[Bolzano] 2 giugno: Censurato discorso di uno studente

In occasione della Festa della Repubblica, durante le cerimonie istituzionali svoltesi in Piazza Walther, sono stati a chiamati a fare degli interventi anche alcuni studenti delle scuole superiori del Sudtirolo.

Come si apprende dai giornali locali e nazionali pubblicati il giorno successivo, un giovane studente 16enne iscritto ad un liceo cittadino si è rifiutato di salire sul palco delle autorità per leggere un discorso che aveva subito una pesante censura.

Secondo quanto riportato da Il Fatto quotidiano del 3 giugno il giovane sarebbe stato invitato sul palco proprio perché appassionato di politica. Avrebbe voluto portare sul palco alcuni dei temi che gli stanno più a cuore e contribuire così a riempire di senso una celebrazione altrimenti carica solo di retorica e frasi di circostanza. Il suo discorso in cui denunciava il pericolo neofascista, il divario crescente fra richhi e poveri, la distruzione dell’ambiente è stato riscritto e distorto, a sua insaputa, dalla Ripartizione pedagogica della Provincia: salvo alcune righe, tutto il resto è stato censurato, cancellato, svuotato e sostituito da un contenuto ritenuto più consono a tale celebrazione in cui, secondo la versione riveduta e corretta, l’unico rischio per la democrazia sarebbe ridotto alla diffusione di false informazioni.

Sempre secondo quanto riportato da Il Fatto il discorso, una volta passato al vaglio del Commissariato del Governo, era stato rispedito allo studente che avrebbe dovuto pronunciarlo nella sua nuova versione.

A questo punto il giovane si è rifiutato di leggere un testo snaturato, sterilizzato e di fatto non più suo. Come egli stesso ha affermato: «Non c’era praticamente più nulla di mio di ciò che ritenevo importante dire in un giorno tanto importante per la democrazia». Di fronte alle proteste della madre per l’accaduto gli è stato detto che il discorso non andava bene perché “troppo politico”.

Un piccolo episodio di ordinaria censura che restituisce bene un clima politico in cui gli unici autorizzati ad esprimersi sono coloro che si uniscono al coro. 

Confidiamo che il giovane studente saprà trarre da tale esperienza una lezione che vale per ogni persona che lotta o che intende lottare contro le ingiustizie strutturali della nostra società: il dissenso è tollerato solo se non rompe gli schemi e se viene ridotto a sterili slogan incapaci di colpire il cuore decisionale che le produce. 

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[Trentino – Sudtirolo] 27/5 e 2/6 Continua la mobilitazione contro la guerra

A distanza di oltre un anno dall’inizio della fase più cruenta della guerra in Ucraina, nonostante la propaganda guerrafondaia bipartisan ed a canali unificati, continua in Regione la mobilitazione contro la guerra e gli interessi che ne sono alla base, perfettamente rappresentati dagli ospiti che interverranno al Festival dell’Economia che si svolgerà a Trento dal 25 al 28 maggio. L’organizzazione del Festival fa capo al giornale di Confindustria Il Sole 24 ore e dal programma si vede chiaramente.

In una città appestata dalla propaganda capitalista che si prepara ad allestire scenari sempre più distopici in cui schiacciare i proletari, l’assemblea contro la guerra di Trento ha lanciato per per sabato 27 maggio un corteo contro la guerra che partirà alle ore 15 da piazza Dante, di fronte alla stazione dei treni. Un raggio di luce e umanità nella realtà sempre più grigia in cui ci costringono a vivere. 

Pochi giorni dopo, il 2 giugno a Bolzano, l’assemblea antimilitarista bolzanina ha lanciato un’altra manifestazione che si terrà alle ore 10 in piazza Domenicani, per contestare la parata militare che si tiene ogni anno in piazza Walther, in occasione della Festa della Repubblica. In un momento storico in cui la guerra scivola verso esiti sempre più imprevedibili, rilanciare la necessità di costruire un’opposizione dal basso alla guerra e al disastro verso cui il potere ci sta trasciando, è il minimo che si possa fare. Per rompere l’apatia con cui la maggioranza dell’umanità assiste inerme ai disastri commessi da chi detiene il potere. Perchè, come scritto nel testo che lancia l’iniziativa:

La guerra in Ucraina, per ciò che è e per il futuro che prepara, è una guerra contro i proletari ucraini, russi e di tutto il mondo. Mentre le industrie del complesso militare-industriale (fra cui la bolzanina Iveco) maturano osceni profitti e le spese militari aumentano in modo esponenziale, i folli costi delle politiche guerrafondaie di riarmo vengono come al solito scaricati sui lavoratori tagliando la spesa sanitaria, scolastica e sociale e intensificando lo sfruttamento, mentre lo stato di emergenza spinge a militarizzare la società, inasprendo la repressione e restringendo gli spazi di dissenso, sempre più criminalizzato e marginalizzato.

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A oltre 6 anni dall’arresto di Firas Fadel al Brennero. Una riflessione

L’8 gennaio 2017 i giornali locali annunciavano con enorme enfasi l’arresto di Firas Fadel, operatore della Cooperativa Volontarius responsabile del Centro di accoglienza migranti al passo del Brennero.

Va ricordato come l’arresto avvenne in un contesto politico preciso e molto teso in merito alla questione migratoria. Solo l’anno precedente l’Austria minacciava di costruire un muro contro i profughi che intendevano raggiungere il nord Europa, il confine era militarizzato ed alla stazione di Bolzano i reparti celere dei Carabinieri eseguivano controlli al viso sui passeggeri che salivano sui treni diretti a Monaco. Contro il muro minacciato dall’Austria nel maggio 2016 si era svolta una manifestazione contro le frontiere che aveva portato oltre 600 compagni e compagne a manifestare al confine. Nel corso della giornata di lotta si erano verificati scontri con i reparti celere di Polizia e Carabinieri e per alcune ore la circolazione al confine di merci e persone fu completamente bloccata. In particolare la Lega di Salvini – ma anche tutto il sottobosco neofascista da Fratelli d’Italia in poi – era da tempo attiva nella costruzione di una violentissima campagna di odio verso profughi e migranti, individuati come il nemico interno ideale verso cui indirizzare l’odio e la frustrazione dei proletari italiani. Era il tempo in cui la “Bestia” di Salvini e dei suoi epigoni locali (vedi Maturi) macinava quotidianamente falsità su stranieri e immigrati da dare in pasto ai follower assetati di sangue. Era il tempo in cui la Lega di Filippo Maturi (che si vantava pubblicamente delle proprie delazioni a danno di senzatetto e stranieri che vivevano in alloggi di fortuna) organizzava convegni insieme ad Andrea Crippa ed a esponenti di Generazione Identitaria per promuovere raccolte fondi da destinare a progetti antiimmigrazione poi naufragati miseramente.

Un periodo difficile che aveva visto crescere in modo esponenziale la violenza verbale e le calunnie della destra più o meno estrema, impegnata nell’attaccare i “buonisti” ovvero tutti coloro che non rimanevano indifferenti al passaggio di migliaia di esseri umani in cerca di fortuna e che in qualche modo si adoperavano per aiutarli. Era un periodo in cui numerosi centri di accoglienza vennero attaccati con bombe molotov in Trentino (azioni tollerate ed a volte giustificate da politica e istituzioni) ma anche nel resto d’Italia, e in cui Salvini metteva alla pubblica gogna chiunque – da avvocati a gestori di alberghi – si mettesse a dare una mano nell’accoglienza di stranieri.

All’interno di questo contesto di forte pressione politica e mediatica che evidentemente influenzò anche la magistratura, nel gennaio 2017 venne arrestato Firas Fadel, nell’ambito dell’indagine Nockel, condotta dalla squadra mobile di Bolzano, dalla Bundespolizei tedesca e del Bundeskriminalamt (BK) di Vienna, sotto la supervisione di EUROPOL e coordinata dalle Procure di Berlino, Vienna e Bolzano. Secondo l’indagine coordinata dal Pubblico ministero della Procura di Bolzano Igor Secco, l’operatore Fadel Firas sarebbe stato il punto di riferimento di un’associazione criminale dedita al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina a scopo di lucro. Ad inchiodarlo, secondo l’accusa, la testimonianza di una famiglia siriana che gli avrebbe dato 1700 euro nel bagno del centro profughi al Brennero. Va ricordato come, sempre in quel periodo diversi paesi europei (fra cui Croazia e Ungheria) stavano studiando nuove leggi repressive per arrestare e colpire chiunque aiutasse anche solo materialmente, i profughi in transito per il proprio paese. Ad essere sotto accusa era la stessa umana solidarietà, di fatto criminalizzata.

Intorno al suo arresto ci fu una vera e propria gogna mediatica in cui tutti – senza rilevanti eccezioni – accorsero a scagliare pietre sull’indagato. Dalla Lega a Fratelli d’Italia fino alle organizzazioni neofasciste come CPI e Forza Nuova tutti videro nell’arresto di Firas la conferma delle proprie deliranti posizioni. La Cooperativa Volontarius si riservava inoltre di costituirsi parte civile nel Processo.

Nel frattempo Fadel ha conosciuto carcere e un lungo periodo di detenzione domiciliare preventiva, ha perso il lavoro ed è stato sbattuto sui giornali locali e nazionali come un profittatore che speculava sul bisogno della povera gente.

A distanza di oltre 6 anni dall’arresto, adesso è caduta l’aggravante del “fine di lucro” insomma è caduto il nucleo principale dell’accusa. Appurato che non ci ha guadagnato nulla nell’avere aiutato i profughi il 26 giugno 2023 ci sarà presumibilmente l’ultima udienza in cui verrà emessa la sentenza sulla base delle accuse del solo “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”. Una formula che potrebbe portare a condanne anche solo per aver fornito delle informazioni o fornito un aiuto materiale a chi intendeva passare il confine.

Una notizia su cui non c’è alcun clamore, il tritacarne della magistratura, sostenuto dall’apparato mediatico, ha già avuto il suo pasto.

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[Bolzano] Corteo del 25 aprile contro Guerra, fascismo, sfruttamento.

Martedì 25 aprile, in occasione del 78° anniversario della liberazione dal nazifascismo, un corteo pieno di contenuti e determinato ha attraversato le strade della città di Bolzano. Almeno 300 persone hanno partecipato alla manifestazione, partita intorno alle 11.30 dal parco della stazione. Lo striscione di apertura riportava il titolo del volantino e della stessa manifestazione: “Contro Guerra. Fascismo e sfruttamento: Ora e sempre Resistenza”. Per ribadire che oggi, in tempi di guerra, essere antifascisti non basta: occorre rilanciare la lotta per cambiare radicalmente un sistema economico costruito sullo sfruttamento indiscriminato di uomini e natura, che sta portando l’intera umanità al disastro in cui, come sempre, saranno i poveri a pagare il prezzo più alto.

Le idiozie pronunciate dal Presidente del Senato, il nostalgico del fascismo Ignazio La Russa, hanno occupato pagine di giornali per giorni. Ma poco o nessuno spazio è stato riservato alle proposte di legge che intendono restringere, in modo ben più concreto e strutturale, spazi di libertà e lotta. Il Governo Meloni nei pochi mesi in cui è al potere, oltre ad avere confermato il proprio appoggio acritico alle politiche guerrafondaie degli Stati Uniti, sta portando avanti una violentissima politica di guerra ai poveri e alle parti più deboli della società.

Dopo il cosiddetto “Decreto Rave”, che ha introdotto il carcere da 3 a 6 anni per chi promuove raduni musicali in aree occupate, nuovi provvedimenti repressivi sono stati proposti contro chi promuove occupazioni a scopo abitativo (fino a 9 anni di carcere) e contro gli attivisti ambientalisti di Ultima Generazione, per i quali è stato preparato un disegno di legge ad hoc che prevede “la reclusione da sei mesi a tre anni per chi deturpa o imbratta edifici pubblici o di culto ed edifici sottoposti a tutela come beni culturali”.

Altri provvedimenti a cui sta lavorando il Governo seguono la stessa linea: colpire il dissenso oppure i settori più deboli e marginali della popolazione. Ricordiamo ad esempio la proposta di legge per inasprire le pene carcerarie per i consumatori di droga, quella proposta da 13 senatori per abolire di fatto le pene alternative al carcere oppure la volontà di abolire la protezione speciale per i richiedenti asilo.

Allo stesso tempo il partito di maggioranza al Governo ha formulato una proposta di legge per abrogare il reato di tortura. Insomma, oltre allo stato di guerra permanente in cui viviamo da oltre un anno i motivi per contestare il Governo andando oltre le stupidaggini del Presidente del Senato, sono concreti, reali ma purtroppo da rendere visibili agli occhi della popolazione. 

La partenza del corteo dal parco dela Stazione

Dopo la partenza, il corteo ha percorso via Grappoli, piazza Muncipio, via Portici e via Museo. Durante il tragitto numerosi interventi si sono susseguiti a proposito di repressione, devastazione ambientale e sfruttamento dei lavoratori. Non sono mancati interventi contro la guerra e contro la deriva guerrafondaia in cui la borghesia ci sta trascinando.

 

Il volantino condiviso dall’assemblea e distribuito durante il corteo.

In piazza Municipio e dopo aver attraversato Ponte Talvera la musicista Valentina Soster ha intonato alcuni canti partigiani, accompagnata dai partecipanti. Il corteo è poi finito al Parco Petrarca, presso la festa organizzata dal Comitato LAC, ritornata ad essere dal vivo dopo 3 anni di sospensione a causa del COVID. Il corteo è poi stato seguito da una diretta di Radio Tandem, a completare una giornata che ha visto una grande e intensa partecipazione. 

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[Sudtirolo] Springerstiefel und Lederhosen. La violenza neonazista a Merano nei primi anni 2000

La storia del neofascismo in Sudtirolo e in generale di tutto l’estremismo di destra è ancora tutta da scrivere. Una storia costellata di violenze, in alcuni casi degenerata in omicidi come nel caso del cameriere ucciso in via Resia nel 1971 da un militante missino oppure il brutale pestaggio ad opera di neonazisti italiani che nel 2003 portò alla morte del 26enne Fabio Tomaselli. In altri casi solo per fortuna non si sono avute conseguenze gravissime sulla vita delle persone aggredite. Il mito della violenza e la sua esaltazione è parte centrale nella militanza neofascista, la cui attività politica è sostanzialmente basata su un uso sistematico della violenza nei confronti di chi esce dai loro miseri schemi, in particolare contro stranieri, senzatetto e coloro che si oppongono alla loro propaganda politica. Nella stessa Bolzano così come in altre parti della Provincia non si contano gli episodi più o meno grandi che negli anni hanno visto neonazisti o neofascisti – a seconda del gruppo linguistico di appartenenza – protagonisti di violenze a danno di giovani “di sinistra” o genericamente “alternativi”. Episodi spesso sottovalutati e ridotti dai media borghesi come “scontri fra bande” oppure “opposti estremismi”; formule mistificatorie oggettivamente complici di tali aberranti ideologie poiché non è  accettabile mettere sullo stesso piano chi si rivendica Auschwitz e la guerra con chi lotta per la giustizia sociale e la libertà, contro razzismo, sfruttamento e violenza.

Negli ultimi mesi, a Bolzano e Merano è stato presentato il lavoro Springerstiefel und Lederhosen; una ricerca multimediale curata da Alexander Indra e Mara Stirner sulla violenza neonazista nella zona di Merano all’inizio degli anni 2000. Un progetto che ha il merito di avere recuperato una memoria e un percorso di lotta e resistenza in un contesto ostile ed estremamente violento in cui anche spazi di libertà minimi andavano conquistati e difesi con i denti.

Attraverso alcune interviste audio alle vittime – e a coloro che si sono oppost* attivamente alle attività dell’estremismo di destra – viene riallacciato un filo di ricordi personali e memorie che diventa storia collettiva. Un mosaico che descrive una realtà sconosciuta a chi non frequentava concerti, discoteche e la vita serale a Merano e dintorni nel primo decennio degli anni 2000. Sostanzialmente una realtà sconosciuta a chi – per un motivo o per l’altro – non era un obiettivo delle minacce e violenze neonaziste. Fra aggressioni e intimidazioni infatti essere punk o avere un look “alternativo” rappresentava un radicale atto di resistenza.

Come racconta uno dei protagonisti: “brutti ricordi ma è anche stato un bel momento perchè fra amici si è rimasti uniti e si combatteva per una buona causa”. Un periodo da cui nasce l’esperienza dell’Antifa Meran come risposta politica alla necessità di rompere il clima omertoso presente intorno alla violenza neonazista e alle protezioni che essa godeva negli ambiti tradizionalisti della società sudtirolese.

Un lavoro che ha il merito di aver fatto raccontare quelle difficili esperienze a chi le ha vissute direttamente sulla propria pelle, senza mediazioni, e che, come ricorda il titolo (tradotto significa Anfibi e pantaloni di pelle) attraverso i ricordi di alcuni protagonisti indaga sul brodo di coltura in cui i neonazisti in alcuni casi hanno prosperato: associazioni degli Schuetzen e partiti cosiddetti patriottici come Suedtiroler Freiheit oppure Freiheitlichen.

La ricerca è divisa in 4 capitoli intitolati violenza, strutture, conseguenze e resistenza. Una storia da conoscere perchè parla anche del presente, della necessità di non abbassare mai la guardia di fronte alle aberranti ideologie nazifasciste, sempre presenti e oggi più che mai legittimate dalla presenza al Governo italiano di un Partito – Fratelli d’Italia – che non fa mistero dei propri legami con il neofascismo. Ricordiamo come oltre alle interviste audio, del progetto fanno parte anche foto e altri materiali esposti in una mostra presso il circolo culturale Est Ovest a Merano fino al 29 aprile 2023.

Le interviste che potete ascoltare nei video “sottolinkati” sono tutte trascritte in tedesco e tradotte in italiano.

Capitolo 1: Violenza

Capitolo 2: Strutture

 

https://youtu.be/I0tIJNVmDL0

Capitolo 3: Conseguenze

Capitolo 4: Resistenza

 

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[Bolzano] Conclusa la recinzione “antianarchica” di fronte al carcere di via Dante

Sull’Alto Adige del 21 marzo con una foto del carcere di Bolzano pubblicata in prima pagina si annunciava l’inizio della costruzione di una recinzione di fronte al muro lato prati del Talvera.

Per quale motivo il carcere viene incarcerato? Sempre dallo stesso giornale apprendiamo come questa brillante iniziativa sia il frutto di una richiesta avanzata da Questura di Bolzano e Commissariato del Governo per prevenire le azioni degli anarchici, particolarmente attivi nella campagna contro il regime di tortura democratico 41 bis.

Nelle foto che riportiamo potete vedere il risultato. La barriera antianarchica è conclusa, ora la città può dormire sonni tranquilli, i carcerati possono continuare a venire ignorati e allontanati. Ciò che non cambia è l’ ecatombe quotidiana nelle carceri italiane, fra suicidi (84 solo nel 2022), depressione, abusi di psicofarmaci e morti per mancanza di cure. Nel frattempo la tortura quotidiana al 41 bis contro il prigioniero anarchico Alfredo Cospito, in sciopero della fame da oltre 5 mesi e mezzo, continua. E mentre il Governo Meloni si preoccupa di abolire il reato di tortura e inventare articoli del codice penale per reprimere il dissenso ciò che rimane costante è l’accanimento contro la parte più debole e povera della società, i più esposti alla possibilità di finire in prigione.

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[Bolzano] Questura e Prefettura fanno recintare il carcere per prevenire azioni anarchiche

“Chi costruisce prigioni si esprime sempre meno bene di chi costruisce la libertà”

Stig Dagerman

Se non fosse stato scritto in prima pagina sull’Alto Adige, sarebbe stato impossibile crederci. Sul quotidiano locale, a pagina 19 viene spiegato che il carcere di via Dante verrà recintato per prevenire azioni anarchiche. Per difendere la struttura da possibili incursioni sovversive.

Alto Adige 21 marzo 2023, pagina 19

L’articolo inizia così:

Arriva anche a Bolzano la strategia di contrasto all’universo anarchico (segnaliamo l’utilizzo del termine universo anziché galassia) dopo le prime offensive contro il 41bis. E anche il carcere sul Talvera vi è stato inserito come infrastruttura sensibile”.

Apprendiamo così che la Questura di Bolzano e il Commissariato del Governo hanno chiesto alla Provincia di predisporre una recinzione per tenere lontano il più possibile passanti e solidali che capitano sotto le mura. Ma soprattutto per impedire che il carcere bolzanino, per la sua accessibilità fin a ridosso delle mura, potesse essere una delle mete da parte di chi chiede l’abolizione del 41bis.

Inizio dei lavori della recinzione che recinta il carcere

Mentre le istituzioni – maestre nel rovesciare la realtà – prendono tali misure contro emergenze costruite a tavolino, chi davvero è sotto attacco è l’anarchico Alfredo Cospito, in sciopero della fame da oltre 5 mesi e che il 21 marzo è stato colto da un grave scompenso cardiaco che ne ha messo seriamente a rischio la vita. Al momento sembra che si sia ripreso ma sono possibili danni permanenti alla sua salute. Ogni giorno che passa è un giorno che lo avvicina alla morte. Una fine determinata dall’accanimento repressivo intenzionato a distruggere scientificamente un prigioniero che ha la colpa di non aver mai abiurato e di aver continuato a partecipare all’attività politica anche dal carcere, attraverso scritti e articoli. 

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[Bolzano] Resoconto Critical mass contro la guerra e gli interessi economici che la armano

Dopo il corteo del 22 ottobre scorso a cui hanno partecipato più di 600 persone, nel pomeriggio di sabato 18 marzo l‘assemblea cittadina contro le guerre e il disarmo ha lanciato una Critical mass contro la guerra che ha attraversato la città di Bolzano. Almeno 150 persone in bicicletta hanno manifestato contro l’escalation militare in Ucraina, bloccando il traffico e spezzando la normalità con cui – fra una partita a calcio ed una birra al bar – una potenziale guerra nucleare è entrata nella nostra quotidianità. La piazza dove i manifestanti si sono ritrovati è piazzetta Marcella Casagrande, nel quartiere Europa-Novacella. Fra le persone sedute sulle panchine della piazza è stato riconosciuto anche Bruno Bertoldi, classe 1918, l’ultimo reduce ancora vivente dell’eccidio nazista di Cefalonia. Fra gli interventi al microfono non è mancato un saluto nei confronti di un uomo che è la testimonianza vivente degli orrori della guerra in cui ci fecero precipitare fascismo e nazismo. Per ripercorrere le sue vicende consigliamo l’ascolto di una sua intervista rilasciata a Radio Tandem, reperibile al seguente link.

Bruno Bertoldi, classe 1918, ultimo reduce vivente dell’eccidio nazista di Cefalonia

Contro le esercitazioni militari Volpe bianca 2023. Sulle Dolomiti si prepara la guerra di domani.

Gli interventi iniziali hanno voluto spiegare l’importanza di continuare la mobilitazione contro la guerra e i suoi effetti, come le stragi nel Mediterraneo, risultato di un capitalismo predatorio che non esita a distruggere interi paesi per perseguire i propri interessi. Si è spiegato inoltre come sia importante sapere riconoscere le responsabilità di chi fa soldi sulle speculazioni finanziarie legate alle guerre oltre che su produzione e commercio di armi, trasformando la più grande delle tragedie in uno sporco e inaccettabile business.

La Critical mass è partita verso via del Ronco dove ha sede la Deutsche Bank, una delle principali banche armate. Qui sono state denunciate al microfono le pesanti responsabilità nel commercio di armi dell’istituto di credito tedesco. È stata inoltre salutata la comunità curda altoatesina, che nella sala comunale stava festeggiando il Newroz. Non poteva mancare un ricordo dell’eroica Resistenza curda nella Siria del Nord, in particolare per i compagni e le compagne caduti per la difesa della Rivoluzione.

Viale Europa

La Critical mass è poi proseguita lungo via Druso effettuando la sosta successiva in piazza Adriano, di fronte alle sede di Unicredit, la banca italiana maggiormente implicata nel commercio di armi e attiva anche nel business nucleare e dell’energia fossile. A fianco di Unicredit, nella stessa piazza, vi è anche una filiale della Banca popolare di Sondrio, anch’essa fra i principali corresponsabili del business bellico in Italia.

La manifestazione si è poi fermata di fronte alla sede del Monte dei paschi di Siena, salvata dal fallimento grazie a 5,4 miliardi di euro di soldi pubblici.

Fuori dal monte dei paschi di Siena. Mentre tagliano sanità e istruzione soldi per banche e armi non mancano mai.

La critical mass è poi proseguita verso la caserma di piazza 4 novembre in cui ha sede il Comando delle Truppe alpine, fino a pochi giorni fa impegnate nell’esercitazione militare Volpe Bianca sulle Dolomiti, contestata alcuni giorni fa da alcuni antimilitaristi. La caserma dopo l’8 settembre 1943 venne occupata dai soldati della Wehrmacht e divenne centro di interrogatori e tortura. Fra quelle mura fu torturato e ucciso il membro del Comitato di Liberazione Nazionale bolzanino Manlio Longon, mentre Gianantonio Manci si gettò dal terzo piano, preferendo morire di fronte alla paura di non riuscire a sopportare la tortura e di conseguenza, di parlare. Negli interventi sono stati ricordati questi e altri martiri della Resistenza locale ma anche gli antifascisti di oggi, come Dax, di cui in questi giorni ricorreva il ventennale dal suo omicidio per mano fascista. Da lì in poi la manifestazione è continuata a piedi verso il centro storico.

Dietro gli striscioni Le guerre sono vostre – I morti sono nostri e Gegen ihren Kriege- Solidarität zwischen den Völkern, il corteo ha attraversato il ponte Talvera per arrivare poi di fronte al palazzo Ansitz Stillendorf in cui il 24 aprile 1921 – Domenica di sangue – venne ucciso dalle squadracce fasciste il maestro elementare Franz Innerhofer, la prima vittima del fascismo in Alto Adige. Dopo avere ricordato le violenze fasciste del passato così come quelle del presente, la giornata di lotta è poi finita in piazza Walther, dove è stato ribadito come la guerra inizi qui, nelle nostre città, nelle banche che muovono i capitali, nelle fabbriche come Iveco Defence Vehicles che nello stabilimento di Bolzano produce mezzi militari utilizzati dall’ Esercito italiano così come da quello tedesco e dai Marines americani.

Alla fine di una lunga giornata di lotta la promessa di ritornare al più presto in strada, contro le loro guerre, contro la loro propaganda militarista.

La lotta contro la guerra non può essere separata dalla critica al sistema economico che la produce. Individuare e contrastare chi, a casa nostra, è complice di guerre e business militare, è il migliore contributo che possiamo dare per fermare la guerra in Ucraina e tutte le altre guerre che, dalla Palestina allo Yemen, dalla Siria al Congo, distrugge la vita di centinaia di milioni di persone, producendo miseria ed espellendo intere popolazioni dalle proprie terre. La Critical mass di sabato 18 marzo rappresenta un contributo prezioso alla crescita di una coscienza antimilitarista, capace di intrecciare la conoscenza del passato con i risvolti del presente. Dobbiamo rispondere colpo su colpo alle menzogne della propaganda militarista che da oltre un anno stanno avvelenando il dibattito pubblico, preparando le masse alla guerra. Conoscere i luoghi legati alla guerra della nostra città ci aiuta a vedere le strade, i palazzi con uno sguardo diverso, lucido. La guerra in Ucraina non è iniziata il 24 febbraio 2022 ma da molti anni prima, senza conoscere il passato non c’è possibilità di comprendere il presente. Senza memoria non c’è futuro.

I baroni feudali del Medioevo, i predecessori dei capitalisti dei nostri giorni, hanno dichiarato tutte le guerre. E i loro servi miserabili hanno combattuto tutte le battaglie. Ai poveri, ai servi ignoranti era stato insegnato a riverire i loro padroni, a credere che quando i loro padroni dichiaravano guerra gli uni agli altri, era loro dovere patriottico cadere gli uni sugli altri e tagliarsi la gola a vicenda per il profitto e la gloria dei signori e dei baroni che, allo stesso tempo, li disprezzavano. E questa, in poche parole, è la guerra. La classe dominante ha sempre dichiarato le guerre; la classe subordinata ha sempre combattuto le battaglie. La classe dominante ha avuto tutto da guadagnare e niente da perdere, mentre la classe subordinata non ha avuto niente da guadagnare, ma tutto da perdere, specialmente le loro vite”.

Eugene Debs

 

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[Bolzano] Sulle Dolomiti si prepara la guerra di domani. 16 marzo presidi antimilitaristi in città.

Giovedì 16 marzo, dalle ore 12 alle ore 14 circa, si sono svolti in centro storico a Bolzano due presidi antimilitaristi contro l’ esercitazione militare internazionale Volpe Bianca 2023 (oltre ai soldati italiani, presenti anche militari francesi e degli Stati Uniti) in corso sulle Dolomiti. Esercitazioni che sono a tutti gli effetti dei “giochi di guerra” in vista di un futuro in cui la forza militare sarà sempre più decisiva per la difesa degli interessi materiali dei padroni. Diversi interventi al microfono e alcune centinaia di volantini sono stati distribuiti ai passanti. Numerosi incontri e scambi di idee con cittadini e cittadine solidali.

Una tappa di avvicinamento alla Critical mass promossa dall’Assemblea cittadina contro le guerre e il disarmo che si terrà in città sabato 18 marzo con partenza alle ore 15 da piazzetta Marcella Casagrande.

Un contributo per rompere l’inerzia con cui il Governo italiano ed i suoi alleati occidentali ci stanno conducendo verso il disastro e per ricordare come nessuna unità nazionale sia accettabile per sostenere i progetti di guerra e sfruttamento della borghesia.  Nessuna unità di interesse ci può essere fra chi promuove le guerre e chi è costretto a subirle, combattendole, morendo o impoverendosi. A tal riguardo facciamo nostra la posizione del sindacalista socialista americano Eugene Debs, il quale durante un comizio antimilitarista del giugno 1918 così si espresse contro l’intervento statunitense nella Grande guerra:

I baroni feudali del Medioevo, i predecessori dei capitalisti dei nostri giorni, hanno dichiarato tutte le guerre. E i loro servi miserabili hanno combattuto tutte le battaglie. Ai poveri, ai servi ignoranti era stato insegnato a riverire i loro padroni, a credere che quando i loro padroni dichiaravano guerra gli uni agli altri, era loro dovere patriottico cadere gli uni sugli altri e tagliarsi la gola a vicenda per il profitto e la gloria dei signori e dei baroni che, allo stesso tempo, li disprezzavano. E questa, in poche parole, è la guerra. La classe dominante ha sempre dichiarato le guerre; la classe subordinata ha sempre combattuto le battaglie. La classe dominante ha avuto tutto da guadagnare e niente da perdere, mentre la classe subordinata non ha avuto niente da guadagnare, ma tutto da perdere, specialmente le loro vite”.

Debs pagò la sua posizione con l’arresto e la condanna a dieci anni di reclusione per avere ostacolato il reclutamento coatto di giovani vite da gettare nel tritacarne delle trincee nella prima guerra mondiale. Di seguito il testo del volantino distribuito durante l’iniziativa:

SULLE DOLOMITI SI PREPARA LA GUERRA DI DOMANI

Dal 6 al 17 marzo sulle montagne della Val Pusteria e Alta Val Badia, del Cadore (Belluno), con un’appendice in Sardegna, si è svolta l’esercitazione militare internazionale Volpe Bianca 2023, nel corso della quale sono stati impegnati più di 1500 Alpini delle Brigate Julia e Taurinense oltre che del Centro Addestramento Alpino, una compagnia del battaglione San Marco della Marina Militare, militari della 173^ Airborne Brigade statunitense e della 27^ Brigade d’Infanterie de Montagne francese, oltre che velivoli e unità di Esercito ed Aeronautica.

Secondo quanto dichiarato dal generale Ignazio Gamba queste esercitazioni dovrebbero: “addestrare i militari al combattimento in montagna e aree caratterizzate da climi rigidi, il cosiddetto Mountain Warfare, che mira a saper sfruttare e trasformare in un proprio vantaggio le difficoltà dei terreni montani ed artici”. Di conseguenza, per il militare, le truppe alpine diventerebbero: “una risorsa su cui investire per sviluppare uno strumento sempre più rispondente alle condizioni imposte dagli odierni e futuri scenari geostrategici”. Tradotto significa che viviamo tempi in cui i militari saranno sempre più utilizzati. Questa manovra segue l’esercitazione Vertigo 2022 svoltasi 5 mesi fa nell’area di Merano 2000 ed il convegno “Artico il nuovo grande gioco mondiale” organizzato dall’Esercito e altri istituti di ricerca il 3 ottobre scorso a Castel Mareccio a Bolzano.

Lo scioglimento dei ghiacci del circolo polare artico e la competizione internazionale per lo sfruttamento delle sue risorse naturali così come la guerra in Ucraina aprono scenari in cui la potenza militare avrà un ruolo sempre più importante nell’imporre le politiche predatorie del capitalismo e gli interessi della borghesia. I militari italiani sono infatti presenti in numerosi paesi africani e del Medio Oriente, ridotti a colonie. Nell’Europa dell’est invece sono almeno 1500 i soldati italiani schierati sotto le direttive NATO e pronti alla guerra con la Russia.

L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha innescato una generale corsa al riarmo in cui tutte le principali forze politiche – dal Partito Democratico a Lega e Fratelli d’Italia – hanno imposto un drastico aumento della spesa militare, da 25 ai circa 40 miliardi di euro annui, a danno di istruzione e sanità. Per l’apparato militare-industriale e quindi aziende come Iveco Defence Vehicles, con sede a Bolzano, Finmeccanica oppure Rheinmetall in Germania, la guerra e la crescita delle tensioni politico-militari fra le principali potenze rappresenta un’incredibile opportunità per fare profitti e distribuire dividendi ai propri azionisti. Business as usual, sulla pelle dei proletari ucraini, russi e di tutto il mondo.

La guerra attualmente in corso in Europa non è una guerra fra Russia e Ucraina bensì una guerra fra Russia da una parte e NATO dall’altra, sul territorio ucraino. Un conflitto che, oggi come in passato, non sarebbe possibile senza intellettuali, docenti e giornalisti arruolati a tempo pieno dall’apparato militare, impegnati nel produrre giustificazioni e retoriche funzionali agli interessi della borghesia guerrafondaia di ogni schieramento. Indicativo dei tempi che viviamo è il Comitato per la cultura della Difesa presieduto dal ministro della Guerra Guido Crosetto e di cui fanno parte docenti universitari, editorialisti, giornalisti e intellettuali costantemente presenti sui principali media. Secondo quanto riportato dal Ministero della Difesa il loro ruolo, in un perfetto rovesciamento della realtà, sarebbe: “Tutelare la correttezza del dibattito pubblico, promuovendo la verità dei fatti”. Oltre a ciò “in un rinnovato e complesso quadro geopolitico” compito del Comitato sarà quello di “cambiare la percezione dello Strumento Militare nazionale rispetto al passato”. In sintesi si tratta di un Comitato statale che promuove una campagna di propaganda bellica.

Viviamo tempi di guerra. Le esercitazioni militari nella Provincia di Bolzano così come la presenza in città di uno stabilimento industriale come Iveco DV, in affari con gli Eserciti impegnati nel conflitto in Ucraina e in altre parti del mondo, ci dimostra che la guerra inizia anche qui.

FERMIAMO LE ESERCITAZIONI MILITARI!!

NON LASCIAMO IN PACE CHI VIVE DI GUERRA !!

Antimilitaristi e antimilitariste

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[Bolzano] Continua in città la mobilitazione contro la guerra e gli interessi economici che la armano

Continua in città la mobilitazione contro la guerra. Anche questa settimana a Bolzano due importanti iniziative contro la terribile escalation militare in corso in Ucraina e contro gli interessi economici che spingono per il prosieguo del conflitto militare. Invitiamo tutti e tutte a partecipare, a prendere la parola. Per non rimanere inermi di fronte al disastro in cui la borghesia ci sta facendo precipitare, con la propria sete di profitto e di potere. Per ribadire ancora una volta che, in questa guerra come in tutte le guerre imperialiste, i proletari non hanno nessun interesse da difendere. Per disertare le loro guerre. Per organizzare la resistenza contro l’economia di guerra, lo sfruttamento, la devastazione ambientale.

Giovedì 16 marzo dalle ore 12 presso l’incrocio Via Cassa di Risparmio-Via Museo e poi dalle ore 13.00 in Piazza Università ci saranno dei presidi antimilitaristi, organizzati per protestare contro l’ esercitazione militare internazionale Volpe Bianca 2023 che si sta svolgendo sulle montagne altoatesine.

Questa volta migliaia di militari, fra cui anche la 173a Airborne Brigade statunitense di stanza a Vicenza, si stanno esercitando sulle Dolomiti della val Badia, in val Pusteria, nel Cadore (Belluno) e in parte in Sardegna. Un’esercitazione che – come dice il generale Ignazio Gamba – ha lo scopo di “addestrare i militari al combattimento in montagna e aree caratterizzate da climi rigidi, il cosiddetto mountain warfare, che mira a saper sfruttare e trasformare in un proprio vantaggio le difficoltà dei terreni montani ed artici”. Secondo lo stesso ufficiale militare l’Esercito diventerà se,pre più “una risorsa su cui investire per sviluppare uno strumento sempre più rispondente alle condizioni imposte dagli odierni e futuri scenari geostrategici”. In parole povere, in un mondo in rapida trasformazione in cui l’egemonia economica occidentale è sempre più in declino, gli interessi della borghesia dovranno essere garantiti sempre più dalla forza armata e sempre meno da accordi commerciali. Una tendenza già ampiamente in atto dato che, come scrivono gli antimilitaristi bolzanini “I militari italiani sono infatti presenti in numerosi paesi africani e del Medio Oriente, ridotti a colonie. Nell’Europa dell’est invece sono almeno 1500 i soldati italiani schierati sotto le direttive NATO e pronti alla guerra con la Russia”.

Nel fine settimana invece, sabato 18 marzo, l’Assemblea cittadina contro le guerre e per il disarmo organizza una Critical Mass contro la guerra per le vie della città. La partenza è fissata alle ore 15 circa in piazzetta Marcella Casagrande.

Per un immediato cessate il fuoco. Per la fine del conflitto armato. Contro la fornitura di armi e gli interessi economici alla base dell’escalation militare. Per immediati negoziati. Per l’aiuto non militare alle persone vittime della guerra.

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