[Bolzano] Guerra, sangue capitale. Un volantino distribuito alla manifestazione pacifista in piazza Walther

Venerdì 24 febbraio in piazza Walther alle ore 18 si è svolta una manifestazione per la pace. Una manifestazione che, sulla falsariga di quella organizzata un anno prima, si è confermata priva di contenuti, incapace di raccogliere la preoccupazione generale e fare un passo avanti rispetto alla gravità del momento che stiamo vivendo. Uno stanco, stanchissimo rituale in cui hanno officiato la “messa” con discorsi sterili il sindaco Renzo Caramaschi ed il presidente Anpi Guido Margheri. Una manifestazione a cui hanno preso parte anche esponenti del Partito Democratico, il principale partito – insieme a Fratelli d’Italia – a sostenere in modo acritico il continuo invio di armi e l’escalation militare bellica – fino alla fine – come ha detto Giorgia Meloni. A loro consigliamo di rivolgersi ad un bravo psichiatra. Una manifestazione che invece di esprimere rabbia e voglia di lottare si è trasformata nel solito palcoscenico per i soliti noti che hanno detto le solite cose, generiche, valide per ogni occasione. Una manifestazione dal copione già scritto, in cui è stato impedito di prendere la parola – con lo sconcerto di chi fra gli altri partecipanti lo ha saputo – a chi portava altri contenuti in merito alla critica alla guerra. Una manifestazione sonnolenta, a cui le fiaccole hanno dato un tono lugubre.

Tuttavia vista la gravità del momento storico che stiamo vivendo e l’importanza di mobilitarsi contro il disastro verso cui la borghesia di tutti i paesi coinvolti ci sta facendo precipitare, alcuni compagni e compagne hanno deciso di partecipare, distribuendo un volantino, nel tentativo di diffondere una critica antimilitarista che sappia andare alla radice della questione.

Perchè la lotta contro la guerra non può essere separata dalla lotto contro il sistema economico che la produce. Ricordiamo che l’industria bellica sta maturando immensi profitti grazie all’ennesimo conflitto provocato dal capitalismo. Di seguito il testo del volantino distribuito in piazza:

GUERRA, SANGUE, CAPITALE

In un passaggio relativo alla guerra russo-giapponese del 1905 il romanziere russo Lev Tolstoj scriveva: «La situazione di quelli che vi partecipavano e quella degli altri che assistevano al suo svolgersi ricordava da un lato, per i primi, i viaggiatori seduti in vagoni che viaggiano sul pendio di un ponte verso un precipizio, dall’altro, gli uomini che stanno come impotenti dinanzi all’imminente catastrofe». L’atteggiamento generale che vediamo oggi non è diverso.

É passato un anno dall´inizio della fase piú cruenta della guerra in Ucraina. Dopo 8 anni di guerra in Donbass, l´invasione delle truppe russe è la tragica conseguenza di una crisi politica iniziata fra il 2010 e 2014 e che – vista l’incapacità di trovare un compromesso politico od economico – ha visto degenerare in conflitto armato la rivalità fra Stati Uniti e Unione Europea da una parte e Russia dall’altra, per il controllo delle immense risorse naturali dell´Ucraina.

Non si tratta di una guerra fra Russia e Ucraina: è una guerra tra la NATO e la Russia sul territorio ucraino. Un conflitto preparato da molti anni, come ha detto il generale polacco Biniek dichiarando che le truppe di Kiev erano armate e istruite dalla Nato almeno dal 2014, dopo il golpe di Euromaidan. Da un anno centinaia di migliaia di giovani proletari russi e ucraini vengono mandati al macello per gli interessi economici delle rispettive oligarchie nazionali. Il conflitto per procura fra Stati Uniti e Russia che si sta svolgendo sulla loro pelle non ha nulla a che vedere con questioni ideali (il patriottismo secondo la propaganda russa o la libertá e la democrazia secondo quella occidentale) bensí con piú semplici e squallidi interessi materiali legati ai profitti economici delle parti in causa.

Da un anno siamo in guerra. Giornalisti, scrittori e intellettuali con l’elmetto in questo periodo si sono impegnati ad avvelenare il dibattito, inquinare i ragionamenti, stilare liste di proscrizione e calunnie contro i pacifisti e gli antimilitaristi, ed a legittimare il partito unico della guerra che – da destra a sinistra – ci sta portando verso un punto di non ritorno. Il circo mediatico in quest’ultimo anno ha cancellato il passato con l’obiettivo di riscrivere il presente, dipingendo l’invasione dell’Ucraina come la decisione improvvisa di un pazzo criminale sanguinario a cui si contrappongono i buoni democratici.

Poche settimane fa il segretario della NATO Stoltenberg ha affermato: «La guerra oggi è in Europa, domani forse in Asia». Una frase che indica nella Cina il prossimo obiettivo delle politiche guerrafondaie americane. Una frase che, unita alla recente provocazione a Taiwan, dimostra come la pace non sia una prospettiva gradita al governo statunitense.

Gli Stati Uniti hanno costruito il proprio potere economico sulla miseria di parti sempre piú ampie del pianeta, depredandone le risorse (Afghanistan, Iraq, Libia, Ucraina sono solo le guerre piú recenti ma si potrebbero citare anche i tentati colpi di stato in Bolivia e Venezuela) e scatenando guerre laddove gli interessi del capitale lo richiedevano. Putin agisce e ragiona nello stesso modo, cercando di difendere la sfera di influenza russa anche con la guerra, come ha fatto in Georgia nel 2008 oppure in Siria. Entrambi sono parte dello stesso problema.

La situazione attuale non sarebbe peró stata possibile senza la collaborazione della corrotta borghesia ucraina e del nazionalismo in affitto di Zelensky che ha la responsabilità di aver messo il territorio ucraino a disposizione dei piani di guerra della NATO. Gli oligarchi ucraini nell´ultimo decennio hanno svenduto a multinazionali dell´agroindustria americane, europee, cinesi e saudite, enormi porzioni della propria superficie coltivabile.

L’Ucraina post-sovietica, con i suoi 32 milioni di ettari arabili di ricco e fertile suolo nero (detto cernozëm), dispone dell’equivalente di un terzo di tutto il terreno agricolo esistente nell’Unione europea. Un bottino su cui il capitale occidentale aveva messo gli occhi da tempo. Inoltre il Donbass é una delle regioni dell´Ucraina piú ricche non solo di carbone, gas e petrolio, oltre che di ferro, manganese, titanio e uranio, ma è anche l’area dove si trovano le maggiori riserve in Europa di metalli e terre rare, che sono alla base dell’industria del futuro, perché utilizzati nell’industria hi-tech e nella cosiddetta green economy.

La guerra in Ucraina, per ciò che è e per il futuro che prepara, è una guerra contro i proletari ucraini, russi e di tutto il mondo. Mentre le industrie del complesso militare industriale (fra cui la bolzanina Iveco Defence Vehicles in affari con Ucraina e Stati Uniti) maturano osceni profitti e le spese militari statali aumentano in modo esponenziale, nei paesi coinvolti dal conflitto il livello di sfruttamento e repressione aumenta, il dissenso viene criminalizzato, annullato o limitato. I costi delle politiche di riarmo invece vengono come al solito scaricati sui lavoratori tagliando la spesa sanitaria, scolastica e sociale.

Finchè non ci sarà un rottura del fronte interno in Russia, Ucraina o nei paesi NATO, la distruzione dell’Ucraina e le sofferenze degli ucraini proseguiranno. Con ciò anche la possibilità di una terza guerra mondiale. Muoviamoci prima che sia troppo tardi. Disertiamo le loro guerre, organizziamoci, smascheriamo la propaganda e gli interessi di chi vuole l’escalation militare. Facciamo controinformazione, scioperiamo, agiamo!

CONTRO LA GUERRA E GLI INTERESSI ECONOMICI CHE LA PERMETTONO!!

NON UN SOLDO, NON UN UOMO PER LE LORO GUERRE!!

GUERRA ALLA GUERRA!!

Antimilitaristi bolzanini

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[Bolzano] 10 febbraio – Contestato convegno “Pro Vita”

Venerdì 10 febbraio dalle ore 19, nella sala comunale “Anna Frank” di via Mendola si è svolto un convegno dal titolo “Si potrà ancora dire mamma e papà?” organizzato dal movimento Pro vita e famiglia, a cui sono stati invitati diversi esponenti dell’estrema destra attualmente al Governo in Italia. Fra costoro ricordiamo almeno l’esponente del partito postfascista Fratelli d’Italia Marco Galateo (tale figuro difende talmente tanto la famiglia che si è fatto promotore di una legge che vorrebbe sfrattare dagli alloggi popolari tutte le famiglie che hanno al loro interno persone con comportamenti problematici che destano un nn meglio chiarito “allarme sociale”) e il deputato parlamentare europeo della Lega Matteo Gazzini. I relatori – tutti uomini – erano stati invitati a parlare della fantomatica ideologia Gender che a detta degli organizzatori starebbe “infettando ogni ambito del vivere sociale: scuola, media, istituzioni, web, legislazione”.

Il manifesto del convegno

Dalla Lega a Fratelli d’Italia, dai Freiheitlichen alle sezioni locali dei movimenti antiabortisti, nella sala comunale si è discusso sostanzialmente della necessità di proseguire la battaglia contro i movimenti che si battono per una maggior estensione dei diritti civili e più in generale, contro le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale. Ogni qualvolta nelle scuole viene proposto un progetto contro le discriminazioni di genere, associazioni e partiti attivi nella crociata anti-LGBTQ innescano sceneggiate paventando un possibile traviamento di minori, basta ricordare la caciara messa in piedi alcuni anni fa a Bolzano, in occasione dello spettacolo teatrale Fa’afafine.

Le parole hanno un peso ed è significativo che a promuovere il convegno sia un movimento denominato Pro Vita che difende la famiglia cosiddetta naturale. Esponenti della borghesia più reazionaria che utilizzano il concetto di natura come clava per discriminare minoranze di ogni tipo, per emarginare, creare differenze, costruendo emergenze che semplicemente non esistono ma che però producono effetti spesso tragici. I difensori della famiglia tradizionale sono gli stessi che hanno costruito la propria fortuna politica coltivando e diffondendo l’odio razzista e difendendo gli interessi economici della peggiore borghesia predatoria. 

In un mondo dove guerre, sfruttamento e devastazione ambientale costituiscono la realtà quotidiana per la gran parte dell’umanità, bisogna prendere atto – se ancora ci fossero degli ingenui che non se ne fossero accorti – che ogni diritto faticosamente conquistato nel corso di lunghe e faticose lotte è in pericolo. Diritti sociali e civili vengono sistematicamente erosi e svuotati per indebolire e compromettere le capacità di organizzazione delle classi subalterne o di minoranze sociali.

Per contrastare la disinformazione propagandata in convegni del genere, fuori dalla sala comunale Anna Frank almeno una 50ina le partecipanti a un volantinaggio che ha contestato le falsità diffuse dai relatori con numerosi interventi al megafono e distribuendo volantini.

Una presenza che ha riscaldato il cuore di chi vi ha partecipato e di tutte quelle persone che vivono sulla propria pelle le campagne di odio, sperimentandone gli effetti che certe menzogne producono nel senso comune delle persone. 

Piuttosto ingombrante e sproporzionato il dispositivo repressivo messo in campo dalla Questura di Bolzano che ha impiegato sul terreno il reparto celere, oltre numerosi altri agenti. Indicativo di un periodo storico in cui ogni forma di dissenso è sempre più criminalizzata. 

Di seguito l’altro volantino distribuito durante il presidio, che contiene le riflessioni personali di una partecipante: 

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[Bolzano] Dichiarazione al processo d’appello per la manifestazione del Brennero

Il 3 febbraio si è svolta presso il tribunale di Bolzano l’ultima udienza che precede la sentenza nel processo d’appello per il corteo contro le frontiere (Brennero, maggio 2016). La sentenza è prevista per il 17 marzo. Questa la dichiarazione letta in aula, sottoscritta da una ventina di imputati e imputate:

Dichiarazione al processo d’appello per la manifestazione del Brennero

Se esiste un luogo in cui le parole non esprimono mere opinioni prive di conseguenze, questo è senz’altro il tribunale. Tra qualche giorno, in quest’aula, si deciderà se e per quanto tempo il nostro futuro sarà fatto di sbarre e di carcere.

Non è un motivo per tacere.

Nell’accanimento repressivo che le varie Procure di questo Paese riservano da tempo al movimento anarchico – di cui i 130 anni di carcere dispensati nella sentenza di primo grado di questo processo sono un buon esempio –, in questi giorni si sta toccando l’apice. Lo Stato sembra deciso a condannare a morte il compagno anarchico Alfredo Cospito, oggi al suo 107° giorno di sciopero della fame ad oltranza contro la tortura del 41 bis e contro l’ergastolo ostativo. La determinazione di Alfredo, da un lato, e la ferocia istituzionale, dall’altro, fanno passare decisamente in secondo piano, per noi, l’esito di questo processo e le nostre sorti individuali.

In un Paese segnato da una lunga scia di stragi vere realizzate da apparati dello Stato con la manovalanza dei neofascisti – questa è non solo una verità storica, ma persino giudiziaria –, ad essere condannati per «strage politica» sono… due anarchici (Alfredo Cospito e Anna Beniamino), per «una strage senza strage attribuita senza prove». La più odiosa contraffazione dell’idea e della pratica anarchiche, che ha portato Alfredo nella tomba per vivi del 41 bis.

Se questa è la logica, allora si possono distribuire 130 anni di carcere per una manifestazione che ha provocato, secondo la stessa accusa, 8000 euro di danni. La coerenza, come si dice, è nell’insieme.

Mentre si parla di Costituzione, di Stato di diritto e di pace, la realtà ci dice che i governi democratici d’Occidente ci stanno portando dritti verso il conflitto con la Russia, cioè su di un piano inclinato in fondo al quale c’è la Terza Guerra Mondiale, con annesso annientamento della vita terrestre.

L’accanimento contro il dissenso in generale e contro anarchiche e anarchici in particolare è il fronte interno di tale guerra. Il 41 bis è carcere di guerra.

Per questo il grande coraggio di Alfredo e la solidarietà che ha saputo raccogliere spaventano così tanto. Fanno parte di quell’umanità che non si schiererà mai a fianco delle bombe della NATO, come i nostri compagni e compagne in Russia non si schierano a fianco di quelle di Putin.

Mentre a voi spetta la scelta se inserirvi nel coro di una repressione oggi giorno più smisurata, il nostro pensiero e il nostro cuore sono con Alfredo.

Bolzano, 3 febbraio 2023

Giulia Perlotto, Carlo Casucci, Kamilla Bezerra, Massimo Passamani, Manuel Oxoli, Luca Rassu, Roberto Bottamedi, Marco Degosus, Arianna Viola, Mattia Magagna, Roberto Bonadeo, Agnese Trentin, Andrea Parolari, Stefano Diani, Benedetta Antonucci, Matteo Nascimben, Sirio Mafrini

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[Bolzano] 100 giorni di sciopero della fame. 27-01 Presidio solidale con Alfredo Cospito. Contro la tortura e la repressione

Alfredo Cospito è ormai giunto a 100 giorni di sciopero della fame, iniziato il 20 ottobre scorso. Le sue condizioni di salute stanno rapidamente peggiorando, due giorni fa, nel tentativo di farsi una doccia è svenuto, procurandosi una frattura al naso e perdendo molto sangue. La capacità di termoregolazione del suo corpo è compromessa tanto che è costretto ad indossare svariati maglioni e pantaloni per proteggersi dal freddo. Ogni suo movimento richiede uno sforzo immane e per spostarsi è costretto a ricorrere ad una sedia a rotelle.

La dottoressa che lo sta seguendo, Angelica Milia, ha ricevuto un’ intimidazione da parte del Ministero, a non diffondere notizie relative allo stato di salute di Alfredo.

Non si deve sapere che lo stanno uccidendo e che lo Stato in ogni sua articolazione concorre nel perseguire l’assassinio scientifico del prigioniero anarchico.

La Cassazione ha inizialmente fissato al 20 aprile l’udienza per trattare il ricorso presentato dall’avvocato di Alfredo Cospito. Una presa in giro, dato che non sarebbe mai potuto arrivare a quel giorno vivo. Allora la data è stata anticipata al 7 marzo, fra un mese e mezzo, ancora troppo tardi per le sue già precarie condizioni di salute.

Tuttavia Cospito prosegue con tenacia e coraggio la sua lotta mettendo a repentaglio l’unica cosa su cui può ancora esercitare un controllo: il proprio corpo, la propria salute, nel tentativo di piegare il sistema di tortura istituzionale del 41 bis e dell’ergastolo ostativo. Una lotta che – come ha spiegato lui stesso – è per lui come per tutti i 750 detenuti reclusi in queste condizioni.

Con il passare dei giorni e il rischio sempre più imminente che il suo assassinio venga compiuto, si moltiplicano sempre più le iniziative in sua solidarietà e ancora una volta a Bolzano i compagni e le compagne sono scesi in strada per rompere l’indifferenza ed il cinismo con cui si sta mettendo in atto l’annientamento di Cospito, condannato all’ergastolo ostativo per “una strage senza strage attribuita senza prove” e recluso al 41 bis per la sua attiva partecipazione al dibattito politico sulla stampa del movimento anarchico.

Venerdì 27 gennaio, dalle 12.30 alle 14 circa, all’incrocio fra via Museo e via Cassa di Risparmio, numerosi interventi solidali si sono susseguiti al megafono, e centinaia di volantini sono stati distribuiti ai passanti, alcuni dei quali si sono fermati per leggere la mostra che spiega in cosa consiste il 41 bis. Un piccolo contributo per ricordare alla popolazione cosa accade nelle carceri e quali metodi vengono utilizzati dalla democrazia italiana per distruggere fisicamente e psichicamente i prigionieri.

Di seguito il testo che è stato distribuito ai passanti:

A QUASI 100 GIORNI DI SCIOPERO DELLA FAME SCENDIAMO IN STRADA AL FIANCO DI ALFREDO

CONTRO LA TORTURA DEL 41 BIS

E DELL’ERGASTOLO OSTATIVO

Da oltre tre mesi il prigioniero anarchico Alfredo Cospito è in sciopero della fame contro il regime 41 bis applicatogli e contro l’ergastolo ostativo. Le sue condizioni stanno precipitando, e l’amministrazione penitenziaria arriva a diffidare la sua dottoressa dal rilasciare dichiarazioni sul suo stato di salute, «al fine di non vanificare le finalità» del 41 bis, minacciando di impedirle di visitarlo. Nel corso di un’udienza lo scorso 5 dicembre Alfredo ha dichiarato:

«Seppellito definitivamente con l’ergastolo ostativo, che non ho dubbi mi darete, con l’assurda accusa di aver commesso una “strage politica”, per due attentati dimostrativi in piena notte, in luoghi deserti, che non dovevano e non potevano ferire o uccidere nessuno e che di fatto non hanno ferito e ucciso nessuno. Non soddisfatti, oltre all’ergastolo ostativo, visto che dalla galera continuavo a scrivere e collaborare alla stampa anarchica, si è deciso di tapparmi la bocca con la mordacchia medievale del 41 bis, condannandomi ad un limbo senza fine in attesa della morte. Io non ci sto e non mi arrendo, e continuerò il mio sciopero della fame per l’abolizione del 41 bis e dell’ergastolo ostativo fino all’ultimo mio respiro, per far conoscere al mondo questi due abomini repressivi di questo paese. Siamo in 750 in questo regime ed anche per questo mi batto».

Alfredo è detenuto in regime di Alta Sicurezza da oltre dieci anni, dopo aver rivendicato il ferimento dell’amministratore delegato di Ansaldo Nucleare Roberto Adinolfi («Decisi di passare all’azione dopo il disastro nucleare di Fukushima», dichiarò). Ora rischia l’ergastolo ostativo, insieme alla compagna Anna Beniamino, per «una strage senza strage attribuita senza prove». Lo scorso maggio la ministra Cartabia ha disposto il suo trasferimento al regime di annientamento del 41 bis, a Sassari, per metterlo definitivamente a tacere seppellendolo vivo. Il 19 dicembre, dopo oltre 60 giorni di sciopero della fame, il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha rigettato il ricorso contro l’applicazione del 41 bis, condannandolo di fatto a morte. Nei giorni scorsi Alfredo ha dichiarato che si opporrà con tutte le sue forze all’eventuale alimentazione forzata. Nei mesi scorsi il compagno Juan Sorroche è stato condannato a 28 anni di carcere per un attacco a una sede della Lega nel quale nessuno è rimasto ferito. Nelle prossime settimane, a Trento è prevista la sentenza per quattro compagni colpiti da misure cautelari in un’inchiesta per fatti slegati con unico filo conduttore la solidarietà anticarceraria; a Bolzano, la sentenza di appello per i compagni condannati in primo grado a oltre 160 anni di carcere per il corteocontro le frontiere al Brennero del 2016. Nel frattempo, sempre più spesso la concessione di misure alternative è vincolata a vere e proprie pretese di abiura. Un clima che non riguarda solo gli anarchici: si pensi al trattamento riservato a sindacalisti di base, studenti, attivisti per il clima… Il 41 bis è il vertice estremo di una macchina repressiva che lavora per chiudere tutti gli spazi per continuare a lottare. Sostenere la lotta di Alfredo è una questione di autodifesa collettiva sempre più urgente.

Assemblea bolzanina contro carcere e repressione

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[Bolzano] 26 gennaio presentazione libro “Guerra in Ucraina e Internazionalismo proletario” con il curatore Pietro Basso

Segnaliamo questa importante iniziativa organizzata dall’Assemblea cittadina contro le guerre. Un contributo importante per spezzare il coro militarista che ci sta portando giorno dopo giorno sull’orlo dell’abisso. In questo blog abbiamo già ripreso un intervento contro la guerra di Pietro Basso, redattore del blog Il pungolorosso e curatore del libro “Guerra in Ucraina e internazionalismo proletario” che si presenterà alla sala Fronza di via Dalmazia. Invitiamo tutte e tutti a partecipare ad una serata densa di riflessioni e spunti per contrastare la deriva in cui la borghesia ci sta trascinando allo scopo di garantire i propri interessi economici, i propri profitti, i propri privilegi. Un’occasione per discutere e confrontarsi dal vivo, fuori dalle bolle social e dalle sterili discussioni virtuali. 

A quasi un anno dall´inizio della guerra in Ucraina, la possibilitá che si giunga in tempi brevi ad un cessate il fuoco appare lontana. Come accaduto per le numerose guerre provocate dallo schieramento occidentale negli ultimi 20 anni (Afghanistan, Iraq, Libia, ecc.), anche il conflitto in Ucraina si é normalizzato e non suscita piú particolare rabbia o emozione nonostante le tragiche immagini provenienti dalle cittá ucraine, il vertiginoso aumento della spesa militare ed i tagli a scuola e sanitá.

La propaganda in cui siamo immersi da un anno a questa parte ha impedito di ragionare sulle radici di questo conflitto, che risiedono in questioni economiche e politiche che nulla hanno a che vedere con gli interessi dei lavoratori, siano essi ucraini, russi oppure europei. In occidente ogni voce contraria all´escalation militare o critica nei confronti delle politiche militariste della Nato é sistematicamente infangata e marginalizzata con calunnie e accuse di essere filorusse.

Quali interessi economici sono alla base della guerra in Ucraina? Come proseguire la mobilitazione contro la guerra? Quale futuro ci stanno preparando?

Per discutere su questi temi invitiamo tutte e tutti a partecipare alla presentazione del libro:

GUERRA IN UCRAINA E INTERNAZIONALISMO PROLETARIO

con Pietro Basso, curatore del libro

GIOVEDÍ 26 GENNAIO 2023

Ore 20 alla sala comunale “Guido Fronza”
Via Dalmazia 30 C – Bolzano

Assemblea cittadina contro la guerra – Bolzano

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[Trentino-Sudtirolo] Continua la mobilitazione solidale per Alfredo Cospito

In regione, come nel resto d’Italia e del mondo, continua la mobilitazione per Alfredo Cospito, ormai da circa 90 giorni in sciopero della fame contro il regime carcerario di tortura istituzionale 41 bis a cui è sottoposto dal maggio 2022. Durante la mattinata del 13 gennaio a Bolzano sono state distribuite diverse centinaia di volantini (per leggere il volantino andate al seguente link) e il fumetto La Voragine di Zerocalcare, capace di spiegare anche a chi non conosce a fondo il tema l’orrore e la violenza che tale regime di tortura comporta. Studenti e passanti hanno mostrato forte interesse per una questione che, grazie alla tenace lotta di Alfredo, sta riuscendo a rompere il clima di omertà e silenzio che le istituzioni statali hanno tentato di costruici attorno.

Nelle stesse ore a Trento, un presidio  di fronte al Tribunale ha portato solidarietà a Massimo, Agnese, Stecco e Juan; compagni e compagne sotto processo per episodi completamente slegati uno dall’altro ma che la Procura di Trento prova a riunire all’interno dell’ennesimo teorema associativo. Un copione per cui i repressori della Procura non si sono degnati nemmeno di trovare un titolo, come è scritto nel volantino che è stato distribuito durante l’iniziativa. Nel caso di Massimo si è fatto esplicitamente ricorso ad una giurisprudenza creativa sempre più utilizzata per costringere compagni e compagne a subire provvedimenti di limitazione della libertà e per negare benefici di legge; egli viene infatti accusato di “tentata estorsione con finalità di terrorismo” per avere provato a leggere – durante le trasmissioni di Radio 80 a Rovereto – un comunicato solidale con i prigionieri uccisi e torturati nelle carceri italiane del marzo 2020.

Presidio solidale a Trento con Massimo, Agnese, Stecco e Juan

Nella serata dello stesso giorno, a Rovereto, la sala Filarmonica è stata riempita da oltre 200 persone che hanno ascoltato l’intervento dell’avvocato Flavio Rossi Albertini, il quale da anni segue le vicende legali di Cospito. Oltre tre ore in cui è stato spiegato in cosa consiste la barbarie del 41 bis e in generale il continuo innalzamento del livello repressivo contro compagni e compagne che lottano, che coincide con rapporti di forza decisamente a favore della borghesia di questo Paese.

La mobilitazione continua senza sosta e la prossima iniziativa è lanciata per il 17 gennaio alle ore 18 presso la facoltà di Sociologia a Trento. Ogni giorno che passa all’interno del 41 bis è un giorno che avvicina Alfredo Cospito alla morte. Moltiplichiamo le iniziative solidali. Contro la tortura. Solidarietà a tutti i prigionieri rivoluzionari. 

Per approfondire:

Podcast della trasmissione “Tutta la città ne parla” con l’avvocato Flavio Rossi Albertini e Luigi Manconi

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[Rovereto] 13 gennaio. Serata pubblica con l’avvocato di Alfredo Cospito

Da oltre 80 giorni prosegue lo sciopero della fame dell’anarchico Alfredo Cospito, recluso dal maggio 2022 in regime di tortura 41 bis. Le sue condizioni di salute sono sempre più critiche, e ogni giorno che passa lo avvicina in modo sempre più critico alla morte. In queste ultime settimane in Italia e all’estero si sono susseguite centinaia di manifestazioni, presidi e azioni solidali con Cospito, contro la tortura, contro l’ergastolo ostativo e contro la feroce repressione indirizzata contro il movimento anarchico.

Oltre alla solidarietà proveniente dalle realtà militanti, lo sciopero della fame a oltranza di Alfredo ha costretto sempre più persone a prendere una posizione e rompere così il silenzio con cui lo Stato vorrebbe chiudere la pratica. Negli ultimi giorni un nuovo appello pubblico è stato indirizzato al Ministro della Giustizia Carlo Nordio per fare uscire Alfredo dal regime di tortura 41 bis.

All’interno della campagna solidale, un lavoro prezioso e insostituibile è stato svolto dall’avvocato Flavio Rossi Albertini, intervenuto in innumerevoli trasmissioni radiofoniche e iniziative pubbliche, per spiegare in cosa consiste il 41 bis e in che termini è stata orchestrata la repressione contro il movimento anarchico in Italia, ma non solo. Venerdì 13 gennaio egli è stato invitato a Rovereto dal Circolo Cabana. Per impedire la morte di Alfredo, per fermare la tortura e la repressione. 

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[Bolzano] 28.12 Basta preghiere antiabortiste! Presidio all’esterno dell’ospedale.

Mercoledì 28 dicembre, di fronte all’Ospedale di Bolzano, un gruppo di compagne e compagni ha contestato la provocatoria preghiera antiabortista della sezione sudtirolese del Bewegung fuer das Leben – Movimento per la vita.

Dalle ore 17 circa musica e slogan hanno disturbato la presenza di un movimento che colpevolizza le donne che scelgono di praticare l’interruzione volontaria della gravidanza e che si pone l’obiettivo di fare abrogare la legge 194. Il Movimento per la vita riceve cospicui finanziamenti dalla Provincia autonoma di Bolzano ed è portavoce della peggiore propaganda oscurantista nei confronti dei diritti delle donne, così come del movimento LGBTQ. Una presenza a suo modo violenta, che non tiene conto delle difficoltà e dei possibili traumi che la scelta di interrompere la gravidanza comporta.

Antiabortisti con crocifissi recitano rosari antiabortisti di fronte all’ospedale San Maurizio di Bolzano

Per molti motivi la presenza delle compagne e dei compagni è stata quindi preziosa e importante; per la sua capacità di ridare forza e voce a tutte quelle donne che hanno lottato e che lottano ogni giorno per difendere dei diritti ormai sotto costante minaccia. Non va dimenticato inoltre come la cultura patriarcale e misogina che sta alla base dei movimenti antiabortisti è la stessa che si oppone a corsi di educazione sessuale nelle scuole. La stessa melma ideologica che giustifica il potere dell’uomo sulla donna, all’interno della famiglia così come fuori e che produce effetti devastanti nella mente degli uomini, ma non solo, incapaci di accettare un rifiuto e disposti ad uccidere le donne “oggetto del proprio controllo”, come le cronache quotidiane dimostrano.

Non è tollerabile che una scelta già resa difficile dalla quasi totalità dei medici obiettori, venga messa in discussione da movimenti politici bigotti e reazionari e dai loro referenti politici, attualmente al potere in Italia. Così come non è tollerabile che movimenti che lavorano per restringere i diritti ricevino enormi finanziamenti pubblici. Il percorso costruito negli anni, a difesa dei diritti delle donne, fra contestazioni agli antiabortisti, presidi, volantinaggi, striscioni e che ha visto crescere una partecipata manifestazione il 25 novembre scorso in centro a Bolzano, continua. La lotta continua.

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[Trento] Martedì 20 dicembre presidio solidale con Massimo Passamani. Contro la repressione

Lo sciopero della fame iniziato ormai due mesi fa da Alfredo Cospito ha permesso di accendere la luce sul generale accanimento repressivo in atto contro il movimento anarchico ma non solo. Nel caso di Cospito – per un’azione dimostrativa che non ha provocato né morti né feriti – si è arrivati ad applicare il regime di tortura istituzionale chiamato 41 bis e ad infliggere condanne che nemmeno gli autori delle stragi di Capaci e via d’Amelio hanno ricevuto. Un disegno repressivo che ha spinto centinaia di avvocati in tutta Italia a rompere il silenzio e firmare un appello per denunciare la torsione autoritaria sempre più evidente nei processi che vedono militanti politici – in particolare anarchici – alla sbarra.

In tale quadro si inserisce il processo contro i compagni e le compagne che manifestarono contro la costruzione del muro antimigranti al Brennero nel maggio 2016. A quasi sette anni dai fatti, nel febbraio 2023 ci sarà la sentenza di appello del filone processuale che vede i compagni imputati per “Devastazione e saccheggio”. La procura di Bolzano – facendo ricorso alle pene folli (dagli 8 ai 15 anni di carcere) che tale reato permette – si è inserita a gamba tesa in questo clima di caccia alle streghe tornando a richiedere centinaia di anni di carcere per una sessantina di manifestanti imputati. In questo processo – fra le altre cose – è a dir poco inquietante l’utilizzo leggero e disinvolto che i procuratori fanno del concorso in reato, che permette loro di richiedere e infliggere pene draconiane attraverso arbitrarie interpretazioni dei fatti. Come hanno scritto gli avvocati nell’appello:

nella difesa di numerosi anarchici in altrettante vicende penali [si] riscontra la sempre più diffusa e disinvolta sottrazione delle garanzie processuali a questa tipologia di imputati: in primo luogo in tema di valutazione delle prove in ordine alla riconducibilità soggettiva dei fatti contestati; oppure di abbandono del diritto penale del fatto, a vantaggio del diritto penale del tipo d’autore, realizzato attraverso l’esaltazione della pericolosità dell’ideologia a cui il reo appartiene.”

Una vera e propria criminalizzazione del pensiero che porta i Tribunali di Sorveglianza a negare benefici per la semplice espressione di un pensiero oppure per la mancata abiura delle proprie convinzioni politiche.  Una situazione che vede gli spazi di libertà e dissenso restringersi sempre più ed a cui è urgente dare una risposta. Le sempre più frequenti inchieste per reati associativi montate contro sindacalisti e diverse realtà di movimento dovrebbe rendere evidente ai più che la questione non riguarda solo gli anarchici, ma riguarda tutti gli sfruttati e chi si organizza contro il capitalismo e le sue guerre, il suo razzismo, il suo sfruttamento.

Ognuno di noi deve dare qualcosa in modo che alcuni di noi non siano costretti a dare tutto.

Una frase che in alcune città capita di leggere sui muri e che sottolinea l’importanza di costruire solidarietà e complicità, per evitare che a pagare il prezzo siano i più generosi, coloro che non hanno atteso l’arrivo delle sognate masse per agire contro il futuro di miseria che ci stanno preparando. Da oltre due anni Massimo Passamani, compagno anarchico conosciuto da moltissime persone, si trova agli arresti domiciliari per un cumulo di condanne definitive e pur di tenerlo confinato fra le mura di casa, la Procura di Trento non esita a fare ricorso ad un uso fantasioso e creativo del diritto avendo disposto nei suoi confronti una misura cautelare per «tentativo di estorsione con finalità di terrorismo». Il motivo? Aver tentato, insieme ad altri compagni e compagne, durante il lockdown della primavera del 2020, di far mandare in onda a Radio80 di Rovereto un comunicato di denuncia sui detenuti che in quel momento venivano torturati e ammazzati nelle carceri (con i 13 morti a Modena e la mattanza di Santa Maria Capua Vetere). Per questo e tanti altri motivi, per martedì 20 dicembre dalle ore 10.30, fuori dal Tribunale di Trento in piazza Venezia, ci sarà una presenza solidale con Massimo e tutti i compagni e le compagne colpiti dalla repressione. Come hanno scritto i compagni promotori dell’iniziativa lottare per la sua libertà significa lottare anche per la nostra. Di seguito il testo che invita tutti e tutte alla partecipazione:

MASSIMO LIBERO SUBITO!

Contro l’abiura e coloro che la pretendono!

La vicenda del nostro amico Massimo Passamani – anarchico roveretano e compagno di tante lotte sociali, in Trentino e altrove – è emblematica dei tempi che viviamo. Agli arresti domiciliari da oltre due anni per un cumulo di sentenze definitive (tra le quali la condanna a un anno di reclusione per un’azione contro il TAV in Valsusa), Massimo sarebbe già libero se non fosse stato colpito da una misura cautelare per «tentativo di estorsione con finalità di terrorismo». Il motivo? Aver tentato, insieme ad altri compagni e compagne, durante il lockdown della primavera del 2020, di far mandare in onda a Radio80 di Rovereto un comunicato di denuncia sui detenuti che in quel momento venivano torturati e ammazzati nelle carceri (con i 13 morti a Modena e la mattanza di Santa Maria Capua Vetere). Oltre a ciò, il tribunale di Trento gli aveva già rifiutato la scarcerazione anticipata per non essersi «ravveduto» ed avere espresso una «spinta anti-Stato» in un suo articolo sull’archiviazione dell’omicidio Tenni (ucciso dai carabinieri ad Ala nel 2021). A ciò si aggiunge che a un altro nostro compagno – Rupert – è stata rigettata una misura alternativa al carcere per «la sua radicata adesione valoriale all’anarchismo» (e con analoghe motivazioni un’altra compagna, Sasha, si trova ai domiciliari con tutte le restrizioni, senza la possibilità di lavorare: non l’hanno messa in carcere solo perché ha figlie). Il messaggio non potrebbe essere più chiaro: o l’abiura, o la galera. Non lo diciamo noi, ma le carte di tribunale. Ora basta. Mentre sindacalisti e occupanti di case vengono arrestati o addirittura condannati per «associazione a delinquere» (come a Piacenza e a Milano); mentre dei nostri compagni – Juan Sorroche, Anna Beniamino, Alfredo Cospito – ricevono pene da ergastolo per azioni che non hanno provocato né morti né feriti; mentre lo stesso Alfredo, in sciopero della fame contro la tortura del carcere speciale e dell’ergastolo ostativo, rischia di morire rinchiuso in 41 bis per «una strage senza strage attribuita senza prove»; mentre l’uso creativo del diritto e i processi in videoconferenza diventano la «nuova normalità»… non prendere atto di questa situazione sarebbe soltanto cieco. Nel frattempo, se per compagni e compagne le misure non finiscono mai, i torturatori in divisa di Santa Maria Capua Vetere non hanno oggi nemmeno una blanda restrizione, mentre gli assassini in divisa di Modena non sono stati neanche indagati. Per chi ha torturato e ucciso, come sempre, nessuna conseguenza; per chi ha denunciato torture e omicidi, gli arresti domiciliari senza fine. Conosciamo bene Massimo. Dalle “fratte” di Mori ai picchetti alla Bartolini di Rovereto, dalle vertenze nei cantieri e nei supermercati fino alla lotta contro la devastazione ad Alta Velocità, in tanti e tante abbiamo avuto modo di apprezzare la sua lucidità, il suo coraggio, la sua generosità. Se questo già basta e avanza per dargli tutta la nostra solidarietà, è innanzitutto per noi che dobbiamo lottare anche per lui. Nell’era delle guerre e delle Emergenze permanenti, del controllo sociale sempre più ossessivo e del capitalismo più onnivoro e assassino, ciò che ci giochiamo è la stessa possibilità di lottare, di pensare ad alta voce, di portare avanti pratiche conflittuali, di coltivare il pensiero critico e le idee di ribellione.

Per questo, in occasione dell’udienza di Riesame che questo 20 dicembre deciderà della libertà di Massimo, chiamiamo alla mobilitazione.

Trento, 20 dicembre, presso il Tribunale di Piazza Venezia

dalle ore 10.30

MANIFESTAZIONE SOLIDALE

per l’immediata scarcerazione del compagno Massimo Passamani;

contro le misure infinite a carico di compagni e compagne e le pretese di abiura;

contro lo Stato di Guerra ed Emergenza permanente;

contro l’immiserimento, il controllo sociale e la repressione che ne ricevono alimento;

contro le condanne da ergastolo per Juan, Anna e Alfredo;

in solidarietà allo sciopero della fame di Alfredo e Anna contro il regime 41 bis e l’ergastolo ostativo.

Amiche e amici, compagni e compagne di Massimo

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