenza

Mercoledí 3 agosto, in occasione dello sciopero nazionale indetto in solidarietá ai sindacalisti di SI COBAS e USB arrestati su ordine della PM di Piacenza Grazia Pradella, e dell´udienza del tribunale del riesame che deve pronunciarsi sulla loro liberazione, alcuni compagni hanno fatto un volantinaggio solidale nella zona industriale di Bolzano, attaccando striscioni e distribuendo volantini ai lavoratori. Una piccola azione solidale con i compagni colpiti da questa ondata repressiva che si aggiunge alle centinaia di altre che in Italia come all´estero hanno voluto rilanciare la solidarietá e rispedire al mittente il delirante teorema accusatorio della Procura di Piacenza, intenzionata a distruggere – attraverso un´inchiesta piena zeppa di sporche menzogne e mistificazioni – un sindacato che ha saputo migliorare le condizioni di lavoro di migliaia di lavoratori in un settore – quello della logistica ma non solo – dove prima vigeva il piú selvaggio sfruttamento da parte di false cooperative.

Siamo di fronte a un pericoloso attacco al diritto di sciopero ed al diritto dei lavoratori di lottare per migliorare le proprie condizioni di lavoro. Un´offensiva che avviene su mandato dei padroni della logistica e di Confindustria. Un attacco che non deve passare. Toccano uno toccano tutti. Di seguito il testo del volantino distribuito ai lavoratori e alle lavoratrici della zona industriale:

SOLIDARIETÁ AI SINDACALISTI ARRESTATI A PIACENZA – IL DIRITTO DI SCIOPERO NON SI TOCCA!

Oggi pomeriggio in occasione dello sciopero nazionale e del processo che riesamina le accuse ai danni dei sindacalisti di Piacenza (imputati di fra le altre cose di associazione a delinquere, resistenza ed estorsione), un pugno di compagni ha attaccato volantini e striscioni per la zona industriale di Bolzano .

Perchè se sono innocenti hanno tutta la nostra solidarietà, se sono colpevoli ancora di più !

Segue il testo del volantino.

All´alba di martedí 19 luglio a Piacenza, su ordine della locale Procura, sono stati arrestati i sindacalisti Aldo Milani, Ali Mohamed Arafat, Carlo Pallavicini e Bruno Scagnelli del SICOBAS. Oltre a loro soo finiti agli arresti domiciliari anche Abed Issa Mahmoud El Moursi e Roberto Montanari dell´USB.

Questo ennesimo attacco repressivo nei confronti dei sindacati avviene a distanza di un anno e mezzo dall´ultima ondata repressiva avvenuta il 1 febbraio 2021; anche allora ad essere arrestati furono Carlo e Arafat. Oltre a ció non si contano le denunce ed i fogli di via che negli anni sono stati emessi nei confronti di centinaia di lavoratori che lottano per migliorare le proprie condizioni di lavoro.

Le accuse stavolta sono di associazione a delinquere per violenza privata, resistenza a pubblico ufficiale sabotaggio e interruzione di pubblico servizio. Come ha scritto SICOBAS nel suo comunicato: Tale castello accusatorio sarebbe scaturito dagli scioperi condotti nei magazzini della logistica di Piacenza dal 2014 al 2021: secondo la procura tali scioperi sarebbero stati attuati con motivazioni pretestuose e con intenti “estorsivi”, al fine di ottenere per i lavoratori condizioni di miglior favore rispetto a quanto previsto dal contratto nazionale. Sul banco degli imputati figurano tutte le principali lotte e mobilitazioni condotte in questi anni: GLS, Amazon, FedEx-TNT, ecc.

Non possiamo che fare nostra l´analisi del sindacato di base che nello stesso comunicato scrive: Ci troviamo di fronte a un attacco politico su larga scala contro il diritto di sciopero e soprattutto teso a mettere nei fatti fuori legge la contrattazione di secondo livello, quindi ad eliminare definitivamente il sindacato di classe e conflittuale dai luoghi di lavoro.

L’avanzare della crisi e i venti di guerra si traducono in un’offensiva sempre più stringente contro i proletari e in particolare contro i lavoratori piú combattivi, decisi a non abbassare la testa. Contro questa ennesima provocazione poliziesca, governativa e padronale, al di là di gruppi e sigle di appartenenza, bisogna sapere rispondere in maniera compatta e decisa. Migliaia di lavoratori e lavoratrici hanno scioperato contro gli arresti e altre migliaia hanno manifestato a Piacenza e decine di altre cittá – in Italia e all´estero – per rilanciare la solidarietá e non lasciare soli chi é costretto ai domiciliari.

La Procura di Piacenza, su mandato dei padroni della logistica e di Confindustria, vuole colpire un sindacato che ha contribuito a migliorare le condizioni di lavoro degli operai, liberandoli da una condizione in cui false cooperative dettavano legge, imponendo contratti da schiavi. Gli arresti costituiscono un´intimidazione che vuole fare abbassare la testa a sindacati che hanno avuto la capacitá di organizzare operai italiani e stranieri, costruendo solidarietá e coscienza di classe lí dove vorrebbero i lavoratori divisi e soli.

NON POSSIAMO LASCIARLI SOLI!

TOCCANO UNO TOCCANO TUTTI!

Consigliamo la lettura dei seguenti contributi:

Piacenza: Un inchiesta razzista  

L´appello pretendere l´immediata liberazione dei sindacalisti arrestati

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