Processo politico del Brennero – aggiornamenti

All’interno di un Tribunale militarizzato, il 30 ottobre 2020 a Bolzano è proseguito, con le arringhe degli avvocati difensori, il processo del Brennero relativo ai 63 compagni e compagne con accuse “più lievi”.

Ricordiamo che in seguito alla manifestazione contro la costruzione del muro antimigranti al Brennero il 7 maggio 2016 la Procura di Bolzano, oltre ad aver condannato per direttissima i compagni e le compagne arrestati nel corso della manifestazione, ha istituito due processi distinti per la diversità delle accuse e di conseguenza per la diversa entità delle pene richieste.

Per un troncone, relativo ai compagni/e accusati di “devastazione e saccheggio” i pubblici ministeri della Procura di Bolzano Igor Secco e Andrea Sacchetti hanno richiesto per 63 manifestanti un totale di 338 anni di carcere.

Di questo troncone a circa metà degli imputati si contestano i reati di devastazione e saccheggio, concorso in resistenza, radunata sediziosa, interruzione di pubblico servizio, travisamento, porto di materiale atto ad offendere e (a una decina di imputati) concorso in lesioni gravi. Le pene chieste variano dai 7 ai 10 anni (già scontate di un terzo per via del rito abbreviato). All’altra metà di imputati si contestano – più o meno assemblati – gli stessi reati, tranne quello di devastazione e saccheggio. In questo caso le pene richieste variano dai 2 ai 5 anni.

Nel secondo troncone, altri 63 compagni e compagne sono accusati di reati che vanno dalla radunata sediziosa, travisamento e interruzione di pubblico servizio relativo al blocco del traffico ferroviario e autostradale. Le richieste di pena vanno da 1 anno e 2 mesi fino a 1 anno e 10 mesi a persona, per un totale di altri 85 anni di carcere richiesti dai solerti accusatori.

Bolzano 30.10.2020 Il dispiegamento di polizia e Carabinieri per il processo del Brennero

Soltanto il Ministero dell’Interno si è costituito parte civile chiedendo il risarcimento di 8000 euro per il danneggiamento di un auto della polizia. Sostanzialmente la devastazione di cui parla l’accusa si riduce a questo.

Si è già scritto, anche su questo blog, della valenza politica che il processo del Brennero haI pubblici ministeri Sacchetti e Secco con tali richieste di condanna folli, sproporzionate e con l’evidente intento di intimidazione e repressione ideologica del dissenso, si rendono interpreti della volontà politica di settori dello Stato di seppellire sotto oltre 400 anni di carcere alcune decine di compagni e compagne generosi che di fronte alle criminali condotte dello Stato italiano, si sono assunti la responsabilità di agire, di non rimanere indifferenti mentre le autorità dello Stato austriaco, in accordo cone le forze più reazionarie di Italia e Austria, iniziavano la costruzione di un muro al Brennero che avrebbe dovuto impedire ai profughi delle guerre del captale di giungere nell’Europa del Nord.

Proprio mentre di fronte al Tribunale di Bolzano una frase di Hannah Arendt Nessuno ha il diritto di obbedire ammonisce sui rischi a cui conduce storicamente la cieca obbedienza alle leggi e all’autorità, dentro alle aule dei Tribunali i rappresentanti dell’accusa riaffermano, con estrema violenza, che nessuna lotta e nessuna ribellione reale alle ingiustizie e alle infamie prodotte dal capitalismo – guerre, razzismo, muri antimigranti, lager per immigrati, disastri ecologici – sarà tollerata. 

Gli accusatori Sacchetti e Secco, chiedendo un totale di oltre 400 anni di carcere, si illudono di seppellire le istanze di lotta e di giustizia, lo spirito di ribellione che ha animato –  e continua ad animare – chi non si rassegna ad un mondo in cui pochi ricchi prosperano, con l’ausilio delle stutture dello Stato, sulla pelle di masse sempre più grandi di dannati costretti a scappare da guerre, povertà, miserie, disastri ecologici causati dalle politiche di sfruttamento indiscriminato del capitale. Dannati che a loro volta vengono selezionati e schiacciati (attraverso fame, torture, omicidi, stupri) dal sistema dell’accoglienza che inizia nei Lager libici, finanziati e sostenuti anche dallo Stato italiano con i decreti Minniti prima e con i decreti Salvini poi. 

Nello scorso settembre alcuni compagni e compagne imputati/e nel processo per “Devastazione e saccheggio” hanno letto una dichiarazione in cui si sono rivendicati lo spirito e le motivazioni alla base della giornata di lotta del Brennero, di cui si riporta uno stralcio:

Per quanto ci riguarda, il senso e lo spirito di quel 7 maggio ce li rivendichiamo a testa alta. Come segno di rabbia contro le mille forme del razzismo di Stato. Come espressione di solidarietà nei confronti di un’umanità braccata. E come gesto di appoggio. Verso i braccianti in lotta nel Sud Italia, verso le donne immigrate che si ribellano alla tratta, verso gli internati in rivolta nei lager della democrazia. Verso chi, ovunque nel mondo, non si scansa né transige, perché ama la libertà di tutte e di tutti al punto di giocarsi la propria.”

Mai come oggi è necessario rilanciare la solidarietà nei confronti di chi lotta. Il modo migliore per farlo è non rimanere indifferenti di fronte alle continue ingiustizie cui assistiamo per le strade o attraverso uno schermo, guardando le immagini di chi affonda nel Mediterraneo, di chi muore sotto le bombe democratiche in Palestina, Siria o Kurdistan e di chi muore cercando di passare frontiere sempre più militarizzate e che dividono l’umanità determinando la vita e la morte di sempre più dannati della terra. Chi è sceso per strada al Brennero nel maggio 2016 non voleva più di assistere passivamente a tali ingiustizie ma voleva assumersi la responsabilità di agire per impedire la costruzione dell’ennesimo muro, dopo quelli fra Israele e Territori occupati palestinesi, Siria e Turchia, Marocco ed enclaves spagnole di Ceuta e Melilla, i fili spinati fra Serbia, Ungheria e Macedonia. Muri che sappiamo producono un solo risultato: odio, razzismo, sfruttamento e consacrazione del privilegio sulla pelle degli oppressi. 

Non lasciamo passare il folle teorema accusatorio della Procura di Bolzano. Non rimaniamo indifferenti, ci riguarda a tutti e tutte. 

Dalla lotta dei pastori sardi sotto processo con i decreti sicurezza del servo  dei padroni Salvini agli oltre 400 operai della logistica sotto processo a Modena, dagli operai della Whirlpool a chi lotta nelle carceri, fino alle lotte contro le devastazioni ambientali come il TAV o il TAP, uniamo le lotte, rilanciamo la solidarietà. Non facciamo passare la repressione. 

Se toccano uno toccano tutti.

Siamo tutti sotto processo.

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