[Bolzano] Mobilitazioni per la Resistenza del popolo palestinese. Un breve resoconto

Sabato 15 maggio e giovedì 20 maggio a Bolzano si sono svolte due manifestazioni in solidarietà con il popolo palestinese.

Sebbene chiamata con soli due giorni di anticipo sull’onda di rabbia suscitata dall’ennesimo massacro compiuto dall’Esercito israeliano a Gaza, la manifestazione in piazza Walther ha visto una grande partecipazione. Molti sono stati gli interventi al megafono: in italiano, tedesco, inglese e arabo fra cui va segnalato l’intervento di una donna originaria proprio di Gaza e che vive a Bolzano da molti anni.

                 

Negli ultimi 14 anni, si tratta della terza guerra su larga scala condotta da Israele contro la Striscia di Gaza, che ha costato anche stavolta centinaia di morti civili, fra cui molte donne e bambini. Così come nel gennaio 2009 e nell’estate 2014 anche stavolta a Bolzano centinaia di persone hanno manifestato la propria rabbia verso l’ennesima operazione di terrorismo di Stato condotta da Israele nei confronti dei palestinesi.

Bolzano, piazza Walther 15 maggio 2021. Manifestazione solidale con la Resistenza palestinese

Bolzano, piazza Walther, 15 maggio 2021. Manifestazione solidale con la Resistenza del popolo palestinese

Sebbene in Italia così come in tutto il mondo vi siano state manifestazioni oceaniche in solidarietà alla Resistenza del popolo palestinese, va rilevata l’evidente volontà politica della RAI e dei mezzi televisivi più diffusi di oscurare e mistificare i contenuti di tale imponente mobilitazione imponendo una narrazione pubblica falsa vergognosamente dettata dalla difesa incondizionata delle politiche dello Stato israeliano.

La propaganda militarista e guerrafondaia che da anni è stata fatta propria dal capitale, dai principali media, dalle industrie belliche (ricordiamo gli immensi affari che ruotano intorno agli scambi commerciali militari fra Israele e Italia ed Europa/USA) e dai suoi rappresentanti politici, si è rivelata più efficace delle bombe stesse nel tentativo di soffocare il diritto alla Resistenza del popolo palestinese e nelle ultime settimane abbiamo assistito come mai in passato al completo rovesciamento della realtà. I principali media, così come tutti i principali partiti del Parlamento italiano (vedi foto in cui tutti, dal PD alla Lega, dai 5 stelle a Fratelli d’Italia manifestano la propria solidarietà agli occupanti israeliani), hanno infatti dipinto Israele come vittima dell’aggressione della Resistenza palestinese. Nessuna parola è stata spesa sul fatto che la Palestina è occupata militarmente da oltre 5 decenni e che è in corso un’operazione di pulizia etnica che prevede l’espulsione dei palestinesi da Cisgiordania e Gerusalemme Est. Oltre a ciò le violenze dei coloni contro la popolazione palestinese e la violenza dei soldati contro chi si trovava sulla spianata delle Moschee non è stata mai menzionata se non per brevi tratti.

Il volantino distribuito durante il presidio in piazza Walther iniziava con una citazione del noto scrittore Alessandro Manzoni, tratta dal suo romanzo più famoso ovvero I promessi sposi: “Gli oppressori e i soverchiatori sono responsabili non solo del male che infliggono agli oppressi e ai soverchiati, ma anche dell’odio che infondono nei loro cuori”. Una frase che ci aiuta a comprendere dove vanno individuato le radici della questione e di come non possa essere accettata nessuna equidistanza, che non significherebbe altro che favorire l’oppressore e cioè chi, nel caso palestinese, promuove politiche di pulizia etnica, guerra e apartheid. Come scrive Samed Ismail: “Il problema è l’occupazione. Tutto il resto è fuorviante”.

A proposito della mobilitazione altoatesina i giornali locali nel peggiore dei casi hanno letteralmente ignorato le manifestazioni (Dolomiten e Tageszeitung) mentre in altri hanno tentato di svuotare e sterilizzare i contenuti delle manifestazioni continuando nel loro compito di rappresentare e raccontare una provincia priva di pensiero critico (Alto Adige e Corriere dell’Alto Adige).

Articoletto dell’Alto Adige del 16 maggio 2021. Ecco come l’Alto Adige risolve in poche banali e insignificanti righe una manifestazione densa di contenuti e piena di interventi.

Si conferma ciò che accade sempre nel momento in cui gli oppressi decidono di resistere ad un progetto che prevede il perpetuarsi della loro condizione. Inizia la diffusione di notizie confuse, la storia viene mistificata, le responsabilità dimenticate, ecc. In tutto ciò i media sono appunto più efficaci delle bombe stesse poiché hanno il ruolo di preparare le guerre con assillanti campagne di disumanizzazione del nemico di turno che permette di far accettare con più facilità alla cosiddetta opinione pubblica il massacro di centinaia di persone che hanno la sola colpa di esistere e lottare per vivere in libertà e giustizia.

Se non state attenti, i media vi faranno odiare le persone che vengono oppresse e amare quelle che opprimono”

Malcolm X

Ad ogni modo sono in molti a saper leggere la realtà oltre la propaganda ed il gran numero di giovani presenti in piazza Walther e sui prati del Talvera, molto spesso seconde generazioni di famiglie immigrate da paesi del Nordafrica ma non solo, lo dimostra. E’ confortante vedere che, oltre le banalità e le distorsioni giornalistiche, là fuori un pezzo significativo di società si muove ed esprime la propria rabbia in piazza, lontano dalla miseria virtuale dei social network. La strada da fare per unire le lotte è certamente ancora lunga e difficile, ma da qualche parte bisogna iniziare…

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[Repressione] Condannati a 166 anni di carcere compagni/e per il corteo contro il muro al Brennero

Venerdì 14 maggio presso il Tribunale di Bolzano è stata emessa la sentenza per i fatti relativi alla manifestazione contro le frontiere al Brennero del 7 maggio 2016, in cui si contestava in particolare la volontà, da parte dello Stato austriaco, di costruire un muro che impedisse l’attraversamento del confine da parte dei migranti.

Il Pubblico ministero Andrea Sacchetti aveva richiesto un totale di 338 anni di carcere per 63 compagni/e contestando il reato politico di “Devastazione e saccheggio” (Per un approfondimento sulla natura del reato si consiglia la lettura del seguente articolo). Per alcuni compagni Sacchetti aveva richiesto adirittura 15 anni di carcere, ridotti per via della scelta del rito abbreviato.

Tali richieste esorbitanti, assolutamente sproporzionate, di carattere persecutorio, sono state parzialmente respinte dal Giudice. Se infatti l’accusa più grave, cioè l’articolo 419 del codice penale “Devastazione e saccheggio”, è caduta, derubricata a “danneggiamento aggravato”, le condanne sono state tuttavia pesantissime, in particolare per alcuni. Da sottolineare come il fatto che la condanna più alta (6 anni) sia stata comminata a un compagno che durante il corteo parlava al megafono dimostra come il giudice abbia mantenuto inalterato il copione di PM-Digos-Ros che sostenevano come gli scontri fossero stati pianificati con tanto di “capi”, “sottocapi” e “gregari”.

Va registrato come nel corso dell’udienza Sacchetti si sia rammaricato del fatto che non sia stata ritenuta accettabile l’imputazione di Devastazione e saccheggio poiché ciò che conta, secondo lui e secondo altre sentenze, non sarebbe tanto la materialità del danno arrecato quanto piuttosto l’intenzione, la generica condotta o certe modalità di manifestazione. Se stessimo giocando al parco potremmo definire tale ragionamento come un’acrobazia logica frutto di un visionario ma purtroppo si parla di centinaia di anni di carcere e della vita di decine di persone ed è allucinante come il futuro delle persone sia messo in mano a persone che utilizzano la propria funzione come una clava in piena sintonia con il diritto penale del nemico, senza alcuna logica, con tale leggerezza e in totale assenza di equilibrio. Possibilità che sono conferite dallo stesso articolo 419, ambiguo, indeterminato e soggetto all’arbitrarietà e il caso, che permette di impostare tali assurde accuse, incredibilmente anche in assenza di una certa materialità del fatto.

Un commento a caldo della sentenza di cui si raccomanda l’ascolto è il seguente, trasmesso da Radio Black Out di Torino: Condanne per la manifestazione del Brennero.

Ad ogni modo, al di là degli aspetti più tecnici, legati all’ambito giuridico e di più stretta competenza degli avvocati (anche se è tuttavia importante non trascurare una critica e una certa attenzione anche su questo piano), il totale delle condanne ammonta a 166 anni per 63 compagni/e. La condanne vanno dai 6 anni per un compagno, alcuni sopra i 5 anni, molti sopra i 3 e pochi a meno di un anno di reclusione. Come è avvenuto nel primo troncone del processo, tutti sono stati condannati e, anche se l’imputazione più pesante è caduta, il giudice, per accontentare le richieste dell’accusa, ha calcato la mano su altri reati (soprattutto Resistenza a pubblico ufficiale e danneggiamento) e ricorrendo ad un utilizzo che potremmo definire “creativo” e “fantasioso” del concorso morale.

Per ciò che è successo materialmente in quella giornata di lotta, la sentenza assomiglia più ad un plotone di esecuzione ed è altresì evidente il carattere politico della sentenza. Anni di udienze in un tribunale militarizzato da carabinieri e polizia in assetto antisommossa, in cui per “via precauzionale” ad ogni udienza dei due tronconi del processo contro i manifestanti è stato vietato l’utilizzo del parcheggio sotterraneo e la roboante accusa di “devastazione e saccheggio”, hanno contribuito a creare un clima che non poteva accettare un esito diverso da una pesante condanna per gli imputati, o meglio, per i nemici. E se anche la logica avrebbe previsto un esito drasticamente diverso, tanto peggio per la logica.

Nello stesso pomeriggio di sabato 15 maggio, fra le ore 16 e le 18 circa, c’è stato un presidio solidale sui prati del Talvera cui hanno partecipato, nonostante il solito incredibile spiegamento di forze dell’apparato poliziesco cittadino, numerosi compagni e compagne in cui sono state ribadite le ragioni di quella giornata di lotta, oggi più che mai attuale visto che le stragi in mare ed i muri che dividono i popoli – dalla Palestina al Messico – continuano ad esistere ed a mietere vittime.

14 maggio 2021. Presidio solidale con gli imputati per la manifestazione del Brennero

Bolzano 14 maggio 2021. Presidio solidale con gli imputati per la manifestazione al Brennero.

Durante il presidio è stato letto il seguente contributo di Massimo, un compagno roveretano attualmente agli arresti domiciliari anch’egli imputato e condannato nel processo del Brennero, che riportiamo in parte (si può leggere per intero al seguente link): 

“Mi dispiace non poter essere lì con voi e vi ringrazio per questa iniziativa di solidarietà.

Mentre scrivo queste righe, ignoro l’esito del processo per la manifestazione contro le frontiere del 7 maggio 2016 al Brennero. Nelle tante presentazioni di quel corteo, nelle iniziative successive e nella dichiarazione collettiva che abbiamo fatto in aula  abbiamo spiegato e ribadito abbondantemente il senso e le ragioni di quella manifestazione. Quello che posso aggiungere personalmente è che mi rivendico con orgoglio lo spirito di quella giornata; di più, che sono fiero di aver avuto al fianco tante compagne e tanti compagni che al Brennero sono venuti davvero con il cuore e che si sono battuti con coraggio in un contesto a dir poco difficile. Agire per ciò che si considera giusto e irrinunciabile comporta spesso un prezzo.

Quello che è successo e sta succedendo nel mondo grazie all’Emergenza del Covid-19 non solo conferma la brutale divisione sociale tra inclusi ed esclusi, ma illumina di luce nuova le stesse frontiere della democrazia. L’accusa che ci è stata mossa per la manifestazione del 7 maggio – “devastazione e saccheggio” – ha colpito in seguito le due espressioni di conflitto più intenso contro la gestione statal-capitalista dell’epidemia: le rivolte nelle carceri del marzo 2020 e gli scontri di piazza contro le restrizioni e il coprifuoco dell’autunno scorso. Questa estensione qualitativa e quantitativa di un reato che il legislatore prima liberale e poi fascista riservava alle situazioni di insurrezione, “strage” o “guerra civile” ci dice di per sé in che epoca siamo entrati. Ed è solo la punta di un meccanismo repressivo che nell’ultimo anno ha colpito qualunque pratica abbia disturbato le mosse del quadrante di comando: occupazioni di case, scioperi della logistica, lotte dei portuali contro i traffici di guerra, semplice attività di denuncia delle responsabilità di Confindustria, per arrivare ai siti di controinformazione non allineati con la “narrazione pandemica unica”. Tuttavia concentrarsi soltanto sulla repressione rischia di essere riduttivo e fuorviante. L’accelerazione a passo dell’oca verso un mondo sempre più digitale, medicalizzato e militarizzato sta creando delle inedite frontiere tra il cittadino e il clandestino, tra il normale e il deviante. Una società retta dagli algoritmi dell’intelligenza artificiale, materializzata in città disseminate di sensori; una realtà in cui tra individuo e individuo, tra individuo e mondo ci sia sempre la mediazione di un dispositivo digitale è letteralmente disumana. […] Abbattere le frontiere”, abbiamo urlato quel 7 maggio. La portata e l’urgenza assoluta di quell’urlo oggi mi sono ancora più chiare.”

14 maggio 2021. Processo solidale con gli imputati per la manifestazione al Brennero

Bolzano 14 maggio 2021. Reparto celere dei carabinieri schierato di fronte al carcere di Bolzano.

Nella stessa giornata anche a Bologna: un gruppo di compagne è entrato nella stazione di Bologna raggiungendo il binario da cui partiva il treno Obb diretto a Monaco di Baviera […]dove è stato quindi aperto uno striscione e fatto un intervento, mentre venivano distribuiti dei volantini ai passeggeri del treno, per ricordare loro e a tutti che le frontiere continuano ad uccidere e che chi vi si oppone o cerca di attraversarle è duramente represso.”

Per leggere il volantino distribuito e l’intero resoconto dell’iniziativa solidale ecco il link.

Nei giorni successivi a Pisa alcuni compagni solidali hanno distribuito un altro volantino, che si può leggere qui.

Ma la solidarietà è giunta anche dall’Austria, in particolare da Vienna e Innsbruck dove compagni e compagne si sono mobilitati per dare sostegno agli imputati. 

Mai come oggi occorre fare propria la dichiarazione che alcuni compagni/e imputati/e resero davanti al Tribunale di Bolzano del novembre 2020:

“il senso e lo spirito di quel 7 maggio ce li rivendichiamo a testa alta. Come segno di rabbia contro le mille forme del razzismo di Stato. Come espressione di solidarietà nei confronti di un’umanità braccata. E come gesto di appoggio. Verso i braccianti in lotta nel Sud Italia, verso le donne immigrate che si ribellano alla tratta, verso gli internati in rivolta nei lager della democrazia.”

Dopo la sentenza di primo grado decine di compagni generosi come pochi rischiano di pagare un prezzo alto per non essere rimasti indifferenti al grido strozzato di un’umanità dannata. Compagni che, per riprendere la dichiarazione al Tribunale, amano la libertà di tutte e tutti al punto di giocarsi la propria. Compagni che, di fronte alle infamie e alle ingiustizie di ogni giorno cui troppi sono assuefatti, non si sono scansati. Compagni e compagne da amare, difendere e proteggere a cui far sentire la nostra solidarietà e il nostro affetto rilanciando la lotta e mantenendo vivo lo spirito del 7 maggio al Brennero le cui ragioni sono oggi più valide che mai. 

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[Processo Brennero] Venerdì 14 maggio sentenza e presidio solidale a Bolzano

Ad oltre 5 anni dalla manifestazione contro la costruzione del muro antimigranti al Brennero, venerdì 14 maggio, presso il Tribunale di Bolzano, verrà pronunciata la sentenza relativa al secondo troncone processuale che vede 63 compagni/e imputati di vari reati fra cui il famigerato articolo 419 del codice penale ossia il reato di “Devastazione e saccheggio”. Per approfondimenti riguardo questo reato rimandiamo alla puntuale analisi di Prison Break Project (PBP) pubblicata nell’articolo Devastazione e saccheggio: un reato politico da abolire.

Ricordiamo che un primo filone processuale nello scorso novembre è già arrivato alla sentenza di primo grado ed ha visto condanne molto pesanti contro altri 63 manifestanti, in gran parte dei casi condannati a pene comprese fra 7 e 10 mesi per i reati di radunata sediziosa, interruzione di pubblico servizio e travisamento. Condanne spesso assurde ma non sarà nel presente articolo che si farà il compito che spetta agli avvocati nelle aule del Tribunale.

Tuttavia il filone che richiede la massima attenzione è quello che sta per giungere alla sentenza il prossimo venerdì. I pubblici ministeri rappresentanti dell’accusa hanno richiesto infatti condanne per un totale di oltre 330 anni di carcere. Per alcuni imputati le richieste di condanna arrivano a 15 anni di carcere, ridotti per via della scelta del rito abbreviato.

Solo chi è in malafede può pensare che il processo in atto non abbia connotazioni politiche di cui i magistrati dell’accusa si sono fatti carico di rappresentare. Al di là dei farfugliamenti mediatici che hanno avuto – e hanno – l’evidente obiettivo di mistificare lo spirito di quella giornata che i compagni hanno apertamente rivendicato, i magistrati inquisitori bolzanini si sono posti l’obiettivo di far pagare il prezzo più alto possibile a chi non è rimasto al caldo mentre le politiche governative determinavano la morte di migliaia di dannati in fuga da guerre e miseria. Alcune decine di compagni rischiano condanne di carattere persecutorio per avere espresso il proprio dissenso contro la costruzione di un muro che avrebbe reso la frontiera ancora più un fattore mortale.

Riprendiamo un testo scritto in solidarietà ai compagni sotto processo apparso sulla pagina Facebook di Bolzano antifascista:

Venerdì 14 maggio presso il Tribunale di Bolzano verrà pronunciata la sentenza per i fatti relativi alla manifestazione contro le frontiere del 7 maggio 2016 al Brennero. Per 63 compagni/e imputati/e l’accusa ha richiesto oltre 330 anni di carcere complessivi. Molti di loro sono imputati dell’articolo 419 del codice penale ossia Devastazione e saccheggio, un reato indefinito e dai contorni ambigui, utilizzato sempre più spesso nei processi politici – legati a manifestazioni o rivolte nelle carceri – poiché si presta a paradossali ed acrobatiche interpretazioni che possono trasformare un semplice danneggiamento in un’azione che può incredibilmente portare a condanne fino a 15 anni di carcere. Tutto ciò sulla base della discrezionalità del giudice.

A 5 anni da quella giornata di lotta le ragioni che animarono centinaia di compagni e compagne a scendere in strada al Brennero non sono venute meno, anzi. Il razzismo strutturale ed il neocolonialismo dei paesi occidentali continua a provocare la morte e la sofferenza di migliaia di uomini e donne, nei lager in Libia, sul fondo del Mediterraneo, supportando regimi dittatoriali complici, vendendo armi o sganciando bombe dove il profitto di imprese e multinazionali lo richiede. In Italia invece da un lato mani padronali sparano ai braccianti schiavizzati nei campi agricoli, come successo da poco in Puglia, mentre dall’altro si attivano le Procure per intimidire i lavoratori che scioperano ricattando chi è di origine straniera, come successo a Piacenza dove un’inchiesta contro il locale movimento operaio ha portato, fra le altre cose, all’avvio di alcune procedure di revoca del permesso di soggiorno per chi ha scioperato. All’interno di tale terrificante situazione il decreto sicurezza voluto da Salvini e dal movimento 5 stelle ma accettato di buon grado da tutte le principali forze politiche criminalizza con anni di carcere ogni forma di lotta politica e sociale estendendo a tutta la popolazione la condizione che prima era riservata agli stranieri, con o senza documenti. Oltre a ciò, in particolare durante lo stato d’emergenza, numerose sono state in tutta Italia le operazioni repressive orchestrate contro compagni solidali con i detenuti o contro attivisti solidali con gli immigrati, venendo per ciò accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. In poche parole si conferma il principio per cui – nelle intenzioni del potere – la repressione e l’intimidazione della minoranza ha la funzione di allineare la maggioranza.

Nel 2016 il Governo austriaco – dopo aver militarizzato la frontiera del Brennero – intendeva costruire una barriera per impedire agli immigrati di raggiungere il Nord Europa. Sempre più muri e barriere (Palestina-Israele, Messico-Usa, Siria-Turchia, Ungheria-Serbia) sorgono in tutto il mondo per difendere i privilegi di pochi dalla miseria dei più e chi scese in piazza al Brennero quel giorno non aveva intenzione di girarsi dall’altra parte o fare finta di nulla mentre, a pochi passi da casa nostra venivano attuati dispositivi che avrebbero avuto l’unico risultato di aumentare il numero di morti fra i dannati costretti a estenuanti fughe e pericolosi viaggi per cercare una situazione dignitosa in cui vivere. L’ennesimo provvedimento di una lunga guerra ai poveri che nello stesso periodo vedeva giornalieri controlli al viso nella stazione dei treni di Bolzano da parte dei carabinieri antisommossa, in cui chi aveva la pelle di un colore diverso dal bianco veniva sistematicamente fermato e controllato.

Ogni lotta per affermare un principio di giustizia e libertà ha storicamente comportato un prezzo, spesso pesante per chi non è rimasto indifferente alle sofferenze dei più deboli ed al grido soffocato di chi non ha voce per farsi sentire. Abbiamo visto come i procuratori bolzanini siano determinati a farlo pagare.

É fondamentale che venga compreso come questo processo non riguardi solo i singoli imputati bensì tutti e tutte, poiché se passano tali folli teoremi accusatori il prossimo ad essere accusato potrebbe essere, nei prossimi tempi che si annunciano a dir poco difficili, chiunque lotti attivamente contro un sistema economico capitalistico che devasta e saccheggia – questo sì – ambiente e risorse naturali, scavando abissi sempre più profondi fra una piccola minoranza di miliardari e borghesi privilegiati ed un’enorme massa di proletari, sempre più sfruttati e privati dei residui diritti faticosamente strappati con le lotte del passato, e alla mercè dei provvedimenti emergenziali di turno.”

Ricordiamo inoltre come nel tardo pomeriggio, alle ore 18 sui prati del Talvera, vi sarà un presidio solidale con gli imputati a cui invitiamo tutti e tutte a partecipare per non fare passare sotto silenzio questa operazione repressiva che ha l’obiettivo di intimidire e impedire – anche in funzione futura – ogni forma di lotta e mobilitazione proletaria.

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[Bolzano] A fianco di MC. Il 29 aprile torniamo in piazza Tribunale

Giovedì 29 aprile 2021 dalle ore 14.45 in piazza Tribunale a Bolzano l’associazione GEA per la solidarietà femminile chiama tutte e tutti a manifestare la propria solidarietà a MC, la donna che il 1° marzo 2019 venne accoltellata dal marito per strada a Bolzano, di fronte alla figlia. Una vile aggressione omicida da cui ella riuscì però a salvarsi.

Da allora però per lei la vita non è più la stessa e nonostante abbia trovato il coraggio e la forza di denunciare il percorso per avere giustizia è ancora lungo e non immune da ulteriori forme di violenza (vittimizzazione secondaria) di cui i processi per questo tipo di reato sono pregni. Basta ricordare le vergognose recenti affermazioni pubbliche di Beppe Grillo riguardo alla denuncia per stupro ricevuta dal proprio figlio, in cui colpevolizza la vittima.

Grazie alla mobilitazione solidale lanciata e promossa da GEA negli ultimi mesi e raccolta da centinaia di solidali, MC ha scoperto però di non essere sola. Ha scoperto che in questa città – nonostante la diffusa apatia – c’è un cuore che batte e che non è indifferente alla sua sofferenza e alla grave ingiustizia da lui subita. Non solo, ci sono centinaia di persone – donne e uomini – che hanno fatto propria la sua battaglia, decidendo di sostenerla e supportarla, con la propria presenza fisica prima, durante e dopo le udienze del processo, e con ogni altro mezzo utile.

Le notizie di ogni giorno, riportano continuamente storie di donne oppresse dai propri mariti, fidanzati o padri. Storie con contorni spesso aberranti che svelano come la cosiddetta famiglia sia in realtà per molte donne una gabbia carica di oppressione e violenza da cui non è semplice liberarsi, in particolare se non sono indipendenti economicamente, poco istruite o con poca padronanza della lingua italiana.

Storie di oppressione che è possibile spezzare soltanto costruendo solidarietà, spazi di incontro e discussione ma soprattutto lottando e prendendo posizione combattendo in ogni modo il retaggio patriarcale diretto responsabile dell’oppressione di troppe donne in tutto il mondo, anche a Bolzano.

Riportiamo il comunicato dell’associazione GEA:

Giovedì 29 aprile alle ore 15.00 riprende il processo contro l’uomo che, due anni dopo essere stato arrestato in flagrante per questo tentato omicidio, vive libero, senza nessun obbligo di dimora, firma, senza nessun controllo elettronico, senza una valutazione del rischio per M.C. che invece è ancora costretta a vivere nascosta. Questa purtroppo è la realtà per moltissime donne che hanno il coraggio di rompere il silenzio, scappare, cercare aiuto e denunciare. Con la loro presenza in piazza le cittadine e i cittadini esprimono solidarietà non solo a M.C. ma anche a tutte le donne in situazione di violenza che chiedono semplicemente giustizia,”

La presenza fisica dei solidali fuori dal Tribunale è fondamentale poiché:

Un sostegno così visibile e così forte è di enorme conforto per M.C. e continua a darle la forza per andare avanti. È un segnale importantissimo per tutte le donne che subiscono violenza.”

Il 29 aprile essere in piazza per manifestare solidarietà a MC è un modo per estenderla a tutte le donne che come lei si trovano ad affrontare situazioni analoghe.

Per ricordare che la violenza subita da lei riguarda tutte e tutti.

Verranno letti alcuni testi dedicati a M.C., invitiamo chiunque voglia esprimersi a portare una lettera o un testo di solidarietà da condividere durante la manifestazione.

Siamo il grido altissimo e feroce di tutte quelle donne che più non hanno voce

“Ogni donna è una rivolta” Donne polacche a una manifestazione a Varsavia contro la legge antiabortista recentemente promossa dal governo reazionario di estrema destra polacco.

Di seguito riportiamo il testo di chiamata della manifestazione in tedesco:

SOLIDARITÄT MIT FRAUEN IN GEWALTSITUATION: mit deiner Stimme, deiner Anwesnheit, deinem Beitrag.

Der Verein GEA gegen Gewalt an Frauen lädt noch einmal alle dazu ein für M.C. die Stimme zu erheben. M.C. ist jene Frau welche am 1. März 2019 auf offenere Straße, vor den Augen ihrer Tochter, von ihrem Ehemann erstochen wurde.

Donnerstag den 29. April um 15 Uhr wird der Prozess an jenem Mann wieder aufgenommen, welcher vor zwei Jahren auf frischer Tat ertappt wurde und heute in Freiheit lebt. Ohne Aufenthalts- oder Unterschriftspflicht, ohne elektronischer Kontrolle, ohne jeglicher Risikoeinschätzung für die Frau M.C. welche weiterhin ihre Wohnadresse geheim halten muss.

Dies ist leider die bittere Realität für viele Frauen die den Mut aufbringen das Schweigen zu brechen, sich vom Peiniger abwenden und nach Hilfe suchen.

Mit ihrer Anwesenheit, drücken die Bürger und Bürgerinnen ihre Solidarität für M.C. und auch für alle Frauen welche Opfer von Gewalt sind und Gerechtigkeit fordern, aus“ sagt Christine Clignon, Präsidentin des Vereines GEA. „Ein so deutlicher Ausdruck von Solidarität stärkt M.C. ungemein und gibt ihr die Kraft diesen schwierigen Weg weiterzugehen. Es ist ein wichtiges Zeichen für alle Frauen welche Gewalt erfahren.“

Wir laden somit alle ein, am Donnerstag den 29.04.2021 um 14.45 Uhr am Gerichtsplatz in Bozen mit uns gemeinsam in einer unparteiischen Demonstration für die Gerechtigkeit und Solidarität teilzunehmen.

Bei dieser Gelegenheit werden einige Texte welche für M.C. verfasst wurden, vorgelesen. Wir begrüßen es, wenn weitere Personen ein Gedicht oder einen Brief der Solidarität für M.C. vortragen möchten.

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[Bolzano] “Resistenza è tutti i giorni”. Manifestazione 24 aprile al Talvera

Sabato 24 aprile sui prati del Talvera (lato Theiner) è stata organizzata un’importante manifestazione che rappresenta una preziosa occasione di confronto e discussione pubblica su ciò che abbiamo vissuto nell’ultimo anno, le pesanti limitazioni alla libertà e le pericolose derive a cui lo stato d’emergenza – che diventa regola – può portare.

Dopo oltre un anno di distanziamento, isolamento e incontri virtuali, un momento in cui parlare liberamente, discutere e riprendere i fili di un discorso che è urgente riprendere con forza per imparare ad affrontare collettivamente una situazione in cui ci vorrebbero come singoli individui isolati l’uno dall’altro.

Una giornata per ridare valore, slancio e forza al 25 aprile, alla festa della liberazione dal nazifascismo, di cui ricorre quest’anno il 76° anniversario. Una giornata per sfuggire alla pericolosa deriva celebrativa a cui tali giornate possono portare, se non rinvigorite da contenuti, critica, passione e voglia di continuare a ribellarsi ad uno stato di cose sempre più inaccettabile, che vede i ricchi sempre più ricchi ed i poveri in condizioni sempre peggiori. 

Dalla pagina Bolzano antifascista:

Mai come quest’anno abbiamo bisogno di riprenderci il concetto di resistenza; viviamo in città occupate militarmente da forze di polizia, blindate da regolamenti e coprifuoco dove in nome dell’emergenza siamo costrette e costretti in casa, “liberx” solo di lavorare, consumare e crepare.

Mai come in questi anni abbiamo bisogno di resistere.

Resistere contro il controllo delle nostre vite, contro il razzismo di stato, contro la devastazione dei territori, contro lo sfruttamento e condizioni lavorative sempre più disumane.

Mai come in questi anni abbiamo bisogno di resistere e combattere contro uno Stato che attraverso la violenza e la repressione della polizia, perseguita, punisce e incarcera chi ogni giorno resiste, lotta e si oppone a un sistema sempre più opprimente.”

In questo ultimo anno, a fianco dei continui appelli alla responsabilità rilanciati da media e politici di tutti i tipi, la repressione ha continuato la propria nefasta opera colpendo compagni e compagne, lavoratori, sindacalisti, ambientalisti, NO TAV, immigrati senza documenti, attivisti solidali con i migranti (vedi gli arresti a Trieste con cui si criminalizza la solidarietà). Numerosi – da nord a sud – sono stati gli spazi sociali sgomberati e le case da cui proletari sono stati sfrattati. Viene ricordato inoltre come nella stessa città di Bolzano è in corso un processo in cui il folle e pericoloso teorema accusatorio della Procura locale richiede oltre 330 anni di carcere per alcune decine di manifestanti che nel maggio 2016 protestarono contro la costruzione del muro antimigranti che lo Stato austriaco voleva costruire al passo del Brennero. Sempre a Bolzano, due diverse sentenze del giudice Perathoner hanno condannato diversi compagni e compagne ad alcuni mesi di carcere per il semplice fatto di aver manifestato.

Siamo solidali e al fianco di chi in nome della libertà di tutte e tutti rischia 330 anni di galera per aver partecipato alla manifestazione del Brennero contro la chiusura dei confini. Siamo solidali con chi difende il proprio territorio e la natura dalla devastazione ambientale delle grandi opere, a fianco del movimento NO TAV al quale la polizia ha dichiarato guerra sparando lacrimogeni ad altezza uomo. Siamo al fianco di tutte le operaie e gli operai denunciati, picchiati e licenziati per aver lottato contro condizioni di lavoro che a seguito della pandemia peggiorano costantemente.”

L’appello chiude ricordando la necessità di costruire la solidarietà laddove ci vorrebbero soli, impauriti ed isolati. L’unico modo per cambiare le cose è incontrarsi, parlare e riprenderci le nostre vite.

Con lo stesso desiderio di cambiamento, con la stessa rabbia dei nostri nonni e le nostre nonne che lottarono contro il regime fascista, riprendiamoci il nostro tempo e i nostri spazi di libertà ed autogestione, prendendoci cura dell’altro e dell’altra alle nostre condizioni.

Episodi che avvengono anche a Bolzano come le retate al talvera e allo Skatepark, gli sgomberi delle persone senza fissa dimora, le multe e i controlli “a viso” della polizia richiedono un’opposizione decisa. Non ci rimane che costruire alternative a colpi di azione diretta e solidarietà.”

Perchè come diceva Bertolt Brecht:

Quando l’ingiustizia diventa legge, la resistenza diventa dovere.”

Invitiamo tutte e tutti a partecipare a questa importante manifestazione. Adesso la parola la prendiamo noi.

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[Bolzano] Resoconto manifestazione studentesca sui prati del Talvera del 16/4

Venerdì 16 aprile, sui prati del Talvera a Bolzano, nei pressi del bar Theiner, si è svolta una manifestazione organizzata da un gruppo di studentx iscritti ad alcune scuole superiori della città, decisx a rompere l’apatia, l’indifferenza e la rassegnazione con cui una grande parte degli studenti, ma non solo, sta vivendo lo stato di emergenza attuale. 

Dalle ore 16 circa circa una cinquantina di persone hanno partecipato all’importante iniziativa, mentre moltissimi sono stati coloro che si sono fermati per fare due chiacchere, per prendere un volantino, discutere e confrontarsi: ciò che non è stato di fatto possibile per migliaia di studenti di tutta la Provincia che nell’ultimo anno si sono trovati a fare i conti con le difficoltà ed i pesanti limiti che la Didattica a distanza (DAD) comporta. Vedersi negli occhi, discutere all’aria aperta, intervenire al megafono, ha rappresentato infatti un modo per riprendere in mano le proprie vite.

Lo stato di continua emergenza in cui tutti siamo immersi da oltre un anno porta il rischio di far accettare in modo passivo e acritico ogni tipo di provvedimento, trasformando l’eccezione in regola. 

Un rischio che hanno evidenziato gli studenti e le studentesse in diversi interessanti interventi effettuati nel pomeriggio, dove hanno ricordato come la scuola sia soprattutto fatta di rapporti, sguardi, intese, complicità con i propri amicx e compagnx di classe. Un luogo in cui i rapporti umani diretti non potranno mai essere sostituiti da asettici dispositivi informatici e che dovrebbe essere fondamentale per la costruzione della capacità di pensiero critico e non uno spazio di indottrinamento in cui assumere nozioni per trasformare gli studenti in automi passivi del domani. 

Nel volantino che pubblicizzava la manifestazione veniva inoltre ricordato come la crisi pandemica in corso e la relativa DAD è soltanto l’ultimo passo negativo fatto dalla scuola negli ultimi anni, flagellata da riforme che hanno avuto il costante obiettivo di trasformare la scuola in funzione del mercato del lavoro. Una giornata importante perchè finalmente, dopo mesi in cui hanno parlato politici e uomini di potere, finalmente hanno preso la parola i diretti interessati: studentx delle superiori e universitari, professori e solidali consapevoli che la giornata di oggi deve interessare tutti e non solo chi è al momento coinvolto, a vario titolo, nella scuola. 

Il volantino distribuito durante la manifestazione

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[Bolzano] Carabinieri con cani antidroga allo Skatepark

Nel pomeriggio di venerdì 16 aprile, sui prati del Talvera di Bolzano è stata messa in scena dall’Arma dei carabinieri un’operazione antidroga con l’impiego delle unità cinofile. Militi con cani antidroga al seguito sono arrivati in forze allo skatepark, particolarmente affollato da ragazzi e ragazze che si stavano godendo la giornata di sole, effettuando perquisizioni a ragazzini spesso minorenni, in cerca di qualche grammo di fumo.

Alcuni skater hanno raccontato come sia già accaduto che carabinieri con cani antidroga arrivassero allo skatepark, ripetendo le stesse grottesche scene.

Ecco i risultati del delirio securitario: decine di carabinieri che – in un’operazione spot – interrompono partite di calcio e il divertimento di alcuni skater per trovare un paio di grammi di fumo con cui giustificare il successo della “brillante” operazione. 

Immagini che si commentano da sole

Cani antidroga all’opera nello skatepark di Bolzano

 

 

 

 

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[Bolzano] Manifestazione studentesca venerdì 16 aprile al Talvera

Venerdì 16 aprile sulle passeggiate del Talvera, sul lato di Theiner, il gruppo di studenti Opposizione studentesca ha organizzato, dalle ore 16, una manifestazione per contestare gli effetti disastrosi che la Didattica a distanza (DAD) sta avendo sull’insegnamento e in generale sull’apprendimento e l’esperienza scolastica degli studenti. Adesso parlano i diretti interessati.

Tuttavia, come giustamente sottolineano gli studenti, la crisi della scuola non è certamente iniziata in anni recenti: essa è un processo maturato nel corso degli anni, con il susseguirsi di riforme che hanno svuotato la scuola, appiattendola sulle necessità del mercato del lavoro e della produttività piuttosto che sulla formazione di un pensiero critico.

L’ultimo anno scolastico, caratterizzato dall’ampio utilizzo della DAD ha evdenziato e amplificato le disuguaglianze fra studenti. Ma il futuro degli studenti è nelle loro mani, ed è soltanto scendendo in piazza, lottando e contestando che essi potranno riprendersi ciò che gli spetta e far tornare la scuola un luogo di confronto e crescita anziché uno spazio in cui si assimilano in modo acritico i principi funzionali al mercato del lavoro.

Sosteniamo la giusta lotta degli studenti. Siamo realisti, vogliamo l’impossibile.

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[Bolzano] Un centinaio di solidali per Ambra – rompere il silenzio

Sabato 10 aprile sui prati del Talvera a Bolzano si è svolta una mobilitazione solidale per ricordare Ambra Berti, ragazza bolzanina di appena 28 anni morta in circostanze non chiare nel carcere di Spini di Gardolo il 14 marzo.

Almeno un centinaio di persone, parenti, amici e solidali hanno partecipato ad una giornata che aveva l’obiettivo di rompere il silenzio e la cinica indifferenza nei confronti dell’ennesima morte di carcere. Moltissime le persone che si sono fermate per prendere un volantino, parlare, capire, ascoltare, fra cui molti che l’abbruttimento del carcere nel corso della loro vita lo hanno conosciuto e vissuto sulla propria pelle.

Ambra veniva da una storia personale difficilissima ed alcune testimonianze dal carcere raccontano delle sue crescenti difficoltà all’interno del pentenziario trentino. La detenzione, la lontananza dai propri figli e affetti, la solitudine e il disinteresse colposo della responsabile sanitaria riguardo alla sua situazione, lasciano pensare come si tratti di una fine annunciata che sarebbe stato possibile evitare.

La sua morte ed il totale disinteresse che la sua fine ha trovato fra i media locali stride con la morbosa attenzione e sollecitudine con cui giornalisti e direttori di quotidiani locali hanno seguito – e seguono – per mesi il caso di Benno Neumair rispetto al quale il direttore dell’Alto Adige Alberto Faustini è arrivato addirittura a scrivere un’editoriale in cui denunciava la mancata trasmissione, da parte della magistratura, di informazioni ai cronisti locali. Lo stesso interesse evidentemente non ha riscontrato la morte di Ambra: la sua condizione di “dannata” per mille motivi e la sua fine, risucchiata nel buco nero del sistema carcerario italiano, non si prestava a narrazioni da film giallo in grado di appassionare il lettore e far vendere copie. Parlare di Ambra avrebbe significato affrontare l’indecente situazione delle carceri italiane, avrebbe significato evidenziare gravi responsabilità istituzionali ed il significato stesso che tale pena aveva per una giovane donna di 28 anni e madre di due figli. Insomma, una morte di carcere tutto sommato considerata di routine non poteva certo competere o rubare spazio al caso Neumair.

E anche qui emergono le implicazioni di classe che rispecchiano il diverso interesse che le due vicende riscuotono fra media, commentatori, opinionisti e tuttologi.

Ritornando al presidio, dalle 15 alle 17 circa sono stati fatti diversi interventi in cui si sono denunciate le responsabilità dell’amministrazione penitenziaria e dell’area sanitaria interna al carcere. È stata ribadita l’importanza di rompere l’isolamento fra interno ed esterno e di costruire solidarietà laddove le autorità vorrebbero che prosperasse solo solitudine e disperazione. Il carcere infatti causa ogni anno decine di suicidi e ancora più morti per mancanza di cure adeguate. Oltre a ciò l’abuso del consumo di psicofarmaci è favorito, anzi fomentato dalle amministrazioni carcerarie per mantenere dormienti i detenuti.

Il volantino distribuito durante il presidio

Dalle 17 alle 18.30 circa il presidio si è spostato sotto le mura del carcere di via Dante dove, fra una canzone e l’altra, sono stati salutati i detenuti che hanno risposto calorosamente facendo battiture. È stato spiegato loro il motivo della presenza sotto le mura: l’assurda fine di Ambra e la necessità di spezzare l’assordante silenzio di direttrice e autorità al riguardo. Ma si è parlato anche dell’importanza di rompere l’isolamento fra dentro e fuori le mura e lottare per evitare che il carcere continui ad essere un buco nero che risucchia la parte più povera e marginale della società e dove vige l’arbitrarietà più totale. Si sono ricordati i 14 morti durante le rivolte nelle carceri italiane nel marzo 2020 e le feroci rappresaglie dei secondini con sanguinosi pestaggi e torture diffuse contro i rivoltosi.

È stata una giornata positiva che ha saputo da una parte creare un momento di ricordo per Ambra oltre che di confronto riguardo alla necessità di organizzarsi per impedire che altre vite vengano spezzate dagli ingranaggi carcerari, dall’altro ha portato un po’ di calore e solidarietà nell’angolo più dimenticato e nascosto dell’Alto Adige, lontano dal clichè legato alla provincia più ricca d’Italia, così come la stessa storia di Ambra è lontana anni luce dalla retorica che dipinge la nostra provincia come un’isola felice. Una finzione buona solo per uno spot pubblicitario.

Essere in piazza per Ambra era il minimo da fare. Basta morti di carcere. Basta carcere. Rompiamo l’indifferenza e l’isolamento.

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[Carcere] Doppia manifestazione per Ambra sabato 10/4 a Bolzano

Se giornali e autorità speravano che la morte di Ambra venisse accolta nel silenzio e nella cinica indifferenza dei più, hanno sbagliato i loro conti. Nella consapevolezza che solo la solidarietà e la mobilitazione dal basso riesce a scalfire il muro di omertà che spesso circonda le strutture carcerarie, per sabato 10 aprile a Bolzano sono state organizzate due manifestazioni per ricordare Ambra, una giovane ragazza di Bolzano morta in circostanze ancora misteriose nel penitenziario di Spini di Gardolo, e per pretendere immediata chiarezza su ciò che le è accaduto all’interno delle mura. Allo stesso tempo un occasione per ricordare le decine di persone che ogni anno si tolgono la vita o che muoiono per mancanza di cure nelle carceri italiane. Per ricordare anche i 13 morti durante le rivolte carcerarie del marzo 2020 e per denunciare le responsabilità delle autorità nella feroce rappresaglia a colpi di pestaggi contro i detenuti che ne è seguita. Perché nessuno muoia più di carcere.

Per chi volesse contribuire economicamente per sostenere la famiglia di Ambra e le spese relative al funerale, segnaliamo la raccolta fondi aperta da alcuni suoi amici, che potete trovare al seguente link .

Riportiamo di seguito testo e volantino di chiamata delle manifestazioni per Ambra a Bolzano:

Sabato 10 Aprile doppia manifestazione.

—15:00 prati del talvera (lato Thainer) presidio in memoria di Ambra, perché di carcere non debba morire più nessunx.

—17:00 saluto solidale con i detenuti, sotto le mura del carcere di Bolzano (lato talvera).

Le due manifestazioni sono state comunicate in questura, per dare la possibilità a tuttx di partecipare, anche a chi risiede fuori provincia.

AMBRA E’ STATA UCCISA DAL CARCERE

Domenica 14 marzo nel carcere di Spini di Gardolo è morta una ragazza di Bolzano di appena 28 anni. Si chiamava Ambra Berti.

Nel comunicare la sua morte ai famigliari le autorità carcerarie hanno parlato di “cause naturali” nonostante la detenuta fosse stata portata da alcune ore in infermeria, quindi teoricamente sotto controllo del personale sanitario.

Nessuno fino ad ora ha spiegato la morte di una donna giovane fisicamente sana, madre di due figli, senza problemi di salute.

Di certo sappiamo come – a causa delle misure prese contro la pandemia – nell’ultimo anno le difficoltà e le sofferenze per le detenute ed i detenuti siano state amplificate dalla mancanza di contatto umano con i propri affetti. A ciò si aggiunge il rifiuto dei magistrati di sorveglianza di concedere ad Ambra, come a molti altri detenuti che avrebbero avuto i requisiti per accedervi, misure di pena alternative alla detenzione.

Sappiamo anche come ogni morte in carcere sia una morte di carcere e come essa sia strutturale all’istituzione carceraria, dove l’abuso del consumo di psicofarmaci, i suicidi, così come i decessi per la mancanza di cure adeguate e controlli medici, siano all’ordine del giorno.

La tragica morte di Ambra è stata del tutto ignorata dai media, complici nel tentativo di far passare in silenzio l’ennesima morte nel carcere di Spini.

Rompiamo l’indifferenza. Non si può morire così.

Pretendiamo di sapere ciò che è successo ad Ambra.

Il silenzio della responsabile sanitaria del carcere di Spini di Gardolo è un silenzio complice e omertoso come quello della direttrice del carcere di Trento e Bolzano, che dopo l’ennesima morte di una persona sotto la sua responsabilità, non ha ancora trovato modo di lasciare alcuna dichiarazione pubblica sull’accaduto.

Rompiamo l’isolamento in cui vorrebbero confinare detenuti e detenute.

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