[Bolzano] Conclusa la recinzione “antianarchica” di fronte al carcere di via Dante

Sull’Alto Adige del 21 marzo con una foto del carcere di Bolzano pubblicata in prima pagina si annunciava l’inizio della costruzione di una recinzione di fronte al muro lato prati del Talvera.

Per quale motivo il carcere viene incarcerato? Sempre dallo stesso giornale apprendiamo come questa brillante iniziativa sia il frutto di una richiesta avanzata da Questura di Bolzano e Commissariato del Governo per prevenire le azioni degli anarchici, particolarmente attivi nella campagna contro il regime di tortura democratico 41 bis.

Nelle foto che riportiamo potete vedere il risultato. La barriera antianarchica è conclusa, ora la città può dormire sonni tranquilli, i carcerati possono continuare a venire ignorati e allontanati. Ciò che non cambia è l’ ecatombe quotidiana nelle carceri italiane, fra suicidi (84 solo nel 2022), depressione, abusi di psicofarmaci e morti per mancanza di cure. Nel frattempo la tortura quotidiana al 41 bis contro il prigioniero anarchico Alfredo Cospito, in sciopero della fame da oltre 5 mesi e mezzo, continua. E mentre il Governo Meloni si preoccupa di abolire il reato di tortura e inventare articoli del codice penale per reprimere il dissenso ciò che rimane costante è l’accanimento contro la parte più debole e povera della società, i più esposti alla possibilità di finire in prigione.

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[Bolzano] Questura e Prefettura fanno recintare il carcere per prevenire azioni anarchiche

“Chi costruisce prigioni si esprime sempre meno bene di chi costruisce la libertà”

Stig Dagerman

Se non fosse stato scritto in prima pagina sull’Alto Adige, sarebbe stato impossibile crederci. Sul quotidiano locale, a pagina 19 viene spiegato che il carcere di via Dante verrà recintato per prevenire azioni anarchiche. Per difendere la struttura da possibili incursioni sovversive.

Alto Adige 21 marzo 2023, pagina 19

L’articolo inizia così:

Arriva anche a Bolzano la strategia di contrasto all’universo anarchico (segnaliamo l’utilizzo del termine universo anziché galassia) dopo le prime offensive contro il 41bis. E anche il carcere sul Talvera vi è stato inserito come infrastruttura sensibile”.

Apprendiamo così che la Questura di Bolzano e il Commissariato del Governo hanno chiesto alla Provincia di predisporre una recinzione per tenere lontano il più possibile passanti e solidali che capitano sotto le mura. Ma soprattutto per impedire che il carcere bolzanino, per la sua accessibilità fin a ridosso delle mura, potesse essere una delle mete da parte di chi chiede l’abolizione del 41bis.

Inizio dei lavori della recinzione che recinta il carcere

Mentre le istituzioni – maestre nel rovesciare la realtà – prendono tali misure contro emergenze costruite a tavolino, chi davvero è sotto attacco è l’anarchico Alfredo Cospito, in sciopero della fame da oltre 5 mesi e che il 21 marzo è stato colto da un grave scompenso cardiaco che ne ha messo seriamente a rischio la vita. Al momento sembra che si sia ripreso ma sono possibili danni permanenti alla sua salute. Ogni giorno che passa è un giorno che lo avvicina alla morte. Una fine determinata dall’accanimento repressivo intenzionato a distruggere scientificamente un prigioniero che ha la colpa di non aver mai abiurato e di aver continuato a partecipare all’attività politica anche dal carcere, attraverso scritti e articoli. 

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[Bolzano] Resoconto Critical mass contro la guerra e gli interessi economici che la armano

Dopo il corteo del 22 ottobre scorso a cui hanno partecipato più di 600 persone, nel pomeriggio di sabato 18 marzo l‘assemblea cittadina contro le guerre e il disarmo ha lanciato una Critical mass contro la guerra che ha attraversato la città di Bolzano. Almeno 150 persone in bicicletta hanno manifestato contro l’escalation militare in Ucraina, bloccando il traffico e spezzando la normalità con cui – fra una partita a calcio ed una birra al bar – una potenziale guerra nucleare è entrata nella nostra quotidianità. La piazza dove i manifestanti si sono ritrovati è piazzetta Marcella Casagrande, nel quartiere Europa-Novacella. Fra le persone sedute sulle panchine della piazza è stato riconosciuto anche Bruno Bertoldi, classe 1918, l’ultimo reduce ancora vivente dell’eccidio nazista di Cefalonia. Fra gli interventi al microfono non è mancato un saluto nei confronti di un uomo che è la testimonianza vivente degli orrori della guerra in cui ci fecero precipitare fascismo e nazismo. Per ripercorrere le sue vicende consigliamo l’ascolto di una sua intervista rilasciata a Radio Tandem, reperibile al seguente link.

Bruno Bertoldi, classe 1918, ultimo reduce vivente dell’eccidio nazista di Cefalonia

Contro le esercitazioni militari Volpe bianca 2023. Sulle Dolomiti si prepara la guerra di domani.

Gli interventi iniziali hanno voluto spiegare l’importanza di continuare la mobilitazione contro la guerra e i suoi effetti, come le stragi nel Mediterraneo, risultato di un capitalismo predatorio che non esita a distruggere interi paesi per perseguire i propri interessi. Si è spiegato inoltre come sia importante sapere riconoscere le responsabilità di chi fa soldi sulle speculazioni finanziarie legate alle guerre oltre che su produzione e commercio di armi, trasformando la più grande delle tragedie in uno sporco e inaccettabile business.

La Critical mass è partita verso via del Ronco dove ha sede la Deutsche Bank, una delle principali banche armate. Qui sono state denunciate al microfono le pesanti responsabilità nel commercio di armi dell’istituto di credito tedesco. È stata inoltre salutata la comunità curda altoatesina, che nella sala comunale stava festeggiando il Newroz. Non poteva mancare un ricordo dell’eroica Resistenza curda nella Siria del Nord, in particolare per i compagni e le compagne caduti per la difesa della Rivoluzione.

Viale Europa

La Critical mass è poi proseguita lungo via Druso effettuando la sosta successiva in piazza Adriano, di fronte alle sede di Unicredit, la banca italiana maggiormente implicata nel commercio di armi e attiva anche nel business nucleare e dell’energia fossile. A fianco di Unicredit, nella stessa piazza, vi è anche una filiale della Banca popolare di Sondrio, anch’essa fra i principali corresponsabili del business bellico in Italia.

La manifestazione si è poi fermata di fronte alla sede del Monte dei paschi di Siena, salvata dal fallimento grazie a 5,4 miliardi di euro di soldi pubblici.

Fuori dal monte dei paschi di Siena. Mentre tagliano sanità e istruzione soldi per banche e armi non mancano mai.

La critical mass è poi proseguita verso la caserma di piazza 4 novembre in cui ha sede il Comando delle Truppe alpine, fino a pochi giorni fa impegnate nell’esercitazione militare Volpe Bianca sulle Dolomiti, contestata alcuni giorni fa da alcuni antimilitaristi. La caserma dopo l’8 settembre 1943 venne occupata dai soldati della Wehrmacht e divenne centro di interrogatori e tortura. Fra quelle mura fu torturato e ucciso il membro del Comitato di Liberazione Nazionale bolzanino Manlio Longon, mentre Gianantonio Manci si gettò dal terzo piano, preferendo morire di fronte alla paura di non riuscire a sopportare la tortura e di conseguenza, di parlare. Negli interventi sono stati ricordati questi e altri martiri della Resistenza locale ma anche gli antifascisti di oggi, come Dax, di cui in questi giorni ricorreva il ventennale dal suo omicidio per mano fascista. Da lì in poi la manifestazione è continuata a piedi verso il centro storico.

Dietro gli striscioni Le guerre sono vostre – I morti sono nostri e Gegen ihren Kriege- Solidarität zwischen den Völkern, il corteo ha attraversato il ponte Talvera per arrivare poi di fronte al palazzo Ansitz Stillendorf in cui il 24 aprile 1921 – Domenica di sangue – venne ucciso dalle squadracce fasciste il maestro elementare Franz Innerhofer, la prima vittima del fascismo in Alto Adige. Dopo avere ricordato le violenze fasciste del passato così come quelle del presente, la giornata di lotta è poi finita in piazza Walther, dove è stato ribadito come la guerra inizi qui, nelle nostre città, nelle banche che muovono i capitali, nelle fabbriche come Iveco Defence Vehicles che nello stabilimento di Bolzano produce mezzi militari utilizzati dall’ Esercito italiano così come da quello tedesco e dai Marines americani.

Alla fine di una lunga giornata di lotta la promessa di ritornare al più presto in strada, contro le loro guerre, contro la loro propaganda militarista.

La lotta contro la guerra non può essere separata dalla critica al sistema economico che la produce. Individuare e contrastare chi, a casa nostra, è complice di guerre e business militare, è il migliore contributo che possiamo dare per fermare la guerra in Ucraina e tutte le altre guerre che, dalla Palestina allo Yemen, dalla Siria al Congo, distrugge la vita di centinaia di milioni di persone, producendo miseria ed espellendo intere popolazioni dalle proprie terre. La Critical mass di sabato 18 marzo rappresenta un contributo prezioso alla crescita di una coscienza antimilitarista, capace di intrecciare la conoscenza del passato con i risvolti del presente. Dobbiamo rispondere colpo su colpo alle menzogne della propaganda militarista che da oltre un anno stanno avvelenando il dibattito pubblico, preparando le masse alla guerra. Conoscere i luoghi legati alla guerra della nostra città ci aiuta a vedere le strade, i palazzi con uno sguardo diverso, lucido. La guerra in Ucraina non è iniziata il 24 febbraio 2022 ma da molti anni prima, senza conoscere il passato non c’è possibilità di comprendere il presente. Senza memoria non c’è futuro.

I baroni feudali del Medioevo, i predecessori dei capitalisti dei nostri giorni, hanno dichiarato tutte le guerre. E i loro servi miserabili hanno combattuto tutte le battaglie. Ai poveri, ai servi ignoranti era stato insegnato a riverire i loro padroni, a credere che quando i loro padroni dichiaravano guerra gli uni agli altri, era loro dovere patriottico cadere gli uni sugli altri e tagliarsi la gola a vicenda per il profitto e la gloria dei signori e dei baroni che, allo stesso tempo, li disprezzavano. E questa, in poche parole, è la guerra. La classe dominante ha sempre dichiarato le guerre; la classe subordinata ha sempre combattuto le battaglie. La classe dominante ha avuto tutto da guadagnare e niente da perdere, mentre la classe subordinata non ha avuto niente da guadagnare, ma tutto da perdere, specialmente le loro vite”.

Eugene Debs

 

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[Bolzano] Sulle Dolomiti si prepara la guerra di domani. 16 marzo presidi antimilitaristi in città.

Giovedì 16 marzo, dalle ore 12 alle ore 14 circa, si sono svolti in centro storico a Bolzano due presidi antimilitaristi contro l’ esercitazione militare internazionale Volpe Bianca 2023 (oltre ai soldati italiani, presenti anche militari francesi e degli Stati Uniti) in corso sulle Dolomiti. Esercitazioni che sono a tutti gli effetti dei “giochi di guerra” in vista di un futuro in cui la forza militare sarà sempre più decisiva per la difesa degli interessi materiali dei padroni. Diversi interventi al microfono e alcune centinaia di volantini sono stati distribuiti ai passanti. Numerosi incontri e scambi di idee con cittadini e cittadine solidali.

Una tappa di avvicinamento alla Critical mass promossa dall’Assemblea cittadina contro le guerre e il disarmo che si terrà in città sabato 18 marzo con partenza alle ore 15 da piazzetta Marcella Casagrande.

Un contributo per rompere l’inerzia con cui il Governo italiano ed i suoi alleati occidentali ci stanno conducendo verso il disastro e per ricordare come nessuna unità nazionale sia accettabile per sostenere i progetti di guerra e sfruttamento della borghesia.  Nessuna unità di interesse ci può essere fra chi promuove le guerre e chi è costretto a subirle, combattendole, morendo o impoverendosi. A tal riguardo facciamo nostra la posizione del sindacalista socialista americano Eugene Debs, il quale durante un comizio antimilitarista del giugno 1918 così si espresse contro l’intervento statunitense nella Grande guerra:

I baroni feudali del Medioevo, i predecessori dei capitalisti dei nostri giorni, hanno dichiarato tutte le guerre. E i loro servi miserabili hanno combattuto tutte le battaglie. Ai poveri, ai servi ignoranti era stato insegnato a riverire i loro padroni, a credere che quando i loro padroni dichiaravano guerra gli uni agli altri, era loro dovere patriottico cadere gli uni sugli altri e tagliarsi la gola a vicenda per il profitto e la gloria dei signori e dei baroni che, allo stesso tempo, li disprezzavano. E questa, in poche parole, è la guerra. La classe dominante ha sempre dichiarato le guerre; la classe subordinata ha sempre combattuto le battaglie. La classe dominante ha avuto tutto da guadagnare e niente da perdere, mentre la classe subordinata non ha avuto niente da guadagnare, ma tutto da perdere, specialmente le loro vite”.

Debs pagò la sua posizione con l’arresto e la condanna a dieci anni di reclusione per avere ostacolato il reclutamento coatto di giovani vite da gettare nel tritacarne delle trincee nella prima guerra mondiale. Di seguito il testo del volantino distribuito durante l’iniziativa:

SULLE DOLOMITI SI PREPARA LA GUERRA DI DOMANI

Dal 6 al 17 marzo sulle montagne della Val Pusteria e Alta Val Badia, del Cadore (Belluno), con un’appendice in Sardegna, si è svolta l’esercitazione militare internazionale Volpe Bianca 2023, nel corso della quale sono stati impegnati più di 1500 Alpini delle Brigate Julia e Taurinense oltre che del Centro Addestramento Alpino, una compagnia del battaglione San Marco della Marina Militare, militari della 173^ Airborne Brigade statunitense e della 27^ Brigade d’Infanterie de Montagne francese, oltre che velivoli e unità di Esercito ed Aeronautica.

Secondo quanto dichiarato dal generale Ignazio Gamba queste esercitazioni dovrebbero: “addestrare i militari al combattimento in montagna e aree caratterizzate da climi rigidi, il cosiddetto Mountain Warfare, che mira a saper sfruttare e trasformare in un proprio vantaggio le difficoltà dei terreni montani ed artici”. Di conseguenza, per il militare, le truppe alpine diventerebbero: “una risorsa su cui investire per sviluppare uno strumento sempre più rispondente alle condizioni imposte dagli odierni e futuri scenari geostrategici”. Tradotto significa che viviamo tempi in cui i militari saranno sempre più utilizzati. Questa manovra segue l’esercitazione Vertigo 2022 svoltasi 5 mesi fa nell’area di Merano 2000 ed il convegno “Artico il nuovo grande gioco mondiale” organizzato dall’Esercito e altri istituti di ricerca il 3 ottobre scorso a Castel Mareccio a Bolzano.

Lo scioglimento dei ghiacci del circolo polare artico e la competizione internazionale per lo sfruttamento delle sue risorse naturali così come la guerra in Ucraina aprono scenari in cui la potenza militare avrà un ruolo sempre più importante nell’imporre le politiche predatorie del capitalismo e gli interessi della borghesia. I militari italiani sono infatti presenti in numerosi paesi africani e del Medio Oriente, ridotti a colonie. Nell’Europa dell’est invece sono almeno 1500 i soldati italiani schierati sotto le direttive NATO e pronti alla guerra con la Russia.

L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha innescato una generale corsa al riarmo in cui tutte le principali forze politiche – dal Partito Democratico a Lega e Fratelli d’Italia – hanno imposto un drastico aumento della spesa militare, da 25 ai circa 40 miliardi di euro annui, a danno di istruzione e sanità. Per l’apparato militare-industriale e quindi aziende come Iveco Defence Vehicles, con sede a Bolzano, Finmeccanica oppure Rheinmetall in Germania, la guerra e la crescita delle tensioni politico-militari fra le principali potenze rappresenta un’incredibile opportunità per fare profitti e distribuire dividendi ai propri azionisti. Business as usual, sulla pelle dei proletari ucraini, russi e di tutto il mondo.

La guerra attualmente in corso in Europa non è una guerra fra Russia e Ucraina bensì una guerra fra Russia da una parte e NATO dall’altra, sul territorio ucraino. Un conflitto che, oggi come in passato, non sarebbe possibile senza intellettuali, docenti e giornalisti arruolati a tempo pieno dall’apparato militare, impegnati nel produrre giustificazioni e retoriche funzionali agli interessi della borghesia guerrafondaia di ogni schieramento. Indicativo dei tempi che viviamo è il Comitato per la cultura della Difesa presieduto dal ministro della Guerra Guido Crosetto e di cui fanno parte docenti universitari, editorialisti, giornalisti e intellettuali costantemente presenti sui principali media. Secondo quanto riportato dal Ministero della Difesa il loro ruolo, in un perfetto rovesciamento della realtà, sarebbe: “Tutelare la correttezza del dibattito pubblico, promuovendo la verità dei fatti”. Oltre a ciò “in un rinnovato e complesso quadro geopolitico” compito del Comitato sarà quello di “cambiare la percezione dello Strumento Militare nazionale rispetto al passato”. In sintesi si tratta di un Comitato statale che promuove una campagna di propaganda bellica.

Viviamo tempi di guerra. Le esercitazioni militari nella Provincia di Bolzano così come la presenza in città di uno stabilimento industriale come Iveco DV, in affari con gli Eserciti impegnati nel conflitto in Ucraina e in altre parti del mondo, ci dimostra che la guerra inizia anche qui.

FERMIAMO LE ESERCITAZIONI MILITARI!!

NON LASCIAMO IN PACE CHI VIVE DI GUERRA !!

Antimilitaristi e antimilitariste

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[Bolzano] Continua in città la mobilitazione contro la guerra e gli interessi economici che la armano

Continua in città la mobilitazione contro la guerra. Anche questa settimana a Bolzano due importanti iniziative contro la terribile escalation militare in corso in Ucraina e contro gli interessi economici che spingono per il prosieguo del conflitto militare. Invitiamo tutti e tutte a partecipare, a prendere la parola. Per non rimanere inermi di fronte al disastro in cui la borghesia ci sta facendo precipitare, con la propria sete di profitto e di potere. Per ribadire ancora una volta che, in questa guerra come in tutte le guerre imperialiste, i proletari non hanno nessun interesse da difendere. Per disertare le loro guerre. Per organizzare la resistenza contro l’economia di guerra, lo sfruttamento, la devastazione ambientale.

Giovedì 16 marzo dalle ore 12 presso l’incrocio Via Cassa di Risparmio-Via Museo e poi dalle ore 13.00 in Piazza Università ci saranno dei presidi antimilitaristi, organizzati per protestare contro l’ esercitazione militare internazionale Volpe Bianca 2023 che si sta svolgendo sulle montagne altoatesine.

Questa volta migliaia di militari, fra cui anche la 173a Airborne Brigade statunitense di stanza a Vicenza, si stanno esercitando sulle Dolomiti della val Badia, in val Pusteria, nel Cadore (Belluno) e in parte in Sardegna. Un’esercitazione che – come dice il generale Ignazio Gamba – ha lo scopo di “addestrare i militari al combattimento in montagna e aree caratterizzate da climi rigidi, il cosiddetto mountain warfare, che mira a saper sfruttare e trasformare in un proprio vantaggio le difficoltà dei terreni montani ed artici”. Secondo lo stesso ufficiale militare l’Esercito diventerà se,pre più “una risorsa su cui investire per sviluppare uno strumento sempre più rispondente alle condizioni imposte dagli odierni e futuri scenari geostrategici”. In parole povere, in un mondo in rapida trasformazione in cui l’egemonia economica occidentale è sempre più in declino, gli interessi della borghesia dovranno essere garantiti sempre più dalla forza armata e sempre meno da accordi commerciali. Una tendenza già ampiamente in atto dato che, come scrivono gli antimilitaristi bolzanini “I militari italiani sono infatti presenti in numerosi paesi africani e del Medio Oriente, ridotti a colonie. Nell’Europa dell’est invece sono almeno 1500 i soldati italiani schierati sotto le direttive NATO e pronti alla guerra con la Russia”.

Nel fine settimana invece, sabato 18 marzo, l’Assemblea cittadina contro le guerre e per il disarmo organizza una Critical Mass contro la guerra per le vie della città. La partenza è fissata alle ore 15 circa in piazzetta Marcella Casagrande.

Per un immediato cessate il fuoco. Per la fine del conflitto armato. Contro la fornitura di armi e gli interessi economici alla base dell’escalation militare. Per immediati negoziati. Per l’aiuto non militare alle persone vittime della guerra.

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[Bolzano] Guerra, sangue capitale. Un volantino distribuito alla manifestazione pacifista in piazza Walther

Venerdì 24 febbraio in piazza Walther alle ore 18 si è svolta una manifestazione per la pace. Una manifestazione che, sulla falsariga di quella organizzata un anno prima, si è confermata priva di contenuti, incapace di raccogliere la preoccupazione generale e fare un passo avanti rispetto alla gravità del momento che stiamo vivendo. Uno stanco, stanchissimo rituale in cui hanno officiato la “messa” con discorsi sterili il sindaco Renzo Caramaschi ed il presidente Anpi Guido Margheri. Una manifestazione a cui hanno preso parte anche esponenti del Partito Democratico, il principale partito – insieme a Fratelli d’Italia – a sostenere in modo acritico il continuo invio di armi e l’escalation militare bellica – fino alla fine – come ha detto Giorgia Meloni. A loro consigliamo di rivolgersi ad un bravo psichiatra. Una manifestazione che invece di esprimere rabbia e voglia di lottare si è trasformata nel solito palcoscenico per i soliti noti che hanno detto le solite cose, generiche, valide per ogni occasione. Una manifestazione dal copione già scritto, in cui è stato impedito di prendere la parola – con lo sconcerto di chi fra gli altri partecipanti lo ha saputo – a chi portava altri contenuti in merito alla critica alla guerra. Una manifestazione sonnolenta, a cui le fiaccole hanno dato un tono lugubre.

Tuttavia vista la gravità del momento storico che stiamo vivendo e l’importanza di mobilitarsi contro il disastro verso cui la borghesia di tutti i paesi coinvolti ci sta facendo precipitare, alcuni compagni e compagne hanno deciso di partecipare, distribuendo un volantino, nel tentativo di diffondere una critica antimilitarista che sappia andare alla radice della questione.

Perchè la lotta contro la guerra non può essere separata dalla lotto contro il sistema economico che la produce. Ricordiamo che l’industria bellica sta maturando immensi profitti grazie all’ennesimo conflitto provocato dal capitalismo. Di seguito il testo del volantino distribuito in piazza:

GUERRA, SANGUE, CAPITALE

In un passaggio relativo alla guerra russo-giapponese del 1905 il romanziere russo Lev Tolstoj scriveva: «La situazione di quelli che vi partecipavano e quella degli altri che assistevano al suo svolgersi ricordava da un lato, per i primi, i viaggiatori seduti in vagoni che viaggiano sul pendio di un ponte verso un precipizio, dall’altro, gli uomini che stanno come impotenti dinanzi all’imminente catastrofe». L’atteggiamento generale che vediamo oggi non è diverso.

É passato un anno dall´inizio della fase piú cruenta della guerra in Ucraina. Dopo 8 anni di guerra in Donbass, l´invasione delle truppe russe è la tragica conseguenza di una crisi politica iniziata fra il 2010 e 2014 e che – vista l’incapacità di trovare un compromesso politico od economico – ha visto degenerare in conflitto armato la rivalità fra Stati Uniti e Unione Europea da una parte e Russia dall’altra, per il controllo delle immense risorse naturali dell´Ucraina.

Non si tratta di una guerra fra Russia e Ucraina: è una guerra tra la NATO e la Russia sul territorio ucraino. Un conflitto preparato da molti anni, come ha detto il generale polacco Biniek dichiarando che le truppe di Kiev erano armate e istruite dalla Nato almeno dal 2014, dopo il golpe di Euromaidan. Da un anno centinaia di migliaia di giovani proletari russi e ucraini vengono mandati al macello per gli interessi economici delle rispettive oligarchie nazionali. Il conflitto per procura fra Stati Uniti e Russia che si sta svolgendo sulla loro pelle non ha nulla a che vedere con questioni ideali (il patriottismo secondo la propaganda russa o la libertá e la democrazia secondo quella occidentale) bensí con piú semplici e squallidi interessi materiali legati ai profitti economici delle parti in causa.

Da un anno siamo in guerra. Giornalisti, scrittori e intellettuali con l’elmetto in questo periodo si sono impegnati ad avvelenare il dibattito, inquinare i ragionamenti, stilare liste di proscrizione e calunnie contro i pacifisti e gli antimilitaristi, ed a legittimare il partito unico della guerra che – da destra a sinistra – ci sta portando verso un punto di non ritorno. Il circo mediatico in quest’ultimo anno ha cancellato il passato con l’obiettivo di riscrivere il presente, dipingendo l’invasione dell’Ucraina come la decisione improvvisa di un pazzo criminale sanguinario a cui si contrappongono i buoni democratici.

Poche settimane fa il segretario della NATO Stoltenberg ha affermato: «La guerra oggi è in Europa, domani forse in Asia». Una frase che indica nella Cina il prossimo obiettivo delle politiche guerrafondaie americane. Una frase che, unita alla recente provocazione a Taiwan, dimostra come la pace non sia una prospettiva gradita al governo statunitense.

Gli Stati Uniti hanno costruito il proprio potere economico sulla miseria di parti sempre piú ampie del pianeta, depredandone le risorse (Afghanistan, Iraq, Libia, Ucraina sono solo le guerre piú recenti ma si potrebbero citare anche i tentati colpi di stato in Bolivia e Venezuela) e scatenando guerre laddove gli interessi del capitale lo richiedevano. Putin agisce e ragiona nello stesso modo, cercando di difendere la sfera di influenza russa anche con la guerra, come ha fatto in Georgia nel 2008 oppure in Siria. Entrambi sono parte dello stesso problema.

La situazione attuale non sarebbe peró stata possibile senza la collaborazione della corrotta borghesia ucraina e del nazionalismo in affitto di Zelensky che ha la responsabilità di aver messo il territorio ucraino a disposizione dei piani di guerra della NATO. Gli oligarchi ucraini nell´ultimo decennio hanno svenduto a multinazionali dell´agroindustria americane, europee, cinesi e saudite, enormi porzioni della propria superficie coltivabile.

L’Ucraina post-sovietica, con i suoi 32 milioni di ettari arabili di ricco e fertile suolo nero (detto cernozëm), dispone dell’equivalente di un terzo di tutto il terreno agricolo esistente nell’Unione europea. Un bottino su cui il capitale occidentale aveva messo gli occhi da tempo. Inoltre il Donbass é una delle regioni dell´Ucraina piú ricche non solo di carbone, gas e petrolio, oltre che di ferro, manganese, titanio e uranio, ma è anche l’area dove si trovano le maggiori riserve in Europa di metalli e terre rare, che sono alla base dell’industria del futuro, perché utilizzati nell’industria hi-tech e nella cosiddetta green economy.

La guerra in Ucraina, per ciò che è e per il futuro che prepara, è una guerra contro i proletari ucraini, russi e di tutto il mondo. Mentre le industrie del complesso militare industriale (fra cui la bolzanina Iveco Defence Vehicles in affari con Ucraina e Stati Uniti) maturano osceni profitti e le spese militari statali aumentano in modo esponenziale, nei paesi coinvolti dal conflitto il livello di sfruttamento e repressione aumenta, il dissenso viene criminalizzato, annullato o limitato. I costi delle politiche di riarmo invece vengono come al solito scaricati sui lavoratori tagliando la spesa sanitaria, scolastica e sociale.

Finchè non ci sarà un rottura del fronte interno in Russia, Ucraina o nei paesi NATO, la distruzione dell’Ucraina e le sofferenze degli ucraini proseguiranno. Con ciò anche la possibilità di una terza guerra mondiale. Muoviamoci prima che sia troppo tardi. Disertiamo le loro guerre, organizziamoci, smascheriamo la propaganda e gli interessi di chi vuole l’escalation militare. Facciamo controinformazione, scioperiamo, agiamo!

CONTRO LA GUERRA E GLI INTERESSI ECONOMICI CHE LA PERMETTONO!!

NON UN SOLDO, NON UN UOMO PER LE LORO GUERRE!!

GUERRA ALLA GUERRA!!

Antimilitaristi bolzanini

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[Bolzano] 10 febbraio – Contestato convegno “Pro Vita”

Venerdì 10 febbraio dalle ore 19, nella sala comunale “Anna Frank” di via Mendola si è svolto un convegno dal titolo “Si potrà ancora dire mamma e papà?” organizzato dal movimento Pro vita e famiglia, a cui sono stati invitati diversi esponenti dell’estrema destra attualmente al Governo in Italia. Fra costoro ricordiamo almeno l’esponente del partito postfascista Fratelli d’Italia Marco Galateo (tale figuro difende talmente tanto la famiglia che si è fatto promotore di una legge che vorrebbe sfrattare dagli alloggi popolari tutte le famiglie che hanno al loro interno persone con comportamenti problematici che destano un nn meglio chiarito “allarme sociale”) e il deputato parlamentare europeo della Lega Matteo Gazzini. I relatori – tutti uomini – erano stati invitati a parlare della fantomatica ideologia Gender che a detta degli organizzatori starebbe “infettando ogni ambito del vivere sociale: scuola, media, istituzioni, web, legislazione”.

Il manifesto del convegno

Dalla Lega a Fratelli d’Italia, dai Freiheitlichen alle sezioni locali dei movimenti antiabortisti, nella sala comunale si è discusso sostanzialmente della necessità di proseguire la battaglia contro i movimenti che si battono per una maggior estensione dei diritti civili e più in generale, contro le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale. Ogni qualvolta nelle scuole viene proposto un progetto contro le discriminazioni di genere, associazioni e partiti attivi nella crociata anti-LGBTQ innescano sceneggiate paventando un possibile traviamento di minori, basta ricordare la caciara messa in piedi alcuni anni fa a Bolzano, in occasione dello spettacolo teatrale Fa’afafine.

Le parole hanno un peso ed è significativo che a promuovere il convegno sia un movimento denominato Pro Vita che difende la famiglia cosiddetta naturale. Esponenti della borghesia più reazionaria che utilizzano il concetto di natura come clava per discriminare minoranze di ogni tipo, per emarginare, creare differenze, costruendo emergenze che semplicemente non esistono ma che però producono effetti spesso tragici. I difensori della famiglia tradizionale sono gli stessi che hanno costruito la propria fortuna politica coltivando e diffondendo l’odio razzista e difendendo gli interessi economici della peggiore borghesia predatoria. 

In un mondo dove guerre, sfruttamento e devastazione ambientale costituiscono la realtà quotidiana per la gran parte dell’umanità, bisogna prendere atto – se ancora ci fossero degli ingenui che non se ne fossero accorti – che ogni diritto faticosamente conquistato nel corso di lunghe e faticose lotte è in pericolo. Diritti sociali e civili vengono sistematicamente erosi e svuotati per indebolire e compromettere le capacità di organizzazione delle classi subalterne o di minoranze sociali.

Per contrastare la disinformazione propagandata in convegni del genere, fuori dalla sala comunale Anna Frank almeno una 50ina le partecipanti a un volantinaggio che ha contestato le falsità diffuse dai relatori con numerosi interventi al megafono e distribuendo volantini.

Una presenza che ha riscaldato il cuore di chi vi ha partecipato e di tutte quelle persone che vivono sulla propria pelle le campagne di odio, sperimentandone gli effetti che certe menzogne producono nel senso comune delle persone. 

Piuttosto ingombrante e sproporzionato il dispositivo repressivo messo in campo dalla Questura di Bolzano che ha impiegato sul terreno il reparto celere, oltre numerosi altri agenti. Indicativo di un periodo storico in cui ogni forma di dissenso è sempre più criminalizzata. 

Di seguito l’altro volantino distribuito durante il presidio, che contiene le riflessioni personali di una partecipante: 

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[Bolzano] Dichiarazione al processo d’appello per la manifestazione del Brennero

Il 3 febbraio si è svolta presso il tribunale di Bolzano l’ultima udienza che precede la sentenza nel processo d’appello per il corteo contro le frontiere (Brennero, maggio 2016). La sentenza è prevista per il 17 marzo. Questa la dichiarazione letta in aula, sottoscritta da una ventina di imputati e imputate:

Dichiarazione al processo d’appello per la manifestazione del Brennero

Se esiste un luogo in cui le parole non esprimono mere opinioni prive di conseguenze, questo è senz’altro il tribunale. Tra qualche giorno, in quest’aula, si deciderà se e per quanto tempo il nostro futuro sarà fatto di sbarre e di carcere.

Non è un motivo per tacere.

Nell’accanimento repressivo che le varie Procure di questo Paese riservano da tempo al movimento anarchico – di cui i 130 anni di carcere dispensati nella sentenza di primo grado di questo processo sono un buon esempio –, in questi giorni si sta toccando l’apice. Lo Stato sembra deciso a condannare a morte il compagno anarchico Alfredo Cospito, oggi al suo 107° giorno di sciopero della fame ad oltranza contro la tortura del 41 bis e contro l’ergastolo ostativo. La determinazione di Alfredo, da un lato, e la ferocia istituzionale, dall’altro, fanno passare decisamente in secondo piano, per noi, l’esito di questo processo e le nostre sorti individuali.

In un Paese segnato da una lunga scia di stragi vere realizzate da apparati dello Stato con la manovalanza dei neofascisti – questa è non solo una verità storica, ma persino giudiziaria –, ad essere condannati per «strage politica» sono… due anarchici (Alfredo Cospito e Anna Beniamino), per «una strage senza strage attribuita senza prove». La più odiosa contraffazione dell’idea e della pratica anarchiche, che ha portato Alfredo nella tomba per vivi del 41 bis.

Se questa è la logica, allora si possono distribuire 130 anni di carcere per una manifestazione che ha provocato, secondo la stessa accusa, 8000 euro di danni. La coerenza, come si dice, è nell’insieme.

Mentre si parla di Costituzione, di Stato di diritto e di pace, la realtà ci dice che i governi democratici d’Occidente ci stanno portando dritti verso il conflitto con la Russia, cioè su di un piano inclinato in fondo al quale c’è la Terza Guerra Mondiale, con annesso annientamento della vita terrestre.

L’accanimento contro il dissenso in generale e contro anarchiche e anarchici in particolare è il fronte interno di tale guerra. Il 41 bis è carcere di guerra.

Per questo il grande coraggio di Alfredo e la solidarietà che ha saputo raccogliere spaventano così tanto. Fanno parte di quell’umanità che non si schiererà mai a fianco delle bombe della NATO, come i nostri compagni e compagne in Russia non si schierano a fianco di quelle di Putin.

Mentre a voi spetta la scelta se inserirvi nel coro di una repressione oggi giorno più smisurata, il nostro pensiero e il nostro cuore sono con Alfredo.

Bolzano, 3 febbraio 2023

Giulia Perlotto, Carlo Casucci, Kamilla Bezerra, Massimo Passamani, Manuel Oxoli, Luca Rassu, Roberto Bottamedi, Marco Degosus, Arianna Viola, Mattia Magagna, Roberto Bonadeo, Agnese Trentin, Andrea Parolari, Stefano Diani, Benedetta Antonucci, Matteo Nascimben, Sirio Mafrini

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[Bolzano] 100 giorni di sciopero della fame. 27-01 Presidio solidale con Alfredo Cospito. Contro la tortura e la repressione

Alfredo Cospito è ormai giunto a 100 giorni di sciopero della fame, iniziato il 20 ottobre scorso. Le sue condizioni di salute stanno rapidamente peggiorando, due giorni fa, nel tentativo di farsi una doccia è svenuto, procurandosi una frattura al naso e perdendo molto sangue. La capacità di termoregolazione del suo corpo è compromessa tanto che è costretto ad indossare svariati maglioni e pantaloni per proteggersi dal freddo. Ogni suo movimento richiede uno sforzo immane e per spostarsi è costretto a ricorrere ad una sedia a rotelle.

La dottoressa che lo sta seguendo, Angelica Milia, ha ricevuto un’ intimidazione da parte del Ministero, a non diffondere notizie relative allo stato di salute di Alfredo.

Non si deve sapere che lo stanno uccidendo e che lo Stato in ogni sua articolazione concorre nel perseguire l’assassinio scientifico del prigioniero anarchico.

La Cassazione ha inizialmente fissato al 20 aprile l’udienza per trattare il ricorso presentato dall’avvocato di Alfredo Cospito. Una presa in giro, dato che non sarebbe mai potuto arrivare a quel giorno vivo. Allora la data è stata anticipata al 7 marzo, fra un mese e mezzo, ancora troppo tardi per le sue già precarie condizioni di salute.

Tuttavia Cospito prosegue con tenacia e coraggio la sua lotta mettendo a repentaglio l’unica cosa su cui può ancora esercitare un controllo: il proprio corpo, la propria salute, nel tentativo di piegare il sistema di tortura istituzionale del 41 bis e dell’ergastolo ostativo. Una lotta che – come ha spiegato lui stesso – è per lui come per tutti i 750 detenuti reclusi in queste condizioni.

Con il passare dei giorni e il rischio sempre più imminente che il suo assassinio venga compiuto, si moltiplicano sempre più le iniziative in sua solidarietà e ancora una volta a Bolzano i compagni e le compagne sono scesi in strada per rompere l’indifferenza ed il cinismo con cui si sta mettendo in atto l’annientamento di Cospito, condannato all’ergastolo ostativo per “una strage senza strage attribuita senza prove” e recluso al 41 bis per la sua attiva partecipazione al dibattito politico sulla stampa del movimento anarchico.

Venerdì 27 gennaio, dalle 12.30 alle 14 circa, all’incrocio fra via Museo e via Cassa di Risparmio, numerosi interventi solidali si sono susseguiti al megafono, e centinaia di volantini sono stati distribuiti ai passanti, alcuni dei quali si sono fermati per leggere la mostra che spiega in cosa consiste il 41 bis. Un piccolo contributo per ricordare alla popolazione cosa accade nelle carceri e quali metodi vengono utilizzati dalla democrazia italiana per distruggere fisicamente e psichicamente i prigionieri.

Di seguito il testo che è stato distribuito ai passanti:

A QUASI 100 GIORNI DI SCIOPERO DELLA FAME SCENDIAMO IN STRADA AL FIANCO DI ALFREDO

CONTRO LA TORTURA DEL 41 BIS

E DELL’ERGASTOLO OSTATIVO

Da oltre tre mesi il prigioniero anarchico Alfredo Cospito è in sciopero della fame contro il regime 41 bis applicatogli e contro l’ergastolo ostativo. Le sue condizioni stanno precipitando, e l’amministrazione penitenziaria arriva a diffidare la sua dottoressa dal rilasciare dichiarazioni sul suo stato di salute, «al fine di non vanificare le finalità» del 41 bis, minacciando di impedirle di visitarlo. Nel corso di un’udienza lo scorso 5 dicembre Alfredo ha dichiarato:

«Seppellito definitivamente con l’ergastolo ostativo, che non ho dubbi mi darete, con l’assurda accusa di aver commesso una “strage politica”, per due attentati dimostrativi in piena notte, in luoghi deserti, che non dovevano e non potevano ferire o uccidere nessuno e che di fatto non hanno ferito e ucciso nessuno. Non soddisfatti, oltre all’ergastolo ostativo, visto che dalla galera continuavo a scrivere e collaborare alla stampa anarchica, si è deciso di tapparmi la bocca con la mordacchia medievale del 41 bis, condannandomi ad un limbo senza fine in attesa della morte. Io non ci sto e non mi arrendo, e continuerò il mio sciopero della fame per l’abolizione del 41 bis e dell’ergastolo ostativo fino all’ultimo mio respiro, per far conoscere al mondo questi due abomini repressivi di questo paese. Siamo in 750 in questo regime ed anche per questo mi batto».

Alfredo è detenuto in regime di Alta Sicurezza da oltre dieci anni, dopo aver rivendicato il ferimento dell’amministratore delegato di Ansaldo Nucleare Roberto Adinolfi («Decisi di passare all’azione dopo il disastro nucleare di Fukushima», dichiarò). Ora rischia l’ergastolo ostativo, insieme alla compagna Anna Beniamino, per «una strage senza strage attribuita senza prove». Lo scorso maggio la ministra Cartabia ha disposto il suo trasferimento al regime di annientamento del 41 bis, a Sassari, per metterlo definitivamente a tacere seppellendolo vivo. Il 19 dicembre, dopo oltre 60 giorni di sciopero della fame, il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha rigettato il ricorso contro l’applicazione del 41 bis, condannandolo di fatto a morte. Nei giorni scorsi Alfredo ha dichiarato che si opporrà con tutte le sue forze all’eventuale alimentazione forzata. Nei mesi scorsi il compagno Juan Sorroche è stato condannato a 28 anni di carcere per un attacco a una sede della Lega nel quale nessuno è rimasto ferito. Nelle prossime settimane, a Trento è prevista la sentenza per quattro compagni colpiti da misure cautelari in un’inchiesta per fatti slegati con unico filo conduttore la solidarietà anticarceraria; a Bolzano, la sentenza di appello per i compagni condannati in primo grado a oltre 160 anni di carcere per il corteocontro le frontiere al Brennero del 2016. Nel frattempo, sempre più spesso la concessione di misure alternative è vincolata a vere e proprie pretese di abiura. Un clima che non riguarda solo gli anarchici: si pensi al trattamento riservato a sindacalisti di base, studenti, attivisti per il clima… Il 41 bis è il vertice estremo di una macchina repressiva che lavora per chiudere tutti gli spazi per continuare a lottare. Sostenere la lotta di Alfredo è una questione di autodifesa collettiva sempre più urgente.

Assemblea bolzanina contro carcere e repressione

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[Bolzano] 26 gennaio presentazione libro “Guerra in Ucraina e Internazionalismo proletario” con il curatore Pietro Basso

Segnaliamo questa importante iniziativa organizzata dall’Assemblea cittadina contro le guerre. Un contributo importante per spezzare il coro militarista che ci sta portando giorno dopo giorno sull’orlo dell’abisso. In questo blog abbiamo già ripreso un intervento contro la guerra di Pietro Basso, redattore del blog Il pungolorosso e curatore del libro “Guerra in Ucraina e internazionalismo proletario” che si presenterà alla sala Fronza di via Dalmazia. Invitiamo tutte e tutti a partecipare ad una serata densa di riflessioni e spunti per contrastare la deriva in cui la borghesia ci sta trascinando allo scopo di garantire i propri interessi economici, i propri profitti, i propri privilegi. Un’occasione per discutere e confrontarsi dal vivo, fuori dalle bolle social e dalle sterili discussioni virtuali. 

A quasi un anno dall´inizio della guerra in Ucraina, la possibilitá che si giunga in tempi brevi ad un cessate il fuoco appare lontana. Come accaduto per le numerose guerre provocate dallo schieramento occidentale negli ultimi 20 anni (Afghanistan, Iraq, Libia, ecc.), anche il conflitto in Ucraina si é normalizzato e non suscita piú particolare rabbia o emozione nonostante le tragiche immagini provenienti dalle cittá ucraine, il vertiginoso aumento della spesa militare ed i tagli a scuola e sanitá.

La propaganda in cui siamo immersi da un anno a questa parte ha impedito di ragionare sulle radici di questo conflitto, che risiedono in questioni economiche e politiche che nulla hanno a che vedere con gli interessi dei lavoratori, siano essi ucraini, russi oppure europei. In occidente ogni voce contraria all´escalation militare o critica nei confronti delle politiche militariste della Nato é sistematicamente infangata e marginalizzata con calunnie e accuse di essere filorusse.

Quali interessi economici sono alla base della guerra in Ucraina? Come proseguire la mobilitazione contro la guerra? Quale futuro ci stanno preparando?

Per discutere su questi temi invitiamo tutte e tutti a partecipare alla presentazione del libro:

GUERRA IN UCRAINA E INTERNAZIONALISMO PROLETARIO

con Pietro Basso, curatore del libro

GIOVEDÍ 26 GENNAIO 2023

Ore 20 alla sala comunale “Guido Fronza”
Via Dalmazia 30 C – Bolzano

Assemblea cittadina contro la guerra – Bolzano

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